Enzo di Martino racconta la storia della Grafica d'Arte

Un'intervista del 1982. Prima parte

Enzo Di Martino (1938), critico d'arte riconosciuto per essere uno dei maggiori esperti di grafica d'arte, racconta i momenti salienti e gli artisti più importanti che nel corso dei secoli hanno contribuito ad accrescere ed approfondire con importanti variazioni e scoperte, l'affascinante settore di produzione artistica. 
Il documentario storico, prodotto dalla sede Rai veneta (La storia e i procedimenti della grafica d'arte, a cura di Enzo di Martino, regia Maria Maschietto, 1982. Il filmato è riproposto in cinque parti, questa prima di presentazione e le altre quattro ognuna dedicata ad una tecnica di stampa), fu girato all'interno di un'istituzione emblematica per la stampa d'arte, il Centro Internazionale della Grafica di Venezia, fondato nel lontano 1962, da Di Martino stesso e altri giovani intellettuali. 

Il Centro Internazionale della Grafica di Venezia, nasceva per rianimare l'illustre tradizione veneziana della stampa e diffondere il sapere ancora esclusivo sulla grafica d'arte, in un'epoca nella quale la cultura pop esaltava il fattore tecnico riproduttivo del prodotto artistico  

L'agile narrazione accompagnata da immagini ad hoc, inizia da epoche remote con l'invenzione della carta e poi della stampa xilografica (Enzo di Martino presenta la tecnica della Xilografia), eseguita con matrici ricavate da blocchi di legno. Esemplari ritrovamenti di xilografie, giungono a noi dagli antichi popoli egiziani e della dinastia Tang cinese (618-907 d.C.), quest'ultimi, specializzati anche nella stampa su tessuti.
Tra il XIII e il XIV secolo, la xilografia arriva in Europa e favorita dal diffondersi della fiorente industria della carta di Fabriano, viene impiegata per incidere immagini di carattere religioso, spesso prodotte da anonimi artigiani. 

Logo di Aldo Manuzio, L'àncora Aldina, 1502, xilografia © Archivio GBB / CONTRASTO

Dopo la metà del Quattrocento, la rivoluzionaria invenzione della stampa a caratteri mobili, del tedesco Johann Gutenberg (1400 ca.– 1468), proietta la cultura nell'era moderna della comunicazione attraverso il libro. L'invenzione che avrà un grande peso culturale ed economico nella società europea, arriverà per la prima volta in Italia nel 1465, attraverso alcuni “discepoli” di Gutenberg, stampatori presso il monastero benedettino di Santa Scolastica in Subiaco. Quella che può essere considerata  la prima tipografia italiana, verrà poi trasferita a Roma e guardata con grande interesse dai circoli umanisti.
Ed è proprio grazie a una figura di umanista come Aldo Manuzio (1449-ca.– 1515), detto il "Gutenberg italiano", che la Venezia cinquecentesca diverrà la capitale europea della stampa con ben centocinquanta stamperie in laguna. Nel 1495, Manuzio, si trasferiva da Bassiano laziale, dove era nato, nella Serenissima; a differenza di Gutenberg, questi era un uomo di cultura capace di grandi imprese editoriali, il primo a trasformare l’invenzione tedesca introducendo stile ed eleganza, marchio delle sue edizioni "aldine". Manuzio ebbe l’idea rivoluzionaria di stampare testi greci e latini, nonché i classici contemporanei (Dante, Pietro Bembo, Erasmo da Rotterdam) e con Francesco Griffo creò il carattere corsivo. Non solo, Manuzio inventò il libro formato tascabile, ridefinì la punteggiatura, introdusse le pagine numerate su entrambi i lati e da editore, ebbe l’intuizione di creare un catalogo della sua casa editrice. Infine, per clienti facoltosi, pensò alle edizioni lussuose in carta azzurra, dieci volte più costose.

