I Nazareni al Casino Giustiniani Massimo
Un racconto di Michele Di Monte
Lo storico dell’arte Michele Di Monte (Funzionario presso le Gallerie Nazionali di Arte Antica – Palazzo Barberini e Galleria Corsini), introduce il racconto focalizzando l’importanza storica del luogo, un edificio costruito tra il 1605 e il 1618, in una delle stagioni più feconde della civiltà artistica romana. Il Casino, infatti, è appartenuto per quasi due secoli alla casata di uno dei protagonisti di quegli anni, il marchese Vincenzo Giustiniani (1564–1637) che, probabilmente, lo abitava come casa nobiliare di campagna in cui alternare momenti di studio e riposo.Scrigno celato dalla crescita moderna di Roma, il Casino Giustiniani Massimo oggi rappresenta uno dei luoghi emblematici della storia secolare della città
Banchiere di origini genovesi, Giustiniani fu uno dei più importanti collezionisti d'arte moderna. Amico del cardinal Del Monte, all’epoca il primo committente di Caravaggio, anche il marchese acquistò molte opere del pittore rivoluzionario e tra queste, “San Matteo e l'Angelo” la pala d'altare destinata alla Cappella Contarelli (San Luigi dei Francesi, Roma), rifiutata dal clero per motivi di decoro.
La villa, a due passi dalla grande Basilica di San Giovanni in Laterano, testimonia anche un altro aspetto fondamentale nella Roma di inizio Seicento: il rinnovato rapporto con l’Antico e la statuaria romana che il marchese collezionava senza, tuttavia, servirsene a fini decorativi del Casino.
Dei moltissimi reperti antichi dispersi in varie collezioni nei secoli, oggi rimane una ricca serie di disegni d’epoca e alcuni bassorilievi di sarcofagi che l’erede Andrea Giustiniani Banca (1605–1667) fece collocare sui prospetti della palazzina per impreziosire le disadorne facciate. Sul finire degli anni Settanta del Seicento, infatti, la costruzione aveva assunto un aspetto monumentale, come si evince da una pianta di Giovanni Battista Falda (1676) che evidenzia la presenza di una scenografica fontana davanti al fondale prospettico del giardino, in prossimità del muro di cinta.
Tuttavia, l’interesse che la famiglia continuò a mostrare per la proprietà, data la posizione strategica e privilegiata prossima al complesso Laterano, fece sì che nel 1715 i Giustiniani lo scelsero come luogo adatto ad accogliere un gruppo di sculture collocate, originariamente, in una loro proprietà fuori Porta del Popolo. Per questo, furono avviati numerosi interventi di ampliamento e sistemazione del vasto parco al fine di dare un’adeguata collocazione alle statue, come si evince da alcune stampe del tempo.Nel corso del Settecento le vicende decorative del Casino subirono una battuta d’arresto a causa della grave crisi finanziaria che si abbatté sui Giustiniani
Nel 1802, il principe Vincenzo III Giustiniani (1762-1826), ultimo erede diretto della famiglia, per difficoltà economiche fu costretto a vendere il Casino al marchese Carlo Massimo (1766-1827), discendente da una delle famiglie più antiche di Roma. Con un contratto successivo (1811) e una somma più alta, Massimo comprava anche la collezione di antichità sistemata nel vasto parco.
Al pianterreno posteriore, con la chiusura del loggiato, ricavava tre ambienti affacciati sul giardino e tra il 1817 il ‘29, commissionava a un gruppo di pittori tedeschi, residenti a Roma, la decorazione delle nuove stanze con scene tratte dalla Divina Commedia, dall’Orlando Furioso e dalla Gerusalemme Liberata.L’aristocratico romano fece apportare importanti modifiche all’esterno dell’edificio, ma soprattutto all’interno
La grande decorazione ad affresco con ritocco a tempera, oggi ancora splendidamente conservata, fu opera dei così detti “Nazareni”, artisti formati all’Accademia di Belle Arti di Vienna e Copenaghen che, nel 1809 si erano uniti nella “Lega di San Luca” sotto la guida di Johann Friedrich Overbeck (1789-1869) e Franz Pforr (1788-1812).
Importanti iniziatori della pittura romantica in Germania, preannunciata dal movimento dello Sturm und Drang, i Nazareni avevano formato una sorta di cenacolo su modello delle confraternite religiose con lo scopo di ricondurre l’arte “sulla via della verità” seguendo l’esempio degli antichi maestri, sia della grande tradizione pittorica italiana, sia tedesca.
Contro l’ideologia laica illuminista, i Nazareni riaffermano un ritorno al primo Cristianesimo e ad una spiritualità che trova nella fede quella tensione verso l'infinito e l’irrazionale che caratterizza il movimento Romantico.La magrezza, i capelli lunghi e la dottrina ideologica che li caratterizzava valsero loro l'appellativo di Nazareni, in evidente allusione a Cristo
I pittori si ribellavano principalmente al metodo d’insegnamento accademico basato sull’imitazione e sulla copia di opere celebri di calchi in gesso, nonché, al gusto freddo del verbo Neoclassico allora dominante.
