"Cento giorni a Palermo" di Giuseppe Ferrara

A 40 anni dall'omicidio di Carlo Alberto dalla Chiesa

Il terrorismo era contro lo Stato, la mafia no!

E' una frase che Lino Ventura, nei panni di Carlo Alberto dalla Chiesa, pronuncia in Cento giorni a Palermo, il film che Giuseppe Ferrara dedicò alla tragica vicenda del Generale ucciso il 3 settembre 1982. Nando dalla Chiesa non sa se suo padre abbia mai pronunciato quella che ha tutta l’aria di una sentenza, ma è certo che lo pensasse; sua sorella Rita, per non tradire il ruolo di “figlia ribelle”, sembra voler correggere il papà quando puntualizza che “la mafia era nello Stato”. 

Nel campo della fiction, fino a questo momento il film di Ferrara resta l’opera più pregevole fatta sul Generale. Rita fu contraria all’idea di realizzare un lungometraggio su una vicenda appena accaduta - il film uscì nelle sale 19 mesi dopo l’assassinio - quando ancora non si sapeva molto su come erano andati i fatti. Per farsi conoscere e per sapere tutto sul Generale, Ventura invitò Rita in un ristorante romano e, avvicinandosi al tavolo, Rita rimase turbata nel vedere l’attore truccato e vestito come suo padre. Quello che ancora oggi fa arrabbiare Rita è l’assenza di Dora Fabbo, sua madre, in quasi tutti gli omaggi dedicati al Generale che Rita critica per i troppi aspetti romanzeschi raccontati:

La vita della famiglia dalla Chiesa non è stata un romanzo, è stata una vita faticosa, tremenda, tragica, con noi che già da ragazzi dovevamo fare attenzione a chi frequentavamo
Rita dalla Chiesa

Questi disagi raggiunsero il culmine quando, per motivi di sicurezza, nel 1978, i dalla Chiesa dovettero rinunciare ai funerali in chiesa della signora Fabbo, ripiegando sul garage della caserma di Torino. 

Scritto da Giorgio Arlorio, soggetto di Ferrara, sceneggiatura di Piergiovanni Anchisi, di William Laurent, di due giovani come Riccardo Iacona e Giuseppe Tornatore e dello stesso Ferrara, Cento giorni a Palermo vanta la consulenza di un giornalista del prestigio di Giuseppe Marrazzo. Ad aumentare la presenza di futuri volti Rai, nel film compaiono Sandro Ruotolo nei panni di un giornalista de "L’Ora" e Luca Zingaretti in quelli di un agente. 

Nando dalla Chiesa ricorda che il film nacque in una situazione particolare, di reazione al delitto. Un suo merito sta nel finanziamento da parte di ben 20 associazioni cooperative: uno slancio collettivo, con tutti i limiti del caso, che però favorì una funzione civile immediata. Per Nando Cento giorni a Palermo resta uno dei migliori film girati da Ferrara a ridosso di eventi storici, ma lui vide il film soltanto 25 anni dopo la sua uscita. Non era facile “rivedere” suo padre e soprattutto guardare la sequenza finale così ben ricostruita: ci riuscì in occasione di una proiezione organizzata in una scuola media sarda, dove Nando si rese protagonista di una sfuriata nei confronti di quei ragazzi, usciti dalla sala come se avessero appena assistito a un blockbuster americano. Queste operazioni vanno fatte con preparazione e oculatezza, suggerisce ancora oggi Nando dalla Chiesa: questi film devono essere il coronamento di un lavoro preceduto da studi e riflessioni. 

Per interpretare Emanuela Setti Carraro, seconda moglie del Generale, Ferrara chiamò Giuliana De Sio. L’attrice salernitana ancora oggi ricorda che venne a sapere dell’agguato a dalla Chiesa mentre era al Festival di Venezia a presentare Sciopèn. La distanza che c’era fra la personalità della Setti Carraro e quella della De Sio era enorme, ma la bravura dell’attrice - non sono pochi quelli che la considerano la nostra Isabelle Huppert - è considerevole: De Sio si liberò totalmente di se stessa, studiò il personaggio leggendo il libro che la madre di Emanuela Setti Carraro, fra mille polemiche, dette alle stampe dopo solo sei mesi dai fatti. A spingere la De Sio ad accettare quel ruolo fu la presenza nel cast di uno dei suoi idoli, quel Ventura tanto ammirato nei noir francesi. L’attore fece recapitare all'attrice un mazzo di fiori, un gesto galante così inaspettato che lei si dimenticò di ringraziarlo: per due settimane Ventura non le rivolse la parola. Di Ventura la De Sio rimase colpita anche da un dettaglio, la clausola che l’attore pretendeva nei suoi contratti: non voleva baciare nessuna attrice, né tantomeno girare scene di sesso. Giuliana De Sio ricorda che la lavorazione di Cento giorni a Palermo non fu affatto facile, la troupe era circondata da uomini armati, c’erano elicotteri che volavano di continuo sul set, gente che si accalcava per assistere alle riprese insieme a venditori di popcorn. Per la sequenza finale la troupe impiegò due notti per poi cambiare location di nascosto, ripiegando su una strada somigliante a via Carini, luogo dell’agguato. 

