Vito Di Battista, Il buon uso della distanza

Splendori e miserie del mondo editoriale

Parigi, 1976: Pierre lavora in una casa editrice, ha pubblicato un romanzo e ha appena ricevuto un rifiuto per il suo secondo libro. La lettera di una certa Madame lo proietta in una nuova realtà: potrà scrivere quello che vuole usando gli spunti che lei gli fornirà, sarà pagato per questo e le uniche condizioni da rispettare sono quella di pubblicare ogni volta sotto pseudonimi diversi e non tentare di incontrarla di persona. Comincia così Il buon uso della distanza, il romanzo di Vito di Battista uscito da Gallucci. Un metaromanzo che indaga, attraverso la sua trama articolata, vari aspetti del mondo editoriale: dall’ego degli scrittori, alla fabbrica dei best seller, dall’importanza dei critici a quella delle voci che si spargono intorno agli esordi. Tramite tra Madame e Pierre è un’anziana prostituta di nome Colette che stringe con il giovane un rapporto di amicizia; poi ci sono Nadine, una cinquantenne che chiede aiuto a Pierre per finire il suo libro, i figli di lei, Louis ed Eva, e c’è l’amico Philippe con i suoi segreti e la sua fidanzata Claire. Le miserie dell'editoria attraverso un personaggio che finisce per incarnare in sé il peggio del mondo da cui è così attratto.

Le scrivo perché vorrei farle un dono, così che non debba mai soffrire delle congiure inevitabili del mondo in cui si è affacciato per senso del dovere nei confronti del suo talento. 


Vito di Battista è nato nel 1986 in un paese d’Abruzzo e vive a Bologna. Agente letterario, editor e traduttore, ha scritto su Futura, la newsletter del Corriere della Sera, e su Nuovi Argomenti. Il suo primo romanzo, uscito nel 2018, è L’ultima diva dice addio.