Vis-à-Vis. Tenerani Spina. Dialogo in immagini

Un percorso tra scultura e fotografia a Palazzo Braschi

Venticinque ritratti in gesso di Pietro Tenerani, uno dei più significativi scultori dell’Ottocento italiano, riletti da Luigi Spina, grande interprete della fotografia d’arte contemporanea.

Uno scultore scomparso nel 1869 e un fotografo nato praticamente un secolo dopo, nel 1966 sono i due artisti protagonisti di questa mostra, dai differenti mezzi espressivi e tra loro distanti nel tempo, ma accomunati dalla ricerca sulla figura umana: un dialogo che consente di ammirare in maniera inedita le sculture di Tenerani, in molti casi mai esposte in precedenza, delle quali le suggestive fotografie di Spina - un dittico per ciascun ritratto - realizzate su pellicola in bianco e nero e stampate personalmente, mettono in luce dettagli che a volte sfuggono anche agli osservatori più attenti.
La mostra al Museo di Roma a Palazzo Braschi è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è curata da Fabio Benedettucci (organizzazione Zètema Progetto Cultura).

Uno dei nuclei più significativi del Museo di Roma è certamente la gipsoteca di Tenerani, in origine collocata nella galleria progettata da Carlo, unico figlio maschio dello scultore, in via Nazionale. La collezione comprende modelli, bozzetti e studi, testimonianza dell’intera produzione artistica dello scultore, e va annoverata tra i maggiori esempi di raccolte di gessi dell’Ottocento insieme a quelle di Canova a Possagno e di Thorvaldsen a Copenaghen.

Per una precisa scelta, tra i circa centocinquanta ritratti di Tenerani nelle collezioni del Museo di Roma, una selezione della quale è già presente nel percorso del Museo, in mostra non si espongono quelli delle personalità più illustri come re, imperatori o pontefici ma si è invece preferito presentare una serie di ritratti che raccontano l’articolata società romana di metà Ottocento.
Sono esponenti di famiglie nobili della città, committenti stranieri, uomini e donne, in abiti classici, moderni o a torso nudo, in busti o in forma di erma. Con molti di essi Tenerani fu in rapporto di amicizia; per altri, semplicemente, essere raffigurati da lui in un ritratto rappresentò il raggiungimento di un’elevata condizione sociale. Di molti degli effigiati, in mostra si narrano vicende personali, spesso attraverso testimonianze d’epoca.

Con i personaggi di Tenerani, Luigi Spina è riuscito a stabilire un rapporto diretto, in un dialogo attraverso le immagini nel quale la luce diviene fonte espressiva e al tempo stesso strumento per la conoscenza delle opere. 

Realizzate su pellicola in bianco e nero e stampate artigianalmente, giocate su una raffinata gamma di grigi, le foto di Spina sono caratterizzate da un forte impatto tridimensionale, che accentua la componente emotiva di ogni personaggio. 
 


Mostra Vis-à-Vis. Tenerani Spina, Museo di Roma ©luigispina

Nelle sale del primo piano di Palazzo Braschi, i ritratti di Tenerani sono posti di fronte alle immagini di Luigi Spina, in un percorso nel quali vengono suddivisi per tematiche.
In apertura della mostra, dopo un autoritratto del maestro carrarese, tre busti realizzati nel 1850, specchio della società intellettuale e artistica di quel preciso momento storico; ad essi segue una serie di ritratti di esponenti della nobiltà romana e internazionale, quindi tre busti destinati a monumenti funebri danno vita a un’ideale Spoon River figurata da Tenerani.
Dopo i busti degli statisti Charles Wentworth, australiano, e José Gutierrez de Estrada, messicano, esempi delle committenze giunte allo scultore anche da ambiti culturali distanti da quello europeo, viene presentato un gruppo di protagonisti dei salotti culturali italiani e internazionali di metà Ottocento, da Zenaide Wolkonsky a Carlotta Lenzoni a Leonilla Bariatinsky, unica tra i personaggi in mostra ad aver conosciuto il XX secolo.
A conclusione del percorso, un nucleo di ritratti realizzati in quasi mezzo secolo di attività, per far cogliere al visitatore le differenti anime del maestro toscano, che Luigi Spina, con la sensibilità che da oltre un ventennio ne caratterizza la produzione artistica, è riuscito a riportare alla luce.

