Lorenzo Milani raccontato dai suoi allievi

Con una testimonianza di Pier Paolo Pasolini

Un bilancio dell’esperienza maturata da Don Lorenzo Milani nella scuola di Barbiana. Gli ex allievi testimoniano l’influenza che la loro appartenenza alla scuola di Barbiana e la vicinanza al sacerdote hanno avuto sulle successive scelte professionali ed esistenziali. Interessante è il contributo, fornito in un filmato d’archivio, di Pier Paolo Pasolini, il quale, sottolineando la vitalità e lo straordinario valore sociale di Lettera a una professoressa, non manca di individuarne il limite, che è insieme la traccia di un successivo approfondimento e che consiste nell’aver ignorato la comune matrice di quelle due culture, contadina e piccolo borghese, che nel libro vengono contrapposte. Gli stessi ex allievi, dopo aver espresso il loro tributo alla scuola di Don Milani, si misurano con i propri insuccessi personali, la caduta delle illusioni legate ai limiti del pensiero del sacerdote e alle difficoltà di trasferire altrove quella singolarissima e irripetibile esperienza.

Se si perdono i ragazzi la scuola non è più scuola, è un ospedale che cura i sani e respinge i malati


Lorenzo Milani nasce a Firenze il 27 maggio 1923 in una colta famiglia borghese, figlio di Albano Milani e di Alice Weiss di origine israelita. Nel 1930 da Firenze la famiglia si trasferisce a Milano dove studia fino alla maturità classica. Dall’estate del 1941 si dedica alla pittura, iscrivendosi dopo qualche mese di studio privato all’Accademia di Brera. Nell’ottobre 1942 la famiglia Milani torna a Firenze e Lorenzo incontra don Raffaello Bensi, il sacerdote fiorentino che da allora è il suo direttore spirituale. Nel 1943 entra in Seminario Maggiore di Firenze. Dal 1947 è a San Donato di Calenzano, dove fonda una scuola popolare serale per i giovani operai e contadini della sua parrocchia. Il 14 novembre 1954 viene nominato priore di Barbiana, una piccola parrocchia di montagna. Dopo pochi giorni comincia a radunare i giovani della nuova parrocchia in canonica con una scuola popolare simile a quella di San Donato. Nel maggio 1958 dà alle stampe Esperienze pastorali, che nel dicembre dello stesso anno è ritirato dal commercio per disposizione del Sant’Uffizio. Nel dicembre 1960 viene colpito dai primi sintomi del male (linfogranuloma) che sette anni dopo lo porta alla morte. Nel febbraio 1965 scrive una lettera aperta ad un gruppo di cappellani militari toscani, che in un loro comunicato hanno definito l’obiezione di coscienza “estranea al Comandamento cristiano dell’amore e espressione di viltà”. La lettera è incriminata e lui è rinviato a giudizio per apologia di reato. Al processo, che si svolge a Roma, non può essere presente a causa della sua grave malattia; invia ai giudici un’autodifesa scritta. Il 15 febbraio 1966, il processo in prima istanza si conclude con l’assoluzione, ma su ricorso del pubblico ministero, la Corte d’Appello quando don Lorenzo è già morto modifica la sentenza di primo grado e condanna lo scritto. Nel luglio 1966 insieme ai ragazzi della scuola di Barbiana inizia la stesura di Lettera a una professoressa. Muore a Firenze il 26 giugno 1967 a 44 anni.