Massimo Iiritano. Gioacchino da Fiore

Il profeta della modernità

Nel video Massimo Iiritano, autore del libro Gioacchino da Fiore. Attualità di un profeta sconfitto, pubblicato da Rubbettino nel 2015, parla di Gioacchino da Fiore, monaco cistercense ed esegeta (Celico 1145 circa - San Giovanni in Fiore, 1202).
Le immagini, interpretazioni del Liber Figurarum di Gioacchino da Fiore, sono state gentilmente concesse dall'artista calabrese Sisetta Zappone

Gioacchino da Fiore è un personaggio centrale nella cultura occidentale, un profeta della modernità.

È stato definito da Karl Loewith colui che per primo ha dato una svolta alla visione teologico filosofica medievale della storia aprendo alla modernità. Karl Loewith nel suo testo Significato e fine della storia inserisce Gioacchino da Fiore nel confronto e nella rottura con Agostino, Gioacchino ed Agostino si confrontano a distanza di secoli sul verso dell'Apocalisse che parla della venuta del millennio precedente alla fine del mondo e che aveva animato nel Medioevo forti tensioni. Gioacchino ribalta l’interpretazione agostiniana, considerando il millennio un tempo della storia, che deve essere atteso sulla terra, un tempo che verrà alla fine della storia.
C’è un tempo storico, definito da Gioacchino da Fiore la terza età della storia, ossia l’età dello spirito, in cui è possibile prefigurare una Gerusalemme celeste che si realizza nella storia, un tempo finale della storia come tempo di pienezza. La storia quindi è intesa da Gioacchino da Fiore come il tempo in cui è possibile avvicinarsi alla pienezza promessa dal Regno di Dio. si tratta di un ribaltamento che è all’origine della filosofia della storia moderna e dell’idea di progresso. 
La verità delle Scritture è intesa da Gioacchino da Fiore come una verità destinata a rivelarsi storicamente e l’Apocalisse non è più un testo da temere ma un testo da studiare per ritrovare i segni di una verità che sta per avverarsi nella storia. 
Gioacchino da Fiore utilizza le figure, immagini dialettiche che ci consentono di vedere in un istante e ad ogni istante le verità della storia. Il Liber figurarum di Gioacchino da Fiore è un testo straordinario in cui vengono messe insieme queste figure, che ritroviamo centrali nella Divina Commedia di Dante. 
Nel cristianesimo di Dante il pensiero di Gioacchino da Fiore, definito "l’abate calabrese di spirito profetico dotato", è fondamentale. Dante crede veramente che Gioacchino da Fiore abbia visto profeticamente qualcosa che si sta realizzando nella storia del cristianesimo. Anche il francescanesimo, non quello di Giotto, che diventa  in qualche modo ecclesiastico ma quello di Dante, che è ancora “rivoluzionario”, dei movimenti spirituali che attinsero a piene mani dall’ispirazione gioachinita. 
 

Al volgere del XII secolo - quando sono passati ormai più di ottocento anni dalla scrittura del De Civitate Dei - tocca dunque all'abate Gioacchino, dal suo oramai conquistato eremo spirituale di Fiore, ricapitolare i termini di una rivoluzione ermeneutica che si fa contestualmente lettura del presente e profezia del tempo che viene. 
Massimo Iiritano

Il pensiero e le figure di Gioacchino da Fiore vanno ripensati a partire da una simile concezione escatologico-messianica della storia, o della verità come esperienza storica. Concezione che consiste, in quest'ottica profetica, nel pensare la storia come ancora avvenire: non semplicemente la storia che verrà, ma tutta la storia. Di metterla in tensione con un tempo oltre il tempo - terzo status gioachimita, che è ancora storia, eppure è già al di là della storia. Epoca della verità, o ancora meglio verità che si fa epoca. 
Massimo Iiritano

 

Quanto ai mille anni - aveva scritto, infatti, Agostino - mi vengono alla mente due interpretazioni possiibili. Si possono spiegare in quanto il fatto avviene negli ultimi mille anni, ossia nell'ultimo millennio quasi fosse il sesto giorno, di cui stanno passando ora le ultime frazioni, e a cui seguirà il sabato senza sera, ossia il riposo senza fine dei santi.
Gioacchino da Fiore

 

Anche se non posso credere di essere sapiente, se non per stupidità, tuttavia non potrei scusarmi di ignorare ciò che sono tenuto a dire, se non per falsità. Parlerò quindi come potrò, nel caso contrario indicherò con dei cenni (nutibus indicabo). E se non posso imitare gli uomini, imiterò l'animale senza intelligenza, o altrimenti l'uomo privo di parola, che a cenni va indicando ciò che ha visto. 
Gioacchino da Fiore

Duo igitur significantia sunt unum significatum: duo Testamenta unus spiritualis intellectus. 
Gioacchino da Fiore



Massimo Iiritano, dottore di ricerca in Filosofia della religione all’Università di Siena-Arezzo, ha svolto attività didattica e di ricerca presso diverse Università, italiane e straniere. E’ stato docente incaricato di Antropologia delle religioni all’Università per Stranieri di Perugia, ha collaborato con la cattedra di Estetica dell’Università di Perugia e con la cattedra di Filosofia delle religioni dell’Università di Siena-Arezzo. Attualmente è docente di ruolo nella scuola pubblica e collabora con l’OSCOM (Osservatorio per la Comunicazione dell’Università Federico II di Napoli), con l’UNICAL (cattedra di filosofia politica) e con il centro di ricerca ICONE (Università San Raffaele di Milano), Presidente dell’associazione nazionale Amica sofia, è anche membro del Comitato di Indirizzo del Consiglio di Corso di Studio unificato in Filosofia e Storia, Scienze Filosofiche e Scienze Storiche dell’UNICAL. È stato allievo e collaboratore, tra gli altri, di Sergio Quinzio, Bruno Forte, Sergio Givone, Massimo Cacciari.
Tra i suoi volumi monografici, ricordiamo: Utopia del tramonto. Identità e crisi della coscienza europea, introduzione di M. Cacciari, Dedalo 2004; Teologia dell’ora nona. Il pensiero di Sergio Quinzio tra fede e filosofia, introduzione di A.G. Quinzio, Città Aperta 2006, seconda edizione Castelvecchi 2021; Dissoluzioni. La crisi dell’esperienza estetica tra arte e filosofia, prefazione di S. Givone, Rubbettino 2011; Gioacchino da Fiore. Attualità di un profeta sconfitto, Rubbettino 2015; Il dono di Prometeo, Diogene 2017. Ha curato e introdotto la prima traduzione italiana dell’opera Agli Ebrei di Gioacchino da Fiore (Rubbettino 1998, con prefazione di Bruno Forte) e l’antologia di scritti di estetica e filosofia della religione di R. G. Collingwood, con il titolo Lo svanire della ragione (Bonanno 2014).