Tra storia e futuro

L'Orchestra Sinfonica e il Coro di Torino della Rai

Il cinquantesimo anniversario della fondazione è l’occasione per fare il punto sul passato e sulle prospettive future dell’Orchestra Sinfonica e del Coro di Torino della Rai. È il 1982, e numerose personalità del mondo della musica e della cultura, tra le quali Giovanni Arpino, Goffredo Petrassi e Luciano Berio, rispondono alle domande dell’intervistatore: il contesto è quello del documentario Auditorium: l'Orchestra di Torino della Rai tra storia e futuro. Tra un intervento e l’altro, alcuni momenti delle prove di concerti.

I miei rapporti con l’Orchestra di Torino sono sempre stati molto intensi, affettuosi e di alto livello. Perché di alto livello? Perché a quei tempi, l’Orchestra di Torino si poteva veramente considerare la prima orchestra sinfonica italiana. Nel periodo in cui è stato direttore Mario Rossi, l’Orchestra di Torino era addirittura splendente per la bellezza del suono e per la qualità timbrica degli strumenti
Goffredo Petrassi


L’Orchestra Sinfonica e il Coro di Torino della Rai
Preceduta da ensemble non stabili, l’Orchestra di Torino dell’EIAR nacque dopo aver assorbito il complesso di Milano. La programmazione iniziò nel 1932, ma la prima stagione regolare fu quella del 1933, inaugurata il 6 gennaio da Ottorino Respighi nelle vesti sia di direttore, sia di compositore. I primi responsabili artistici, che si spartirono gli oneri e gli onori di ricchissimi cartelloni, furono tre: Ugo Tansini, specialista del repertorio operistico, Arrigo Pedrollo, compositore, dotato di un forte bagaglio professionale nazionale e internazionale, e Alceo Toni, convinto sostenitore del potere educativo della radio.

Fin dagli esordi, tra i direttori ospiti figurarono personalità d’indiscusso prestigio: Richard Strauss, Igor Stravinsky, Victor De Sabata, Otto Klemper, Hermann Schrerchen. In seguito, Igor Markevitch, Wilhelm Furtwängler, Georges Prêtre, Bruno Maderna, Herbert von Karajan, Sergiu Celibidache, Claudio Abbado, Giuseppe Sinopoli. Nel 1946, sul podio dell’orchestra sabauda salì l’uomo che l’avrebbe forgiata per oltre venti anni: Mario Rossi, allievo di Respighi e pupillo di Arturo Toscanini. Per il coro, alter ego di Rossi fu Ruggero Maghini, direttore dal 1950.

Rossi rivelò immediatamente una particolare sensibilità nei confronti della musica contemporanea. Il concerto d’esordio comprendeva, oltre alla Sinfonia n. 2 di Beethoven, opere di Maurice Ravel e di Manuel de Falla. Poco dopo, diresse il Magnificat di Petrassi e la Sinfonia n. 4 di Gustav Mahler; nel 1948, portò per la prima volta in Italia il Concerto n. 3 per pianoforte di Béla Bartók e, poi, Gian Francesco Malipiero e Luigi Cortese.

Nel 1952, Rossi fu insignito del “Premio Arnold Schönberg” proprio per la sua attività al servizio della nuova musica. Nel 1960, arrivò, invece, all’orchestra e al coro, il “Premio Viotti d’Oro” per le memorabili tournée (fin dal 1947) in Inghilterra, Belgio, Svizzera, Francia, Polonia, Germania, Austria. Coi propri professori, considerati quasi alla stregua di figli, il Maestro instaurò un legame solido, sia professionalmente che affettivamente. Una relazione ben rappresentata da una lettera inviata loro il 20 giugno 1951, subito dopo un’esibizione a Strasburgo:

A voi tutti dell’Orchestra Sinfonica invio il mio saluto ed il mio grazie per la perfetta e magnifica collaborazione nel concerto di Strasburgo. [...] È inutile sia io a dire l’importanza di queste manifestazioni all’estero nei riguardi dell’Orchestra stessa; ma quello che io, personalmente, voglio aggiungere è il sentimento di ammirazione sincera e di gratitudine viva che provo per voi tutti
Mario Rossi