Gli scambi tra Venezia e la Germania, allora erano resi possibili grazie al Fondaco dei Tedeschi presso Rialto, che smistava gli scambi nelle capitali nord europee di Augusta, Norimberga e Ratisbona. Tra le merci preziose rientravano anche le incisioni di artisti, oltre ai volumi provenienti dalle fiorenti tipografie veneziane e le tavole dipinte di piccolo formato


Albrecht Dürer, Il Rinoceronte, 1515, xilografia

Con il Fondaco dei Tedeschi, la cultura visiva e umanistica veneta del Rinascimento, penetrava nelle ricche città della Germania meridionale. Il grande artista e incisore di Norimberga, Albrecht Dürer (1471–1528), che visitò più volte Venezia per allargare i propri affari, fu capace di fondere la tradizione incisoria tedesca con le nuove ricerche spaziali e anatomiche del Rinascimento italiano. Documentato in un viaggio del 1505, quando era già uno dei più affermati e apprezzati incisori d’Europa, sappiamo che si recò a Bologna per difendere il copyright di una sua tavola dipinta, riprodotta da Marcantonio Raimondi (1480 ca.–1534). A Venezia inoltre, Dürer ricevette l'offerta dal Doge a rimanere come pittore ufficiale; qui l'artista incontrò la stima dell’anziano Giovanni Bellini, a sua volta ammirato dal Maestro di Norimberga. Dürer fece di alcune tecniche di stampa una vera e propria arte personale; oltre alla xilografia, l'artista diffuse la tecnica dell'incisione su metallo, già praticata a inizio Quattrocento da orafi e armaioli tedeschi che utilizzavano il rame inciso dalla punta tronca e tagliente del bulino (Enzo di Martino presenta le tecniche della Calcografia). 
Nella Firenze di inizio Quattrocento, Vasari attribuiva la paternità dell'incisione a bulino a Maso Finiguerra (1426–1464), un orafo e incisore esperto nel niello, tecnica per ombrare le incisioni di metalli preziosi. Autore di sorprendenti opere a stampa, realizzate con matrici incise a bulino, fu anche Andrea Mantegna (1431–1506), capace di riprodurre effetti di chiaroscuro encomiabili, veri e propri capolavori dell'incisione rinascimentale. 
A Dürer si devono anche le prime sperimentazioni di acquaforte, una tecnica di stampa che utilizza la matrice di ferro, molto diffusa nell'ambiente veneziano di Bellini. L'acquaforte, che esaltava la qualità pittorica, l'estro creativo e la libertà del segno, avrà nel manierista Parmigianino, uno dei suoi massimi interpreti, capace di virtuosismi inediti. Questa tecnica ad effetto pittorico, soppiantò in parte il rigoroso e meno suggestivo lavoro a bulino che tuttavia, trovò ampio impiego nel mercato romano del Cinquecento dove si sviluppò una fiorente industria di artisti e imprese commerciali, specializzate sia nella riproduzione "dei grandi Maestri", a partire da Raffaello, sia nella produzione di documentazioni riguardanti l'antichità e il paesaggio. 


Rembrandt, Paesaggio con tre alberi, 1643, acquaforte, con puntasecca e bulino

Le potenzialità espressive dell'acquaforte vennero sfruttate da molti artisti del Seicento, maestri di invenzioni e capricci (Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto, Savator Rosa), o abili sperimentatori di effetti luministici come Rembrandt (1606–1669), che impiegò l'incisione anche per straordinari paesaggi naturali, anticipatori della più grande stagione del paesaggismo olandese. Con la sua geniale capacità di orchestrare luci e ombre nella più efficace resa atmosferica e di offrire coi soli mezzi del bianco e nero il senso di un colore ricco e pieno, Rembrandt riusciva ad ottenere questi effetti grazie a un sapiente equilibrio di acquaforte, puntasecca e bulino, uniti a tintura di zolfo. 
L'incisione, veicolo di circolazione culturale a basso prezzo, fu alla base della fortuna della stampa nel Sei e Settecento, quando i governi di tutta Europa se ne avvalsero in funzione celebrativa: Luigi XIV istituì la Calcografia Reale (1670) e Papa Clemente XII, fondò la Calcografia camerale (1738). 

