Stefano Carrai: Umberto Saba e Trieste

Una riflessione sul rapporto tra scrittore e città natale

Città vecchia è una dichiarazione di amore di Umberto Saba alla propria città, Trieste, che da una parte offre la dolcezza dei colli ma dall'altra una natura scostante per tanti aspetti. Una passeggiata nell’antico ghetto ebraico e tra la sua varia umanità è il punto di partenza di questa poesia. A sessant’anni dalla morte di Umberto Saba, Stefano Carrai ne ha ricostruito il profilo biografico e l’evoluzione poetica nel volume Saba, pubblicato da Salerno editrice.

Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un'oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.
Qui tra la gente che viene che va
dall'osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l'infinito
nell'umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane impazzita
d'amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s'agita in esse, come in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.

Stefano Carrai è nato a Firenze nel 1955. È professore ordinario di Letteratura Italiana presso l’Università degli Studi di Siena. Ha insegnato, a vario titolo, nelle Università di Trento, Leida, Ginevra e Nancy. Tra i suoi libri: Dante elegiaco. Una chiave di lettura per la «Vita nova», 2006; Il caso clinico di Zeno e altri studi di filologia e critica sveviana (2010), Saba (2017).

Umberto Saba è lo pseudonimo di Umberto Poli (Trieste 1883 - Gorizia 1957); di famiglia ebraica dal lato materno, viene avviato agli studî commerciali, e per molto tempo è direttore e proprietario di una libreria antiquaria a Trieste. I suoi primi versi risalgono al 1900 ma il primo libro, Poesie, è del 1911; seguono: Coi miei occhi (1912), Cose leggere e vaganti (1920), Il Canzoniere (1921; ed. crit. a cura di G. Castellani, 1981), Preludio e canzonette (1922), Figure e canti (1926), Preludio e fughe (1928), Tre composizioni (1933), Parole (1934), Ultime cose (1944), poi tutti raccolti nell'ediz. definitiva del Canzoniere (1945); e quindi Mediterranee (1947), Uccelli - Quasi un racconto (1951). Scrive anche alcune prose fra narrative e liriche: Scorciatoie e raccontini (1946), Ricordi-racconti (1956) e Storia e cronistoria del Canzoniere (1948), contributo alla critica di sé stesso; postumo (1975; nuova ed. 1995) viene pubblicato un romanzo incompiuto, Ernesto, scritto nel 1953. La sua poesia, autobiografica proprio nel senso di intimo diario e confessione, è di un tono medio, fra il cantato e il parlato, fra l'aulico e il popolaresco, fra l'alta lirica (dai vaghi echi leopardiani) e la canzonetta. Del suo epistolario, oltre al carteggio con Quarantotti Gambini (Il vecchio e il giovane, 1965) e a singoli gruppi di lettere pubblicati sparsamente, si può leggere l'edizione a cura di A. Marcovecchio, La spada d'amore. Lettere scelte 1902-1957 (1983).