Segantini e Tranquillo Cremona

Un focus di Niccolò D'Agati

In questo filmato Niccolò D’Agati, curatore della mostra su Giovanni Segantini (Arco 1858 - Monte Schafberg 1899), allestita al Museo Civico di Bassano del Grappa (Giovanni Segantini. Da Arco alle vette più alte), racconta gli esordi dell’artista di Arco attraverso un confronto con un’opera di Tranquillo Cremona (1837–1878), iniziatore della “Scapigliatura” milanese.
Stimato studioso dell’arte italiana di fine Ottocento e inizio Novecento, D’Agati spiega il debito di Segantini nei confronti di un pittore che, quasi vent’anni prima di lui, aveva realizzato “Il Falconiere” (1863), un dipinto replicato dal giovane negli anni dell’Accademia a Brera. Con la sua “Falconiera” (1880), Segantini non emula solamente un soggetto che probabilmente fu lo stesso collezionista e mecenate Vittore Grubicy (1851–1920) a sottoporgli, ma esibisce chiaramente l’indole realista di un giovane già capace di spiccata originalità. D’Agati, infatti, fa notare come la stesura pittorica di Segantini sia già più solida, rispetto agli effetti vaporosi e morbidi di Cremona, ottenuti con il prevalere dello sfumato sul contorno: il nostro pittore, inoltre, gioca la tavolozza su colori orchestrati in toni cupi e ribassati che esaltano la componente emozionale dell’opera.

Tuttavia, fu proprio la delicatezza della pittura “di fiato” di Cremona, dai risvolti evocativi, emozionali e psicologici, a stimolare la ritrattistica di Segantini

In un inedito, come “Vado a teatro. Ritratto di Bice Segantini” (1880-1881), esposto solo nel 1881 a Milano, esibisce la pennellata libera e capace di un raffinatissimo accordo di toni e colori che descrivono, oltre la morbidezza dello scialle, la luminosità dei gioielli già resi con un uso sperimentale dei metalli mischiati al colore (Segantini e Pascoli di primavera). Esemplare anche il sottile affondo psicologico in un primo piano della compagna Bice, il cui sguardo diventa il centro propulsore della raffinata atmosfera emotiva della tela.
In apertura, D’Agati accenna alla triste infanzia di Segantini che, rimasto orfano, arriva a Milano dove si iscrive all’Accademia di Brera, ambiente fervente di proposte: da un lato la pittura emozionale e psicologica di Cremona, dall’altro quella di un progressivo affermarsi del naturalismo, il cui maggior interprete è qui rappresentato in mostra da Daniele Ranzoni (1843–1889), autore di “Ritratto della signora Torelli” (1886).
Entrambi i fenomeni riassunti dalla critica del tempo sotto la definizione di “colorismo” promuovevano una pittura tesa all’enfatizzazione del colore come mezzo costruttivo ed espressivo.

Attraverso il rapporto tra il colore e la luce, ossia in relazione al variare dei toni e dei valori luminosi, questi artisti puntano a restituire la verità della visione in un approccio sempre più diretto e immediato con il dato naturale

Ricordati da Segantini come “gruppo della rinascenza”, questi pittori gli aprirono gli occhi a nuove esperienze meritevoli dell’attenzione della critica; con “Il coro della chiesa di Sant’Antonio” (1879), guardava a “Nel Duomo di Monza” (1872) di Mosè Bianchi (1840–1904), alla pennellata sintetica, agile e corposa, capace di restituire i rapporti di luce e colore colti sul vero, nell’immediatezza del dato visivo. 
In tal senso, spicca in mostra una parete esemplare con ritratti e vedute dedicate alla serie dei “Navigli milanesi”, soggetti affrontati negli stessi anni da Leonardo Bazzaro (1853–1937). In “Naviglio a Ponte San Marco” (1880), o in altre due tele di “Navigli” innevati, Segantini cerca di riprodurre con una pittura all’apparenza veloce, i valori d’atmosfera luministici e cromatici dei canali cittadini, nel dialogo costante tra l’acqua e l’ambiente. 

Questa intensa attenzione al colore e alla sua forza costruttiva torna anche nell’ingente produzione di “Nature morte” presentate in mostra, dipinti che vanno oltre il tema della Vanitas per asserire piuttosto una pura riflessione pittorica

Il capolavoro, “Oca appesa” (1881), esibisce un sapientissimo uso di bianchi in una tela quasi monocroma: la pennellata costruttiva, oltre a rendere il volume, restituisce la qualità tattile del piumaggio. 
Il culmine di questa ricerca naturalista sul “vero”, percepito e restituito nella sua essenzialità di luce e cromie, è rappresentato in mostra dalla “Ninetta del Verzée” (1880-1883), un’opera capitale che permette di comprendere come, sin dai suoi esordi, Segantini abbia articolato tutta la sua ricerca attorno al colore.

INFO MOSTRA 
Giovanni Segantini 
Museo Civico di Bassano del Grappa, Piazza Garibaldi 34 (VI)
25 ottobre 2025 – 22 febbraio 2026
Aperta tutti i giorni 10:00-19:00. Chiusa i martedì 


FOTO DI COPERTINA
Giovanni Segantini, La Falconiera, 1880, olio su tela, 144×102cm., Musei Civici, Pavia
Tranquillo Cremona, Il Falconiere, 1863, 1863, olio su tela, 77×90cm., Galleria d’Arte Moderna, Milano