"Umberto D." raccontato da Antonio Monda

L'analisi del film di De Sica del 1952

Antonio Monda, professore di Cinema alla New York University e Direttore della Festa del Cinema di Roma, racconta il film Umberto D. (1952) di Vittorio De Sica, uno dei capolavori del cinema neorealista. 

Dedicato da Vittorio al padre Umberto, Umberto D. è un'opera molto personale, un film che il regista amava molto. Non ebbe un successo commerciale ma, secondo Monda, rimane - insieme a Ladri di biciclette - il suo massimo capolavoro. Ha avuto dei remake, anche se non famosi: il primo in America, Harry and Tonto (1974) dove l'anziano protagonista, interpretato da Art Carney, invece che con un cane, si accompagna con un gatto; e il più recente Un uomo e il suo cane (2009), con Jean-Paul Belmondo.

Un anziano impiegato ministeriale in pensione non se la passa particolarmente bene dal punto di vista economico e non ha affetti. Vive solo con un cagnetto bastardo, Flik, e la giovane domestica dell'appartemonto presso cui ha una camera in affitto. Le scarse risorse finanziarie non gli consentono una vita decorosa, lo sfratto incombe. In un soprassalto di dignità decide di togliersi la vita gettandosi, con il suo fedele amico a quattro zampe, sotto ad un treno in corsa. Sarà proprio il suo cane (e non un essere umano!) a salvarlo (e salvarsi) riconciliandolo con il mondo.

Vittorio De Sica e Cesare Zavattini scrivono la sceneggiatura iper realista di Umberto D. in un momento in cui il filone del cinema neorealista si stava esaurendo. Capolavori come Roma città aperta di Rossellini o lo stesso Sciuscià di De Sica, sono ormai lontani nel tempo e dal gusto del pubblico italiano che si prepara a premiare al botteghino le epopee mitologiche dei vari Maciste. Perché allora questa scelta?

In realtà nell'Italia degli anni Cinquanta le condizioni materiali di molti cittadini erano ancora estremamente precarie. Erano gli anni del dominio assoluto del capitale sul lavoro. Il sesto film della coppia Vittorio De Sica-Cesare Zavattini non a caso dunque si apre con le immagini di una manifestazione di pensionati, "i paria della nazione" secondo quanto si legge su uno dei cartelli. Umberto, interpretato da un professore di Glottologia all'Università di Firenze, Carlo Battisti, manifesta insieme agli altri anziani per chiedere una pensione più equa, che gli consenta di evitare lo sfratto.

Nel proseguo della vicenda troviamo tutti i crismi della poetica zavattiniana del pedinamento e il consueto inimitabile sguardo di De Sica, più fulgido e profondo che mai
Claudio Zito

Realizzato grazie a un coraggioso produttore, Giuseppe Amato, Umberto D. incassa a mala pena la metà di quanto speso per produrlo e risulta, con La terra trema e Francesco giullare di Dio, uno dei tre clamorosi flop del neorealismo italiano. Viceversa, se il pubblico e la critica dell'epoca lo snobbano, intellettuali come Pavese e Bazin lo ammirano e lo amano.