Il paese di Giocagiò

Rodari, Ziliotto, Luzzati e la tivù dei bimbi, 1970

Fino al 1969, la Rai aveva acquistato e trasmesso il format britannico Giocagiò. Paola De Benedetti, all'epoca responsabile della programmazione per l'infanzia, incaricò la giornalista e scrittrice Teresa Buongiorno di costituire una squadra capace di creare una trasmissione tutta italiana

Per il nuovo programma, la curatrice Buongiorno chiamava a collaborare Gianni Rodari, assieme a Marcello Argilli, Donatella Ziliotto e Lucia Serino. Le scenografie furono affidate a Luzzati, qui in coppia con la sua fidata costumista Santuzza Calì (In studio per I tre moschettieri). 
La sigla in animazione del programma era firmata Gianini e Luzzati. Il risultato fu originale. Rodari chiese espressamente e ottenne, che nel titolo rimanesse Giocagiò, un richiamo per il pubblico delle stagioni precedenti. 

A partire da gennaio 1970, andava in onda Il paese di Giocagiò. Luzzati disegnò piccole case fatte di paraventi che una volta aperti, mostravano l'interno mentre chiusi, si trasformavano in roulotte parcheggiate su una piazza

In questo piccolo palco, i giovani Marco Dané e Simona Gusberti presentavano il programma che prevedeva una finestra sul cinema, dedicata ad animazioni straniere ed italiane, tra le quali quelle a pupazzi di  Bonizza Giordani. Non mancavano brevi sketch con attori, tra cui quelli di Enrico Luzi nei panni del Signor Coso, un efficace richiamo a una delle difficoltà primarie del bambino in perenne difficoltà con certe parole. 
L'idea di un cavallo parlante affacciato alla finestra, un saggio quadrupede che dava consigli attraverso filastrocche, fu di Rodari. La voce del cavallo, solo nella puntata finale mostrato nella sua interezza, era di Enrico Urbini. 
La regia fu firmata da Salvatore Baldazzi e le musiche da Stefano Torossi che a volte interveniva anche come attore.

FOTO DI COPERTINA
Sigla di Giocagiò, Luzzati e Gianini, fotogramma