Pensare il limite. L'intelligenza artificiale e la tecnocritica del presente

Nel video Alberto Pirni, professore di Filosofia morale presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, espone i punti essenziali del suo intervento al convegno I limiti e oltre, che si è tenuto a Roma dal 28 al 30 settembre 2023, nella sede della Pontificia Università Gregoriana.

 

Il contributo intende elaborare una nozione di limite che possa dirsi adeguata a pensare le sfide lanciate dal crescente impatto dell’intelligenza artificiale su ogni dimensione del nostro vivere quotidiano. 


In particolare, si propone di rielaborare la distinzione proposta da Kant nel paragrafo 57 dei Prolegomeni ad ogni futura metafisica che intende presentarsi come scienza. In quella sede, riferendosi alla necessità di pensare il limite alla metafisica come scienza, ovvero, nei suoi termini, alla conoscenza scientifica, prospetta due significati di limite. Tale concetto viene così inteso da un lato, come Schranke, dall’altro, come Grenze. La prima significazione indica il limite che chiude un ambito fisico o teorico, per così dire, dall’interno; la linea ultima di possibile riferimento; quella significazione di limite pone un margine in alcun modo superabile. Diversamente, il limite nella sua accezione di Grenze chiude, ma al tempo stesso lascia comprendere l’oltre di sé. È appunto, come una frontiera, che divide e, al tempo stesso, unisce due possibili territori. 
Entrambe le significazioni possono essere proposte come terreno di riferimento teorico in riferimento all’intelligenza artificiale nel suo insieme per due differenti indagini, guidate al fondo da un’unica preoccupazione etica. 

Da un lato, è opportuno porre Schranken: bisogna credo avere il coraggio di dire “no”, ovvero di stabilire alcuni confini di esclusione dall’impiego dell’intelligenza artificiale, innanzitutto sul singolo soggetto umano. Ciò, innanzitutto, per rispettarne la dignità, l’integrità mentale e capacità di auto-realizzazione, anche quando questa possa dirsi limitata da diversi fattori. È un terreno molto delicato, che tuttavia va percorso, pena il subire applicazioni e conseguenze non facili da poter essere gestite, una volta generate. 

Dall’altro lato, può essere opportuno ripercorrere la plausibilità di Grenzen, ovvero stabilire delle zone di confine, “territori” decisionali ed operativi rispetto ai quali strutturare un “accesso guidato” e pur sempre consapevole dell’intelligenza artificiale, potenzialmente estendibile ma pur sempre monitorabile.

Si tratta, in prima approssimazione, di poter elaborare una decisione senza alcun ausilio di devices o elementi riferibili all’intelligenza artificiale. In seconda approssimazione, si tratta di porre a confronto la performance ricavata senza utilizzo di intelligenza artificiale con quella ricavata attraverso intelligenza artificiale. Si tratta, infine, di esaminare quanto il totale affidamento all’ intelligenza artificiale per la soluzione di un problema possa comportare un effettivo valore aggiunto al risultato complessivo. L’esito di ciascuno dei tre ambiti, perseguito in maniera opportunamente guidata, deve poter essere registrato e poter essere confrontabile. Si tratta, in questi termini, di acquisire un monitoraggio di dati, un confronto, una loro analisi critica, volta a stabilire percorsi condivisi di utilizzo guidato e consapevole.
Provando ad abbracciare in uno sguardo d’insieme la prospettiva qui solo evocata, si tratta, tenendo insieme entrambi i punti di vista e gli ambiti operativi, di elaborare le linee principali di un’etica critica (nel senso della kantiana critica della ragione), che si rivolga ad ogni forma di impiego della tecnologia riferibile all’intelligenza artificiale. 

Se condotta con l’opportuna qualificazione teoretica, tale percorso inaugura una tecnocritica del presente che appare ogni giorno più urgente e, sistematicamente, ogni giorno invitata a sfidare il confine, il Grenze dell’approssimazione al meglio, in parallelo a quanto la tecnologia, nel suo insieme, non cessa di proporre con inesauribile forza. È un compito, credo, dal quale la filosofia del nostro tempo, forse di ogni tempo, non può permettersi di sottrarre energia.