L'acquaforte dava modo agli artisti di riunire le loro opere in libri, raccolte tematiche di paesaggi cittadini e vedute reali (Marco Ricci, Canaletto), o fantasie e capricci (Giambattista Tiepolo e Piranesi), o ancora fatti di satira e costume (William Hogarth) 

Fra Sette e Ottocento, Francisco Goya (1746–1828), uno dei più grandi protagonisti della grafica moderna, restituiva effetti pittorici finora inediti utilizzando due nuove tecniche incisorie, l'acquatinta e la litografia sulle cui matrici, si disegna anziché incidere. In particolare, la litografia che impiega la matrice di pietra e che si era diffusa come semplice ed economico mezzo riproduttivo, interesserà la storia dell'illustrazione (Henri de Toulouse-Lautrec) e del giornalismo (Honoré Daumier), fino alla nascita delle tecniche fotomeccaniche (Enzo di Martino presenta la tecnica della Litografia). 
Dopo la metà dell'Ottocento giungevano in Europa le stampe xilografiche giapponesi (Kitagawa Utamaro, Katsushika Hokusai, Utagawa Hiroshige), modelli di raffinatezza, eleganza e di una particolare sintesi formale, importantissima per gli artisti moderni di fine secolo.
A inizio Novecento, gli espressionisti tedeschi recuperarono la xilografia per esaltare nelle loro opere la durezza e la drammaticità espressiva resa dal segno tagliente (Ernst Ludwig Kirchner, Erich Heckel, Karl Schmidt-Rottluff). 
Diverso l'utilizzo della litografia da parte di grandissimi artisti figurativi (Pablo Picasso, Marc Chagall, Giorgio De Chirico, Carlo Carrà), o più astratti (Paul Klee, Joan Miro), che impiegarono questa tecnica per esaltare una grande libertà espressiva, essendo di base, un procedimento pittorico in piano. 


Andy Warhol, Marilyn 1967, 1967, serigrafia © Photo by Carl Court/Getty Images

L'antica tecnica di origine cinese (dinastia Song, 960-1279 d.c.) della serigrafia, è un altro procedimento di stampa in piano che utilizza la matrice di seta (Enzo di Martino presenta la tecnica della Serigrafia). Essa avrà fortuna nel Novecento, da prima nel mercato con la produzione di tessuti e merci stampate e successivamente, per l'uso che ne fecero gli artisti della Pop Art americana, da Andy Warhol (1928-1987) a Roy Lichtenstein (1923 1997), che  usarono la serigrafia per creazioni uniche, ma multiple.

Infine, Di Martino spiega le caratteristiche di ogni foglio inciso, per individuare così la tecnica impiegata, assieme alla numerazione delle copie tirate e all'originalità dell'opera sancita con firma e data

Nell'intervista, Di Martino, fa riferimento ad alcuni principi disposti nel 1960 a Vienna, presso il Congresso Internazionale di Artisti, norme che qui considera troppo restrittive e superate dopo la rivoluzione americana del Pop.  Infatti, nel 1991, nove anni dopo questa intervista, Di Martino lanciava la "Dichiarazione di Venezia" in un convegno tenuto presso l'Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale, una sorta di manifesto firmato da illustri studiosi (Rene' Berger, Maurizio Calvesi, Jean Clair, Miguel Rodriquez Acosta, Zoran Krzisnik) che, dopo decenni di polemiche e dibattiti, apriva una nuova era per la "grafica originale d'arte" e i "multipli", consacrando un lavoro che il critico aveva iniziato dieci anni prima con lo storico dell'arte Giulio Carlo Argan.