La grande abbuffata

La grande abbuffata

Come si mangia al cinema

La grande abbuffata
E Babette preparò: 

Brodo di tartaruga, blinis demidoff, quaglie en sarcophage, insalata mista, savarin, formaggi e frutta, caffè con tartufi al rhum, pinolate, frollini, amaretti. Da bere offrì amontillado bianco ambra, Clos de Vougeot, Champagne Veuve Clicquot


O si mangia o si fa la fame. Ci si innamora o ci si uccide. Memoria, conflitti familiari, sopravvivenza. Mangiare, ben prima che l’alimentazione divententasse una moda, è sempre stato argomento al centro del racconto cinematografico. Intorno alla tavola si riuniscono famiglie e amici. Intorno alla tavola ci si ingozza o si languisce sognando un pasto decente. Il cinema racconta così, nel modo più diretto ed istintivo il linguaggio del cibo che non è solo ancestrale ma culturale. Lo specchio dei tempi.
Repas de bébé (La colazione del bimbo) dei Fratelli Lumiere del 1895. Brevissimo episodio di appena un minuto: due genitori imboccano il loro bambino. Il primo cinema racconta la realtà e il pasto, così com’è.
Il pranzo di Babette di Gabriel Axel del 1997 tratto da una novella di Karen Blixen. Una storia di aggregazione e riscatto sociale. Babette, ex famosa cuoca di Parigi e ora governante di due anziane signorine danesi, spende tutto quello che ha vinto alla lotteria e cucina un pranzo sontuoso ai notabili del villaggio. Un pasto che regala buonumore e fa riconciliare tutti. Il cibo è una medicina del cuore e Babette di nuovo indigente dice: “Un artista non è mai povero”.
Chocolat di Lasse Hallström del 2000. In questo film il cioccolato porta sensualità ma anche il ritorno ad una vita vissuta con pienezza.
La grande abbuffata di Marco Ferreri del 1973. Metafora della società opulenta che ingoia tutto fino a morirne.
Un americano a Roma di Steno del 1954 e l'indimenticabile Alberto Sordi. Lo scontro culturale con l’America visto sul grande schermo. Vincono gli spaghetti: 

Maccarone, mi sembri un verme…ammazza che zozzeria… maccarone, m’hai provocato e io ti distruggo
Un americano a Roma


Il fascino discreto della borghesia di Luis  Buñueldel 1972. Un pranzo che non avrà luogo. La borghesia non riesce più a nutrirsi. 
Bianca di Nanni Moretti del 1984 e il famoso sproloquio sulla Sachertorte . ”Lei non faccia il tunnel! Cosa? Lei mi sta scavando sotto, mi togli la panna, la castagna da sola sopra non ha senso. Il Mont Blanc non è come un cannolo alla siciliana che c’è tutto dentro, è come uno zaino: lei se lo porta appresso per un mese e sta sicuro.

Il Mont Blanc si regge su un equilibrio delicato, non è come la Sachertorte… Cosa? La Sachertorte cos’è? Cioè lei praticamente non ha mai assaggiato la Sachertorte?... No. Va bè, continuiamo così, facciamoci del male!!!
Bianca


L'ironia dei golosi.
Nel Vatel di Roland Joffé del 2000 il maestro di cerimonie Vatel, realmente esistito, si suicida per la mancata consegna di una fornitura di pesce, da cucinare per il Re Sole. Cibo e onore.
Lilly e il vagabondo di Walt Disney del 1955. Come due cani che si amano, scaturiti dal genio del regista americano, consumano la loro cena romantica in una tipica trattoria italiana con tanto di tovaglia a quadretti bianchi e rossi. Cosa mangiano? Spaghetti al pomodoro con polpettine. Un piatto che tutti i bambini che hanno visto il film hanno desiderato mangiare.

Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante di Peter Greenaway del 1989. Amore, passione, tradimento tutto “consumato” al ristorante sotto gli occhi dei clienti e del marito tradito. Fino all’epilogo tragico e al cannibalismo. Anche l’amore e l’odio si mangiano.
L’oro di Napoli, capolavoro di Vittorio De Sica del 1954, film ad episodi. Quello con Sophia Loren si chiama La pizzaiola. La prorompente attrice è la giovane e bellissima moglie del più modesto marito, che incanta tutti con la sua avvenenza e le pizze fritte. Il cibo succulento si intreccia con la sensualità della donna. Un grande classico: cibo e seduzione.
La battaglia del secolo di Clyde Bruckman del 1927. Il trionfo delle torte in faccia, caratteristiche del cinema muto. In questo film Stanlio e Ollio superano se stessi. Cibo e risate.
La febbre dell’oro di Charlie Chaplin del 1925. Celebre film in cui Charlot, poverissimo e affamato, mangia una scarpa. Fame e geniale ironia.

