Costantino Esposito. Il nichilismo: da tramonto dei valori a occasione per il senso
Ripensare il rapporto tra l'io e il mondo
Già in Kant incombe l’ombra del nichilismo, quando egli afferma che noi conosciamo solo il fenomeno, cioè quello che la nostra mente costruisce, e se noi mettessimo da parte la natura soggettiva della conoscenza, che dà a priori la forma a un oggetto, quest’oggetto non lo troveremmo più da nessuna parte, né mai potrebbe essere trovato. Che cosa c’è ‘dietro’ il fenomeno? – niente.
Per Nietzsche possiamo raggiungere la felicità, il compimento, liberandoci dal senso. Ma la storia del nichilismo non finisce qui. Dopo averci liberato dalla pretesa della ragione di sussumere sotto i suoi schemi a priori tutta l’alterità del reale, proprio allora torna a mostrarsi nella sua nudità, nella sua scabrosità questo desiderio di compimento che la ragione, nonostante la sua incapacità, non può non percepire.
La tendenza dominante nel pensiero contemporaneo, trasversale in qualche modo ai diversi stili filosofici (come l’analitico o l’ermeneutico), è un ritorno al naturalismo, sia a livello etico-politico che a livello noetico-epistemologico. La natura è necessaria proprio perché non ha un senso più grande di sé. Ma al prezzo di indebolire il desiderio che, essendo rapporto costitutivo con l’altro, rompe sempre l’immanenza assoluta e impersonale della natura.
Il problema della cultura del nostro tempo non è tanto che manchino delle risposte conclusive alle nostre domande, ma che non ci sono più le domande radicali. Il problema è che non si vede il problema. Molti si affannano a dire quello che si dovrebbe fare, dimenticando la domanda che non ha ancora avuto soluzione, non per mancanza di analisi più scaltre, o di progetti morali più persuasivi, ma perché non capiamo che la domanda ‘siamo’ noi. Il problema ‘siamo’ noi.
L’unica possibilità di ridestare questa domanda del senso come un nostro vero bisogno, è accorgersi della nostra irriducibilità. Abbiamo bisogno di essere, di affermare il motivo per cui siamo al mondo. Ed è possibile prendere sul serio questa domanda solo per lo sguardo di qualcuno. La filosofia torna ad essere l’urgenza di uno sguardo che dia alla realtà la possibilità di dirsi, di darsi nel suo senso. Perché se c’è un senso, esso è nella realtà, e noi dobbiamo dargli una chance di manifestarsi nello spazio aperto dal nostro sguardo.
Costantino Esposito è Ordinario di Storia della filosofia e Storia della metafisica presso l’Università di Bari Aldo Moro. Insegna anche come Visiting professor all’Istituto di Studi Filosofici di Lugano. Ha dedicato sinora le sue ricerche – pubblicando numerosi studi in Italia e all'estero – all’ontologia fenomenologica di Martin Heidegger, alla metafisica critica di Immanuel Kant e alle origini della filosofia moderna nel pensiero di Francisco Suárez.
Ha curato la traduzione di alcuni testi classici di Kant, come le Lezioni di filosofia della religione (Bibliopolis, Napoli 1988) e la Critica della ragion pura (Bompiani, Milano 2007), di Suárez, come le Disputazioni metafisiche (Bompiani, Milano 2007) e di Heidegger, come Linguaggio tramandato e linguaggio tecnico (ETS, Pisa 1997).
E’ condirettore (assieme a P. Porro) della Rivista internazionale «Quaestio. Yearbook of the History of Metaphysics»
Ha scritto insieme a Pasquale Porro un Manuale in tre volumi per i Licei edito da Laterza (Filosofia, Roma-Bari 2009; terza ed. I mondi della filosofia, 2016).
I suoi ultimi libri sono: Introduzione a Heidegger (il Mulino 2017) e Il nichilismo del nostro tempo. Una cronaca (Carocci 2021).