Confessioni di un italiano secondo Livio Garzanti

A 160 anni dalla morte di Ippolito Nievo

Per Livio Garzanti intervistato da Antonio Debenedetti, Le confessioni di un italiano di Ippolito Nievo è un libro molto importante per la civiltà italiana perché dà spazio a momenti significativi della nostra storia. È inoltre straordinario, sempre secondo Garzanti, quel rapporto tra arte e vita vissuta che l’autore riesce a creare, scrivendo per riflettere su sé stesso e su ciò che avviene intorno a lui negli anni  in cui l’Italia si accinge ad unificarsi. Nievo scrisse molto giovane il voluminoso romanzo, prima di partire per la Sicilia con le giubbe rosse di Garibaldi. Nelle Confessioni Garzanti ravvisa la stessa “festa della vita autentica” che autori come Beppe Fenoglio e Pier Paolo Pasolini hanno saputo esprimere attraverso le loro opere nel dopoguerra, proprio perché, come Nievo, hanno preso parte attivamente alla storia di cui scrivono. Lo scritto venne pubblicato postumo, nel 1867, senza che l’autore avesse modo di riesaminarlo. “Compito dell’editore" - dice Garzanti - "è far conoscere, oltre ai libri nuovi, anche opere letterarie che dovrebbero essere più presenti nella nostra civiltà".

Io vissi i miei primi anni nel castello di Fratta, il quale adesso è nulla piú d'un mucchio di rovine donde i contadini traggono a lor grado sassi e rottami per le fonde dei gelsi; ma l'era a quei tempi un gran caseggiato con torri e torricelle, un gran ponte levatoio scassinato dalla vecchiaia e i piú bei finestroni gotici che si potessero vedere tra il Lemene e il Tagliamento. In tutti i miei viaggi non mi è mai accaduto di veder fabbrica che disegnasse sul terreno una piú bizzarra figura, né che avesse spigoli, cantoni, rientrature e sporgenze da far meglio contenti tutti i punti cardinali ed intermedi della rosa dei venti.

Ippolito Nievo nasce a Padova il 30 novembre 1831 da padre di nobile famiglia mantovana e madre proveniente dal patriziato veneziano. Nell'infanzia e nell'adolescenza vive tra il Friuli, il Veneto e la Lombardia. Sutdia diritto. Partecipa ai moti insurrezionali di Mantova nel '48. Nel '57, colpito da un mandato di cattura della polizia austriaca, fugge a Milano, dove lo richiama la preparazione del decennio che sfocia nel '59. Dopo un’intensa attività patriottica, è (1860-61) colonnello, vice-intendente, poi intendente, della spedizione dei Mille. Muore nel Mar Tirreno il 4 marzo 1861.