Animati da un profondo fervore spirituale e stimolati dalle nuove teorie sull’arte di Wilhelm Heinrich Wackenroder (1773-1798), i giovani pittori giunti a Roma nel 1810 si erano riuniti in confraternita nel convento abbandonato di San Isidoro a Capolecase. Altri presero in affitto alcune camere nella vicina Villa Malta, all’epoca proprietà del principe ereditario, poi re, Ludwig di Baviera, già punto d’incontro di artisti e intellettuali del tempo.
La rivalutazione romantica del Medioevo cristiano fu alla base del loro rinnovamento artistico ispirato ai cosiddetti “primitivi”: Giotto, Masaccio, Beato Angelico, Signorelli e i grandi pittori del primo Rinascimento quali Perugino, Raffaello, Michelangelo, fino a Dürer e ai manieristi. Attraverso la suggestione di questi, soprattutto dell’amato Raffaello, a villa Giustiniani Massimo i Nazareni progettarono un’eccezionale e unica sintesi in immagine dell’intera civiltà letteraria italiana vista nel racconto dei suoi vertici: Dante, Ariosto e Tasso.
La rivalutazione della peculiarità dell'individuo e la formazione di una coscienza nazionale sposta gli interessi di questi primi artisti romantici verso le espressioni popolari e folcloristiche nella ricerca di “antiche origini”. Pertanto, la profonda passione per il Medioevo, tanto disprezzato dall'Illuminismo, coincide con l’idea di un’epoca mitica che univa tutti i popoli europei sotto l’egida di grandi maestri, eroi, pittori, letterati e personaggi storici importanti, fonti di ispirazione primaria.Oggi, il Casino testimonia aspetti importanti del Romanticismo ottocentesco, a partire dal concetto di “nazionalismo” e “popolo”, contrapposto all’idea livellatrice dell’universalismo Illuminista
Carlo Massimo moriva a Roma nel 1827 e privo di discendenza diretta lasciava erede il fratello Massimiliano (1770-1840). Questi, non tenne in grande considerazione il Casino, mentre sua moglie, Cristina di Sassonia (1775-1837), divenne nota per il suo carattere non facile e per gli scontri con i pittori tedeschi, all’epoca ancora impegnati nella decorazione commissionata dal defunto marchese.
Sebbene non siano del tutto chiare le motivazioni che spinsero Carlo Massimo ad affidare la decorazione della dimora ai pittori tedeschi, all’epoca i Nazareni erano già conosciuti e apprezzati a Roma per aver decorato una sala di Palazzetto Zuccari, residenza del console prussiano Bartholdy (oggi sede della Biblioteca Hertziana), con affreschi in seguito staccati e oggi conservati a Berlino. Tuttavia, la presenza di pittori mitteleuropei in casa Massimo si inserisce perfettamente nella temperie culturale della Roma internazionale d’inizio Ottocento, dove il marchese potrebbe essere entrato in contatto con i Nazareni tramite altri artisti del nord Europa residenti nell’Urbe, tra cui Bertel Thorvaldsen (1770-1844). Nella scelta dei pittori, inoltre, un ruolo potrebbe averlo avuto anche il grande Antonio Canova (1757-1822) che, già nel 1815, per la sua importante impresa decorativa delle lunette della Galleria Chiaramonti in Vaticano aveva coinvolto il nazareno Philipp Veit (1793-1877) e il tedesco Johann Karl Eggers (1787-1863), affiancandoli ad artisti italiani, tra cui Giovanni Colombo (1784-1853) l’unico straniero ad essere ammesso nella cerchia dei tedeschi.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel 1948, i frati minori di Terra Santa acquisirono il Casino Giustiniani Massimo con l’idea di poter offrire ai loro confratelli, in occasione dei viaggi di studio in Italia, una dimora a due passi dalla monumentale Basilica di San Giovanni in Laterano. Questi, negli anni successivi fecero realizzare nel giardino del Casino due nuovi corpi di fabbrica destinati alla cappella, agli uffici conventuali e alle celle dei frati.Soffocato dall’inevitabile sviluppo urbanistico che ha travolto l’area lateranense a partire dai progetti per Roma Capitale, oggi il Casino Giustiniani Massimo ha perso il suo carattere di villa residenziale
INFO
Casino Giustiniani Massimo, Via Matteo Boiardo, n. 16 - Roma
Aperture: martedì e giovedì 09.00-12.00 e 16.00-18.00; domenica 10.00-12.00
Altri giorni solo previa prenotazione: telefono 06.70495651
APPROFONDIMENTI
Monica Minati, Il Casino Giustiniani Massimo al Laterano, Edizioni Terra Santa, 2014
LE FOTOGRAFIE DEGLI AFFRESCHI sono state gentilmente concesse da Roberto Sigismondi ©