Per Emanuela Setti Carraro Rita dalla Chiesa ha parole affettuose: la giovane età e il sincero amore verso il Generale furono le concause della sua morte, la donna non si rese conto fino in fondo di cosa volesse dire essere la compagna di vita di dalla Chiesa. Rita ricorda suo padre che implorava la moglie di non seguirlo a Palermo, ma lei non lo ascoltò: fece qualcosa che la madre di Rita mai avrebbe fatto, perché abituata a quello stile di vita disagiato, dove le esigenze di suo marito venivano prima di tutto. Quanto all’accusa di avventatezza che qualcuno mosse al Generale per essere uscito quella sera dalla Prefettura a bordo dell’utilitaria guidata dalla Setti Carraro, Nando racconta che quello era un suo modo per proteggersi: cita al riguardo Patrizio Peci, il primo ‘pentito’ delle Brigate Rosse, il quale raccontò ai giudici di un agguato fallito ai danni di dalla Chiesa proprio perché quel giorno si era messo alla guida dell’auto di un suo collega, anziché sedere sul sedile posteriore di un’Alfetta blu come si attendevano i brigatisti. Purtroppo a Palermo ci fu una soffiata di qualcuno che era in Prefettura: Rita è certa che Emanuela Setti Carraro fosse un obiettivo come suo padre, la mafia intendeva cancellare totalmente la memoria del Generale, eliminando anche chi gli era più vicino. Due giorni dopo l’assassinio, in Irpinia sconosciuti entrarono nella villa dei dalla Chiesa rubando tutto quello che trovarono nello studio del Generale, lasciando due civette morte. 

In sede di doppiaggio Ventura chiese di prestare la propria voce al suo personaggio, ma il lieve accento francese non glielo permise. Ferrara chiamò quindi Adalberto Maria Merli che nel film interpreta un uomo d’affari in odore di mafia. Per sé Merli utilizzò la sua normale voce, mentre per il corpulento Ventura occorreva un tono baritonale e per questo, prima di ogni turno, Merli allenava le corde vocali gridando dalla finestra “Mariaaaa”. L’attore romano usò varie volte questo stratagemma: un giorno si udì una voce preveniente dal palazzo di fronte “A Marì, ‘ndo cavolo stai? C’è uno che te cerca da ‘na settimana, li mortacci sua!”. 

Cento giorni a Palermo è stato l’ultimo lavoro per Stefano Satta Flores, nel film braccio destro del Generale, e per Ventura l’ultima grande interpretazione: per uno strano caso del destino i due attori morirono il 22 ottobre, rispettivamente del 1985 e del 1987. Ventura era nato a Parma, la stessa città dove riposa Carlo Alberto dalla Chiesa.    

Scheda del film
Cento giorni a Palermo di Giuseppe Ferrara - 1984 - 102’
Con Lino Ventura, Giuliana De Sio, Arnoldo Foà, Stefano Satta Flores

Palermo, aprile 1982. I cittadini del capoluogo siciliano attendono con fiducia e speranza l’arrivo del nuovo prefetto, nominato dal Ministro dell’Interno Virginio Rognoni (Foà): non si tratta di un dirigente degli apparati dello Stato, ma del generale dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa (Ventura), conosciuto in tutto il Paese per il decisivo contributo dato in passato alla lotta contro il banditismo siciliano e successivamente all’eversione rossa. Ad accompagnare a Palermo il Generale è la sua giovane seconda moglie Emanuela Setti Carraro (De Sio), mentre ad aiutare dalla Chiesa nelle prime indagini c’è il capitano Fontana (Satta Flores). Palermo è stanca e impaurita per gli ultimi efferati omicidi eccellenti di Boris Giuliano, Piersanti Mattarella, Cesare Terranova, Gaetano Costa e Pio La Torre, quest’ultimo assassinato proprio il giorno dell’insediamento in Prefettura di dalla Chiesa. I palermitani vedono nel Generale la loro ultima speranza: speranza che, come reciterà poi una celebre scritta su un muro, morirà cento giorni dopo.

Produzione TV Cine 2000/C.L.C.T./Ombre et Lumiere/La Cecilia; distribuzione Titanus. Uscita cinema 21 marzo 1984, prima tv Canale 5 13 maggio 1988, prima tv Rai Rai 3 3 settembre 1990.

Fonti
Imdb.com
Corriere della Sera, 23 marzo 1984
Maurizio Schiaretti (a cura di) Nella pelle di Ventura, Battei 1997
Lorenzo Rossi Espagnet Generale: rivivendo Carlo Alberto dalla Chiesa (documentario) 2012.
Adalberto Maria Merli Scherzi, risate e qualcosa di serio, La Nave di Teseo 2019
Rita dalla Chiesa Il mio valzer con papà, Rai Libri 2020
Conversazione con Nando dalla Chiesa, 16 settembre 2020
Conversazione con Rita dalla Chiesa, 17 settembre 2020
Conversazione con Giuliana De Sio, 17 settembre 2020

Per gentile concessione della Direzione Comunicazione Rai