Ossessione di Luchino Visconti del 1943, storia appassionata di due amanti che consumano il loro rapporto peccaminoso tra un piatto di involtini e l’altro. Anche il cibo casalingo si coniuga bene con la passione.
Nel delizioso Forrest Gump di Robert Zemeckis del 1994 lo spettatore viene investito da una cascata di gamberi quando l'amico Bubba elenca: “Gamberi arrosto, gamberi bolliti, grigliati, al forno, saltati, c’è lo spiedino di gamberi, gamberi con cipolle, zuppa di gamberi, gamberi fritti in padella, con la pastella, a bagnomaria, gamberi con le patate, gamberi al limone, gamberi strapazzati, gamberi al pepe, minestra di gamberi, stufato di gamberi, gamberi all’insalata, gamberi e patatine, polpette di gamberi, tramezzini coi gamberi e questo è tutto mi pare…” I gamberi non si vedono ma il monologo è esilarante. Il cibo è un pretesto per far sorridere.

Miseria e nobiltà di Mario Mattioli del 1954. Una famiglia di poveracci seduta intorno al tavolo, al centro una zuppiera colma di spaghetti fumanti. I commensali, all’inizio intimiditi e lontani dal desco, si avvicinano con le sedie. Poi, rotto ogni indugio, si avventano sul cibo e cominciano a mangiare con le mani. Totò si riempie le tasche di spaghetti, mangia con le mani, balla sulla tavola pazzo di una felicità disperata. Al cinema non ci sono mezze misure: o si mangia o si patisce la fame.
Mangiare bere uomo donna di Ang Lee del 1994. Tutto è spiegato nella frase:

Mangiare, bere, uomo, donna. Cibo, sesso. Desideri fondamentali dell’uomo. Non se ne può fare a meno, ma è tutto qui? Questa me la chiami vita tu?
Mangiare bere uomo donna


Pranzo di Ferragosto di Gianni Di Gregorio del 2008. In questo piccolo, delizioso film il protagonista, Gianni, che a 50 anni vive ancora con la madre, ospita a pagamento per un pranzo un gruppo di arzille nonnine. Lui e i suoi amici si sorprenderanno di quanto siano simpatiche e piene di vita. Non sempre la vecchiaia è una malattia.

Nel film La pelle di Liliana Cavani del 1981, tratto dall’omonimo libro di Curzio Malaparte, in una Napoli distrutta dalla Seconda guerra mondiale, si raggiunge l’apoteosi. Mentre il popolo si ingegna per trovare qualcosa da mangiare, i notabili mettono a tavola una magnifica sirena. Anche se non verrà mangiata è il segno del declino di ogni valore umano: "In quel momento la porta si aprì e sulla soglia, preceduti dal maggiordomo, apparvero quattro valletti in livrea recando al modo antico, sopra una specie di barella ricoperta di un magnifico broccato rosso dallo stemma dei Duchi di Toledo, un enorme pesce adagiato in un immenso vassoio d’argento massiccio. Un “oh!” di gioia e di ammirazione corse lungo la tavola…

Ecco la sirena! …Una bambina, qualcosa che somigliava a una bambina era distesa sulla schiena in mezzo al vassoio, sopra un letto di verdi foglie di lattuga, entro una ghirlanda di rosei rami di corallo…Poteva avere non più di otto o dieci anni…
La pelle


Il decadimento completo e finale di una società.
Il cibo è spesso memoria come nel delizioso Ratatouille del 2007 realizzato in computer grafica da Brad Bird e Jan Pinkava. Destinato ai più piccoli, è piaciuto molto anche agli adulti. E’ la storia a lieto fine di Remy, un topino di campagna che sogna di diventare il migliore chef di Parigi. Lui non è come gli altri topi, detesta mangiare rifiuti e ha un gusto molto raffinato. La temuta visita del noto critico gastronomico torvo e inflessibile, Anton Ego (e già il nome dice tutto) nel ristorante dove Remy cucina in incognito, decreterà il suo successo. Ego si siede alla tavola di Remy e gusta una ratatouille. Già al primo assaggio il critico ha un sobbalzo: quel boccone lo ha trasportato direttamente alla sua infanzia, al ricordo dello stesso piatto preparato da sua madre. Una citazione delle petites madeleines di Marcel Proust. Mangiare è un veicolo della memoria, un teletrasporto nel passato, alla cucina più dolce e rimpianta, quella della famiglia.