Il classico diventa pop
Per fronteggiare l’imponente richiesta di opere d’arte e di souvenir da parte di un vero e proprio esercito di compratori stranieri, Roma apprestò un altrettanto formidabile esercito di produttori: artisti e artigiani di ogni rango, italiani ma anche stranieri – molti dei quali trasferitisi in Italia per lunghi periodi e, a volte, definitivamente – che, sollecitati da una clientela così ampia e variegata, seppero a loro volta incrementare e diversificare la propria offerta, ricorrendo a tecniche artistiche già collaudate, ma escogitandone anche di nuove, oppure recuperandone di già sperimentate, per adattarle alle nuove esigenze e tipologie di prodotti.La storia millenaria della fortuna dell’antico attraverso il tema della copia, della sua riproducibilità dall’arte antica fino all’arte pop. Una mostra immersiva con luci, specchi e video mapping nelle sedi di Palazzo Massimo e Crypta Balbi del Museo Nazionale Romano, racconta come copiare i capolavori classici sia una prassi storica e consolidata, dai romani a Giovanni Trevisan, detto Volpato. Possiamo ricondurre proprio a quest’artista e incisore, amico di Canova, la prima “produzione seriale” di copie, realizzate in biscuit, che venivano vendute ai turisti del Grand Tour.
La fabbrica di Giovanni Volpato, ritrovata a Roma in via Urbana nel 2010, e riproposta in una ricostruzione presso la Crypta Balbi, offriva un repertorio vastissimo di piccole copie di sculture celebri realizzate in biscuit. Non solo miniature, frammenti di antico, ma anche sfarzose composizioni come i dessert o trionfi, vere messe in scena di racconti mitologici per la fastosa decorazione del rito conviviale.
Fondamentale testimonianza di capolavori perduti, gli stessi Discoboli conservati a Palazzo Massimo dimostrano anche per l’età classica l’esistenza della riproduzione di opere d’arte da originali greci. Sono circa una ventina gli esemplari antichi arrivati fino a noi e cinque di essi visibili in questa occasione per mettere in evidenza il concetto di moltiplicazione.
Ancora oggi il Discobolo resta un’immagine potente nella cultura contemporanea, come si evince dallo scultoreo torso fotografato da Mapplethorpe. Così come all’Ermafrodito dormiente, copia di epoca romana di una figura di età ellenistica, s’ispirano tanto Canova quanto Francesco Vezzoli. Modello antico, versione neoclassica e contemporanea si fronteggiano, con significati distanti tra loro.
Promossa dal Museo Nazionale Romano con Electa, la mostra è ideata da Mirella Serlorenzi che l’ha curata con Marcello Barbanera e Antonio Pinelli, mentre l’allestimento e i contenuti multimediali sono realizzati da NONE collective, un collettivo artistico che si muove sul confine tra arte, design e ricerca tecnologica.
Il classico si fa pop. Di scavi, copie e altri pasticci
Roma, Crypta Balbi e Palazzo Massimo
Fino al 7 aprile 2019