Salvatore Natoli. L'ontologia di Emanuele Severino

La critica della metafisica occidentale

Nel video Salvatore Natoli, intervistato in occasione del Convegno Sul fondamento della conoscenza, organizzato dall'ASES (Associazione di Studi Emanuele Severino),  in occasione della ripubblicazione dell’omonimo libro di Moritz Schilick, tradotto, introdotto e commentato da Emanuele Severino (Scholé Morcelliana 2021 – prima edizione 1963), che si è tenuto il 27 novembre 2021 a Brescia, presso il CCS (Centro Casa Severino), parla dell’ontologia di Emanuele Severino e della sua critica della metafisica occidentale. 

Emanuele Severino riprende un filo sotteso della tradizione filosofica che è centrata sulla dimensione della incontrovertibilità del vero, in un contesto pragmatista in cui c’è stata una rinuncia alla questione della verità o perlomeno un modo di trattare la verità sotto condizione. La dimensione del vero è stata radicalmente storicizzata, nel senso che ogni fase della storia del pensiero assume parametri di verità fungibili e questo è il contesto relativista nel quale la filosofia di Severino irrompe in maniera particolarmente forte. 

La verità coincide con l’evidenza, con l’assolutezza dell’essere. L’ontologia severiniana si oppone all’ontologia metafisica, che per Severino è una ontologia nichilista. Nella filosofia del XX secolo il superamento della metafisica è un tema dominante, si pensi a Carnap o ad Heidegger. 
Al contrario per Severino tutto è eterno, anche questa mia relazione non è qualcosa che sta accadendo i questo momento ma è un’apparizione dell’eterno, è da sempre e per sempre esistente, entra nell’apparire, ma è da sempre è fuori dal tempo. 

Quello che per noi è evento per Severino è apparizione dell’eterno, l’essere, ossia la totalità degli enti. Severino ritorna a Parmenide, ma se ne distanzia perché se per Parmenide l’essere è formale, mentre per lui è concreto, in quanto coincide con la totalità degli enti. Se le cose spariscono noi sperimentiamo la loro sparizione non il loro annullamento, perché per sperimentare l’annullamento dovrebbe essere presente l’annullamento, che invece non è un dato di esperienza. 

La critica alla metafisica parte dal post-parmenidismo, dalla “stirpe dei melissiani”, Severino si riferisce a Melisso di Samo, che diceva che dal nulla non può venire alcunché, una proposizione che formulata così è impropria perché assume il nulla per giustificare l’essere. 
La storia della metafisica occidentale, a partire da Melisso, è quella di pensare come possibile il passaggio dall’ente all’essere e dall’essere all’ente. L’occidente si sviluppa sull’idea che l’essere è manipolabile e questa contraddizione diventa storia. La tecnica è il culmine del nichilismo, perché c’è nella tecnica l’alienazione, l’illusione che l’essere sia manipolabile. 

C’è differenza però tra la critica della tecnica di Severino e la critica della tecnica dal punto di vista ecologista o heideggeriano, secondo cui la tecnica sarebbe suscettibile di correzione, limitando lo sfruttamento della natura. Questo per Severino non è concepibile, perché il voler correggere la tecnica ha a che fare con il volere e quindi è un atto nichilista. La critica di Severino alla tecnica va letta in chiave ontologica, è la critica allo sviluppo dell’occidente che nella tecnica trova il suo culmine. 

Severino nei primi scritti, al modo di Parmenide che faceva parlare la Dea, usava la formula “la verità dice”. Solo successivamente, entrato nel circolo generalizzato dei media, ha indebolito la forza di questo enunciato, cominciando a usare l’espressione “nei miei scritti”, che era già una soggettivazione della verità. 


Salvatore Natoli è stato a lungo professore di Filosofia teoretica presso l’Università di Milano-Bicocca. Attento alla ricostruzione delle linee fondamentali del progetto moderno, ha rivolto la sua attenzione al senso del divino nell’epoca della tecnica e alla possibilità di un’etica che sappia confrontarsi con il rapporto tra felicità e virtù e con gli aspetti della corporeità e del sacro, sottovalutati dal razionalismo classico. Tra i suoi libri: La felicità di questa vita. Esperienza del mondo e stagioni dell’esistenza (Milano 2000); Stare al mondo. Escursioni nel tempo presente (Milano 2002); Libertà e destino nella tragedia greca (Brescia 2002); La verità in gioco. Scritti su Foucault (Milano 2005); Sul male assoluto. Nichilismo e idoli nel Novecento (Brescia 2006); La salvezza senza fede (Milano 2007); Edipo e Giobbe. Contraddizione e paradosso (Brescia 2008); L’edificazione di sé. Istruzioni sulla vita interiore (Roma-Bari 2010); Il buon uso del mondo. Agire nell’età del rischio (Milano 2010); I comandamenti. Non ti farai né idolo né immagine (con P. Sequeri, Bologna 2011); Eros e philia (Milano 2011); L’educazione alla felicità (Reggio Emilia 2012); Le verità del corpo (Milano 2012); Perseveranza (Bologna 2014); Il linguaggio della verità. Logica ermeneutica (Brescia 2014); Le inquietudini della fede (Venezia 2014); Antropologia politica degli italiani (Brescia 2014); I nodi della vita (Brescia 2015); Il rischio di fidarsi (Bologna 2016); Scene della verità (Brescia 2018); L’animo degli offesi e il contagio del male (Milano 2018); Il fine della politica. Dalla «teologia del regno» al «governo della contingenza» (Torino 2019); Uomo tragico, uomo biblico. Alle origini dell’antropologia occidentale (Brescia 2019); L’uomo dei dolori (Bologna 2020); Sperare oggi (con F. Mosconi, Bologna 2021).