Alfonso Maurizio Iacono. Il non finito come concetto filosofico

Da Leonardo da Vinci a Walter Benjamin

Alfonso Maurizio Iacono, intervistato in occasione della V edizione del Festival del Pensare, dal titolo Male nostro quotidiano, che si è svolta, dal 18 al 26 luglio 2019, a Cecina, Casale Marittimo, Guardistallo, Montecastelli Pisano, Castagneto Carducci, Bibbona e Populonia, parla della sua teoria del non finito, partendo da Leonardo da Vinci. Leonardo è l’uomo del non finito, non è l’uomo della modernità perché non aveva il senso pratico, non costruiva progetti per poi realizzarli effettivamente. Oggi almeno dalla fine del XIX secolo esiste la cultura del frammento e l’incompiutezza si può trasformare in qualcosa di importante. Il non finito come concetto filosofico è il tentativo quasi prometeico di interpretare e far rivivere il processo che porta dalla materia alla forma. Secondo Iacono, Karl Marx, che ha scritto molto più di quello che ha effettivamente pubblicato e Walter Benjamin sono filosofi del non finito e Balzac in un suo racconto, Il capolavoro sconosciuto, descrive molto bene questo concetto.

La questione essenziale dal punto di vista filosofico, ma anche dell’arte e della scienza, è che l’incompiuto non è necessariamente qualcosa che non viene finito, ma è la pretesa di voler arrivare a rappresentare la processualità nel vivo del processo stesso, il formarsi della forma, che porta anche all’angoscia, perché noi mortali non abbiamo il dono della creazione dal nulla, ma creiamo sempre da qualcosa e quindi nella nostra creatività ci sono necessariamente dei limiti. È per questo che oggi nell’epoca della complessità non apprezziamo solo le opere compiute ma sempre maggiormente i frammenti. 


Alfonso Maurizio Iacono è professore di Storia della Filosofia presso l’Università di Pisa. Si è occupato dei rapporti tra filosofia e antropologia attraverso una metodologia d’indagine influenzata dallo strutturalismo francese, dall’epistemologia della complessità di Francisco Varela e dalla riflessione di Gregory Bateson. Alle prime ricerche sulle strutture cognitive del pensiero europeo di fronte al colonialismo, in primo luogo la nozione di feticismo, sono seguite le riflessioni sull’epistemologia dell’osservatore e sui concetti di autonomia e finzione in una chiave storico-politica. Attualmente lavora sui temi della storia e della sostituzione attraverso l’immagine rinascimentale e moderna della finestra.