Vittorino Andreoli. L' uomo col cervello in tasca 

Come la rivoluzione digitale sta cambiando i nostri comportamenti

Nel video Vittorino Andreoli, parla del suo saggio L' uomo col cervello in tasca. Come la rivoluzione digitale sta cambiando i nostri comportamenti, pubblicato nel 2019 da Solferino. 
Andreoli afferma che esistono oggi due cervelli, uno di carne e uno di litio e il secondo, che è un terminale di un computer digitale al quale deleghiamo alcune funzioni, lo teniamo in genere in tasca. 
Il cervello umano è formato da circa novanta miliardi di cellule, i neuroni, che sono interconnessi e formano una rete. Il termine rete non nasce dalla tecnologia ma dalla biologia, quando agli inizi del Novecento il fisiologo italiano Camillo Golgi e il medico spagnolo Ramon y Cajal scoprirono, vincendo nel 1906 il Premio Nobel per tale scoperta, che i neuroni costituiscono una rete, nella quale corrono le informazioni. Il cervello umano genera funzioni il cui insieme si chiama mente. Oggi dividiamo la mente in due parti, una che è deputata prevalentemente al pensiero e l’altra che si occupa degli affetti, che sono le emozioni e i sentimenti.

 Il cervello ha la possibilità della fantasia, ossia di immaginare cose che non ci sono ed è anche capace di intuire, di percepire qualcosa che poi cerca di rappresentare, quindi possiede la creatività, può inventare cose che non esistevano prima. 

Lo smartphone allora non va certo demonizzato, svolge delle funzioni importanti in un tempo più rapido, ma è vero che quanto più le operazioni mentali vengono delegate tantomeno sopravvive la capacità del cervello umano di eseguirle. 
Una delega della memoria semantica porterebbe ad un disastro perché il nostro cervello può perdere le proprie funzioni fino alla perdita della stessa capacità di pensare. 
Pertanto, qualche dubbio sull’eccesso di delega non possiamo non porcelo. 
Lo strumento dei social tende a sostituire le relazioni umane, spostando la nostra vita sociale da un contesto umano, per esempio, la famiglia ad uno virtuale come la famiglia virtuale. 

Se una modalità di relazione familiare viene bloccata e non si sentono più le relazioni umane, si è spostata una condizione esistenziale fondamentale della società, che è quella dell’interrelazione, aprendo la strada ad una specie di solipsismo: uomini separati tra loro, riuniti in piazze solo virtuali, con una perdita di umanità. 

Ma perché preferiamo i social agli aspetti sociali reali? Perché nel digitale possiamo far sparire tutto ciò che non ci piace, mentre nella realtà dobbiamo affrontare e risolvere gli inevitabili conflitti. 

Ci sono, infine, cose che lo smartphone non può fare, un cervello digitale non è capace di emozioni e sentimenti. I sentimenti sono legami che continuano anche in assenza della persona alla quale siamo legati, che permettono di avvertire la presenza dell’assente. 
 

Anche se non è possibile rinunciare agli strumenti digitali, il cui uso va però certamente limitato, il cervello umano non è mai da sostituire: dobbiamo cercare una collaborazione tra il nostro cervello e la tecnologia. 


Vittorino Andreoli è uno psichiatra italiano. Laureatosi in Medicina presso l'Università di Padova, ha condotto ricerche sperimentali sull’encefalo presso l'Istituto di farmacologia dell'Università di Milano, lavorando successivamente presso il Department of Biochemistry di Cambridge, il Cornell Medical College di New York e la Harvard University; tali ricerche gli hanno consentito di postulare una correlazione tra plasticità encefalica e comportamenti devianti e di stabilire l’estrema labilità dei confini tra normalità e patologia. Fulcro dei suoi studi è stato il tema della pazzia come forma adattativa modulata sulla base dei campi esperienziali individuali e delle influenze provenienti dall’ambiente esterno; contribuendo a spezzare l’assunto lombrosiano della malattia mentale come degenerazione delle funzioni cerebrali, Andreoli ne ha indagato anche il ruolo contestativo e gli aspetti creativi. Saggista prolifico e abile divulgatore, della sua vastissima produzione vanno citati almeno: Un secolo di follia (1991); Voglia di ammazzare: analisi di un desiderio (1996); Istruzioni per essere normali: comprendere le follie quotidiane per dare armonia alla propria vita (1999); I miei matti. Ricordi e storie di un medico della mente (2004); La vita digitale (2007); L'uomo di superficie (2012); nel 2013, I segreti della mente, il saggio Il Gesù di tutti e il romanzo La quarta sorella, in cui svolge in chiave narrativa i temi del disagio esistenziale che caratterizzano la sua produzione scientifica; L'educazione (im)possibile. Orientarsi in una società senza padri e Il corpo segreto, entrambi editi nel 2014; nel 2015, Ma siamo matti. Un Paese sospeso fra normalità e follia, lucida analisi dei mali privati e collettivi che affliggono l'Italia, e il romanzo L'uomo senza identità; tutti nel 2016, La gioia di vivere. A piccoli passi verso la saggezza, il testo autobiografico La mia corsa nel tempo. Romanzo di una vita e La nuova disciplina del benessere. Vivere il meglio possibile; nel 2017, La gioia di pensare. Elogio di un’arte dimenticata, Le forme della bellezza, I principi della nuova psichiatria e Uomini di Dio. Un'indagine sui preti e il sacro; nel 2018, Il silenzio delle pietre, Beata solitudine. Il potere del silenzio e Homo stupidus stupidus. L'agonia di una civiltà; nel 2019, Il rumore delle parole e L'uomo col cervello in tasca; nel 2020, Una certa età. Per una nuova idea della vecchiaia, Le sorgenti del sogno. Un viaggio nella psiche umana e Fare la pace; nel 2021, La famiglia digitale. Come la tecnologia ci sta cambiando e Baby gang. Il volto drammatico dell'adolescenza.

 

Condividi