Franco Nero: 239 film e 80 candeline

L'attore ripercorre la sua straordinaria carriera

A volte mi hanno chiesto: cos’è il cinema per te. Il cinema per me è come una grande città, dove persone di diverso colore e di diverse razze hanno la loro casa e i loro sogni. Perciò il cinema continuerà ad esistere finché la gente continuerà a sognare
Franco Nero

Il 23 novembre del 1941 nasce a San Prospero, un paesino del parmense, Francesco Giuseppe Sparanero, figlio di un maresciallo dei carabinieri emigrato anni prima dalla provincia di Foggia. La sua vita si svolgerà altrove, molto lontano da lì, ma quel ragazzino, diventato per tutti Franco Nero, rimarrà sempre legato alla città di Parma dove ha trascorso la sua adolescenza nutrendo il sogno di recitare. I suoi amici d’infanzia, quelli con cui andava a pescare al Taro o a giocare a calcio, lo prendevano in giro perché si dava un gran da fare, appena ne aveva l'occasione, per improvvisare piccole recite e spettacoli. 

Gli dicevano "Mo co' vót fär", “Ma cosa vuoi fare... rimarrai per sempre qui!”. Lui però non si perdeva d’animo e gli rispondeva sempre: "Un giorno vedrete...!"». E infatti, grazie alla sua determinazione e ad una grande forza di volontà, aiutato dal suo aspetto fisico e dal seducente sguardo azzurro, per lui il giorno di partire dalla sua terra arrivò davvero. E di strada ne ha fatta Francesco, che lo ha portato dritto alla mecca dorata del cinema. Ben oltre i suoi stessi sogni.

Ad Hollywood arriva nel 1966 per girare la mega produzione Camelot di Joshua Logan nei panni di Lancillotto, presentato da John Huston che lo aveva scritturato l'anno prima per interpretare la parte di Abele nel suo kolossal La Bibbia (1965). Fu proprio Huston a spingerlo ad imparare l'inglese, una lingua indispensabile per poter sfondare sul mercato cinematografico americano. E infatti la Warner, produttrice di Camelot, intuisce il potenziale e gli fa firmare un contratto per la realizzazione di ben 5 film. Ma dopo un anno trascorso oltre oceano, Nero riesce a convincere i pezzi grossi della major a stracciare quel pezzo di carta che lo tratteneva lontano dall'Italia. Voleva assolutamente tornare a casa. Gli diedero tutti del pazzo però, sebbene a malincuore, alla fine lo assecondarono. Oggi, che ha raggiunto, senza dimostrarla, l'imponente età di 80 anni, non riesce nemmeno a contarli i film che ha interpretato nella sua lunga carriera: "Per fortuna qualcuno lo ha fatto per me. Sa quanti sono? 239".

Nel frattempo, nella fortezza del leggendario Artù, ricostruita sul set del film di Logan, Franco Nero aveva incontrato il suo grande amore: l'attrice inglese Vanessa Redgrave, impegnata ad impersonare la regina Ginevra. Tra i due scocca una scintilla che li tiene uniti ancora oggi dopo un doppio matrimonio (si sono risposati nel 2006), compagni di vita e di lavoro.


Franco Nero, Vanessa Redgrave e Elio Petri sul set del film "Un tranquillo posto di campagna" nel 1967

Il successo internazionale del western all'italiana Djanko, girato da Sergio Corbucci nel 1966 e visto da più di 3 miliardi di spettatori in tutto il mondo, regala al protagonista Franco Nero grande e improvvisa popolarità. Ormai è un divo.

Ford aveva John Wayne, Leone aveva Clint Eastwood, io ho Franco Nero.
Sergio Corbucci

I registi europei se lo contendono: da Luis Buñuel (Tristana, 1970) a Christopher Miles (La vergine e lo zingaro, 1970); da Michael Anderson (La papessa Giovanna, 1972) a Claude Chabrol (Profezia di un delitto, 1976) fino allo jugoslavo Vatroslav Mimica (Il falcone, 1981), l'austriaco Peter Zinner (La salamandra, 1981), l'israeliano Menahem Golan (L'invincibile ninja, 1981), il tedesco Rainer Werner Fassbinder (Querelle de Breste, 1982), lo svedese Arne Mattsson (The Girl, 1987), il finlandese Renny Harlin (58 minuti per morire, 1990).



Anche in Italia gira decine di film diretto dai più grandi nomi della nostra cinematografia. Nel 1968 Elio Petri lo vuole per interpretare, insieme a Vanessa RedgraveUn tranquillo posto di campagna, presentato in concorso al Festival di Berlino 1969 e vincitore dell'Orso d'argento. Nello stesso anno esce Il Giorno della civetta di Damiano Damiani, tratto dall'omonimo romanzo di Leonardo Sciascia, dove Franco Nero veste i panni del capitano Bellodi, idealista e fedele servitore dello Stato, trasferito in Sicilia dal Nord per risolvere omicidi di stampo mafioso. Una parte che all'attore parmense calza a pennello tanto che è suo il David di Donatello per il Miglior attore protagonista di quell'anno. Proseguirà sul filone del giallo politico italiano con altre pellicole, tra cui Il delitto Matteotti (1973) e Marcia trionfale (1976), diretti rispettivamente da Florestano Vancini e Marco Bellocchio.

Una maschera senza bisogno di tanto cerone, un viso composto di ombre e luci naturali, occhi che fulminano, agitano e, nello stesso tempo tranquillizzano

Nel 1988 è nel cast de Il giovane Toscanini di Franco Zeffirelli, nel 1990 gira Diceria dell'untore diretto da Beppe Cino, nel 1992 partecipa a Fratelli e sorelle di Pupi Avati e nel 1994 è Jonathan degli orsi che ha anche sceneggiato e prodotto. Dopo aver recitato in alcune pellicole sperimentali firmate da Louis Nero, nel 2006 debutta come regista con il film Forever Blues di cui è anche sceneggiatore e attore protagonista. Il suo personaggio è Luca, un trombettista blues, che un giorno incontra per caso un bambino autistico. Tra i due nasce un'amicizia insolita e profonda che aiuta entrambi a riacquistare fiducia e voglia di vivere. Nel 2021 torna per la seconda volta dietro la macchina da presa per dirigere L'uomo che disegnò Dio, che vede nel cast anche il ritorno sul grande schermo dell'attore Kevin Spacey.

Franco Nero ha fatto anche molta televisione, soprattutto a partire dalla metà degli anni Settanta, in mini serie e fiction anche con ruoli da protagonista. Ricordiamo il suo Fra Cristoforo nella versione del 1989 de I promessi sposi, diretta da Salvatore Nocita. Il suo film più recente, Havana Kyrie è del 2019. Qui interpreta Vittorio, un burbero direttore d'orchestra sul viale del tramonto, che riceve un'offerta di lavoro all'Havana per dirigere il Kyrie Eleison, un'opera di Rossini, con il coro dei bambini della Colmenida. Accetta perché ha bisogno di soldi e perché la musica gli manca da troppo tempo, ma l'impresa lo metterà a dura prova. Odia i bambini e ha un rapporto controverso con i mille colori di Cuba e le sue tante contraddizioni. 

L'intervista a Franco Nero è tratta dal programma di Rai International Italiani come noiFranco Nero. Mi ricordo che (2000) di Alessandro Berdini.