Massimo Iiritano. Fragilità di un Dio

Inquietudini religiose del nostro tempo

Nel video Massimo Iiritano parla del suo libro Fragilità di un Dio. Inquietudini religiose del nostro tempo, pubblicato nel 2024 da Mimesis. 

Iiritano riprende il tema classico della fragilità del Dio ebraico cristiano, dove per fragilità intende quella che Sergio Quinzio aveva definito “la possibilità inquietante della sconfitta di Dio”, la fragilità di un Dio che si mette in gioco e partecipa alla storia della salvezza in maniera concreta. 

Il libro inizia con un dialogo tra l’autore e il filosofo Sergio Givone sulla tragica necessità di salvare gli uomini dal confronto insostenibile con la propria mortalità.  

Non c’è Dio e non c’è male, solo vaga oscurità.
Baustelle  

Una visione consapevolmente lucreziana dell’esistenza, declinata in maniera delicata attraverso i moti musicali delle nostre emozioni più irrinunciabili e profonde


Come non bastasse l’esistenza e l’eco che fa.
Baustelle
 

Vivere è sofferenza, mi diceva una mia alunna qualche tempo fa. Non basta la ricetta epicurea e neppure quella schopenaueriana: rimane, nel profondo, questa traccia lucidamente leopardiana e lucreziana, che echeggia in questi passaggi dei Baustelle.

Quella che possiamo ritrovare in un altro interprete appassionato del nostro tempo, come Manlio Sgalambro, ad esempio, con il suo “De mundo pessimo” e con la sua ricerca tenerissima e ostinata di “consolazione”.
Non a caso la musica: come Sgalambro con Battiato, qualche tempo fa; come De Andrè con l’antologia di Spoon River, e tanto altro.

In origine, il nulla dunque. Poi la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non sono riuscite ad afferrarla, ad acchiapparla, a comprenderla. La sfumatura di significato è davvero notevole: nel primo caso, infatti, si tratta di una luce che non può essere “accolta” dalle tenebre di un male che rimane comunque impenetrabile, altro, incapace di accogliere in sé il bene. Vi è un’impenetrabilità del male, dell’oscurità, che nessuna luce, seppure divina, potrà mai vincere. 
Nel secondo caso, la situazione appare ribaltata di significato: la luce splende nell’oscurità, e l’oscurità non riesce ad afferrarla, a vincerla, a spegnere il suo chiarore, la sua luminescenza 

In quella straordinaria e stratificata poesia che è la preghiera che lui stesso insegna a coloro che fiduciosi e rapiti stanno ad ascoltarlo, nella lingua che gli è propria, che noi non sapremo mai letteralmente “tra-durre” nelle nostre, Gesù di Nazareth, il figlio di Giuseppe il falegname, ci sta quindi forse dicendo altro. Ci sta riportando ai padri della sua stessa fede, a quel Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe… ma anche di Giobbe e di Giona, che nella lotta originaria e costante contro il Principe di questo mondo avverte spesso la necessità di “mettere alla prova” il suo popolo. “Padre nostro, che sei nei cieli… non condurci dinanzi alla prova”: se possibile, fa che non siamo noi, miseri e fragili mortali, a dover testimoniare dinanzi alla prova del paradosso assoluto la forza di una fede per la quale, piuttosto, tu stesso ci insegni a pregare: “Signore, credo, perdona la mia incredulità” (Mc 9, 14-29). Come tu stesso hai fatto, nel buio e nella solitudine del Gethsemani quando, con “sudore di sangue”, hai invocato così il Padre celeste: “Padre, se puoi, allontana da me questo calice…” (Lc 22, 23- 24). O quando infine, nell’ora nona hai osato gridare: “Heloi, Heloi, lema sabacthani?”

 

Scenari catastrofici appunto, mai “apocalittici”: poiché nel loro dispiegarsi non vi è traccia alcuna di senso e direzione ultima, di verità che si disvela (apò-kalupto). Ciò che manca è, appunto, proprio la speranza. Sarà allora proprio il tragico realizzarsi, dinanzi ai nostri occhi, di quegli scenari fin qui solo virtualmente immaginati, a rompere questo guscio e ridestare in noi quella Speranza più audace? Potremo di nuovo temere e sperare, come un tempo dinanzi a tali catastrofi, che la fine possa rivelarsi paradossalmente anche un “fine”?


Massimo Iiritano, dottore di ricerca in Filosofia della religione, è stato docente incaricato di Antropologia delle religioni all’Università per Stranieri di Perugia, insegna Istituzioni di Storia della filosofia presso l’Istituto Universitario G. Pratesi. Collabora con la cattedra di Estetica dell’Università degli Studi di Perugia e con la cattedra di Filosofia delle religioni dell’ateneo di Siena-Arezzo. Attualmente è docente di ruolo nella scuola pubblica e collabora con l’Osservatorio per la Comunicazione dell’Università Federico II di Napoli (OSCOM), con la cattedra di filosofia politica dell’Università della Calabria e con il centro di ricerca ICONE (Università Vita-Salute San Raffaele). È presidente dell’associazione nazionale Amica Sofia ed è stato allievo e collaboratore, tra gli altri, di Sergio Quinzio, Bruno Forte, Sergio Givone, Massimo Cacciari