Pietro Tenerani

Carrarese di nascita, vissuto tra 1789 e 1869, Pietro Tenerani è stato probabilmente lo scultore italiano più significativo di metà Ottocento. Giunto a Roma dal 1814, Tenerani fu a lungo collaboratore di Bertel Thorvaldsen.
In seguito, lo scultore si avvicinò al movimento purista, del quale divenne uno dei maggiori interpreti per la capacità di realizzare opere dal forte impatto spirituale pur conservando la semplicità della forma. 
Ritrattista fra i più apprezzati della sua epoca, presidente dell’Accademia di San Luca a Roma, direttore dei Musei Capitolini e dei Musei Vaticani, Tenerani operò in ambito religioso e civile.

Tra le sue opere di maggior rilievo, il Monumento a Pio VIII, in San Pietro, e le versioni del Monumento dedicato a Simon Bolivar, a Bogotà e Caracas.
Dopo la morte, e per gran parte del Novecento, la sua figura artistica è stata dimenticata, e ancora oggi il suo nome è noto solo a una ristretta cerchia di addetti ai lavori.

Luigi Spina

Luigi Spina è autore di numerose indagini fotografiche che hanno un filo conduttore: la ricerca della bellezza.
Questo leitmotiv sottolinea la pluralità della sua azione creativa, che lo ha portato a esplorare vari ambiti, tra cui gli anfiteatri, il senso civico del sacro, i legami tra arte e fede, le antiche identità culturali, il confronto con la scultura classica, con la decennale e silenziosa immersione sensitiva tra i marmi della collezione Farnese de Museo Archeologico Nazionale di Napoli, e poi la ricerca a colori sul Foro Romano, l’ossessiva ricerca sul mare, le cassette dell’archeologo sognatore (Giorgio Buchner), la tormentata e tattile ricerca sui gessi canoviani fino alle molteplici indagini sul paesaggio.

Fra i numerosi libri pubblicati, tradotti in varie lingue e distribuiti in tutto il mondo, ricordiamo il progetto dedicato al Foro Romano, L’Ora Incerta (Electaphoto, 2014); a questo titolo si aggiungono The Buchner Boxes (2014), Le Danzatrici della Villa dei Papiri (2015), Diario Mitico. Cronache visive sulla collezione Farnese (2017), Tazza Farnese (2018), Canova. Quattro tempi (2020), I Confratelli (2020), Sing Sing, il corpo di Pompei (2020), Il Mosaico di Alessandro (2020), San Domenico di Niccolò dell’Arca (2022), Bronzi di Riace (2022), editi da 5 Continents Editions; Volti di Roma alla Centrale Montemartini (Silvana Editoriale, 2019).

I lavori di Luigi Spina sono stati esposti in prestigiose sedi, e in particolare: Museo Archeologico Nazionale di Napoli; Musei Capitolini, Roma; Museo Campano di Capua; Galleria San Fedele, Milano; Museo MADRE, Napoli; Palazzo dell’EUR, Roma; Reggia di Caserta; MACRO, Roma; Galerie Patrick Mestdagh, Bruxelles; MIAFAIR, Milano; Postermostra, Lisbona; Festival Internazionale di Kranj, Slovenia; Gallery of Fine Art Uzbekistan; MART, Rovereto; Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria e Galleria dell’Accademia, Firenze.

Alcune sue opere sono conservate ed esposte, in permanenza, al Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps, Roma; Musei Capitolini, Roma; Aeroporto di Capodichino, Napoli; Museo Archeologico Nazionale di Napoli; Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria; Fondazione Michetti, Francavilla al Mare; Accademia Tadini, Lovere; BNL - Paribas.


Vis-à-Vis.Tenerani Spina. Dialogo in immagini, Museo di Roma Palazzo Braschi
dal 28 giugno al 12 novembre 2023