Emanuele Trevi, La casa del mago

In memoria del padre

Al centro della Casa del mago, il romanzo di Emanuele Trevi pubblicato da Ponte alle Grazie, c’è la figura paterna. Trevi parte da un viaggio alla Biennale di Venezia insieme al padre, fatto quando lui aveva nove o dieci anni; la madre gli aveva dato istruzioni nel caso si perdesse, dicendogli che erano mal assortiti (“un adulto che non si cura mai del prossimo e un bambino con che sta sempre con la testa tra le nuvole”) e in effetti Emanuele si perde e viene riaccompagnato in albergo in motoscafo dai carabinieri. Da adulto rifà lo stesso viaggio con il padre e di nuovo incappano in una brutta avventura: stavolta sono i ladri che li rapinano nel vagone letto per colpa di Emanuele che non chiude a chiave lo scompartimento; il padre non si scompone e osserva che solo ciò che si ripete due volte ha un significato. Nel libro Trevi padre è rievocato come un uomo enigmatico e amatissimo, uno studioso serio e concentrato, un guaritore di anime immerso in un suo mondo da cui fa moltoafatica a staccarsi; per contro il figlio non fa che sottolineare la propria superficialità, inerzia, segnando la distanza dal modello paterno. Teatro della narrazione è la casa in cui Trevi padre riceveva i suoi pazienti, che diventa la casa del figlio, dopo un periodo di rodaggio in cui a tenere a bada i fantasmi che sembrano popolarla, accanto al nuovo proprietario, ci sono due donne peruviane, “la Degenerata”, una pulitrice che sparge “una patina di sciatteria ovunque” e Desideria, una quarantenne dai facili costumi e dal carattere imperturbabile. Una scrittura in cui il dolore per la perdita si mescola alla dolcezza del ricordo e all’ironia verso sé stesso e  i casi della vita: un grande esempio di autofiction dal doppio registro comico e drammatico.

La consapevolezza della morte è come il centro di ogni tipo di scrittura, e in particolare di quella autobiografica. Si potrebbe arrivare a dire che di qualsiasi cosa apparentemente parli la scrittura, questo muco dell’Io, il suo unico argomento reale è la morte. L’Io è il suddito fedele, il premuroso paggio della morte.


Emanuele Trevi è nato a Roma nel 1964. Ha tradotto e curato edizioni di classici italiani e francesi. Ha esordito con Istruzioni per l’uso del lupo (Castelvecchi 1994). Redattore di Nuovi Argomenti, ha fatto parte della giuria del premio Calvino nel 2001, e del premio Alice 2002. Nel 2012 esce per Ponte alle Grazie il libro Qualcosa di scritto.È stato editor per Fazi e ha collaborato con la casa editrice Quiritta. Tra i suoi libri: Musica distante (Mondadori 1997), Figuracce (Einaudi 2014), Il popolo di legno (Einaudi Stile Libero 2015), Sogni e favole (Ponte alle Grazie 2019), Viaggi iniziatici (UTET 2021) e Due vite (Neri Pozza 2021) vincitore del Premio Strega nel 2021.