L'impresa che diventa tragedia

La Tenda Rossa e la drammatica vicenda del dirigibile Italia

Rivediamo una puntata del programma quotidiano Il Tempo e la Storia, dedicata alla vicenda del dirigibile Italia. Un gruppo di uomini dispersi tra i ghiacci per quarantotto giorni, un contorno di polemiche, tradimenti e riabilitazioni e un protagonista che a distanza di un secolo è ancora discusso: Umberto Nobile. Svelare il mistero della 'Sfinge polare', è una delle immagini poetiche che i grandi esploratori usavano per descrivere la loro missione. In tanti hanno provato ad avvicinarsi al Polo Nord via mare, successivamente è stato introdotto l’apporto delle slitte trainate dai cani ma solo con l'arrivo dei dirigibili, definiti i mezzi “più veloci dell’aria” l'impresa diventa possibile. I voli delle aeronavi Norge del 1926 e Italia del 1928 sono stati frutto di una preparazione tecnica e scientifica di avanguardia per quei tempi, ma, date le difficoltà, gli incidenti di percorso sono stati numerosi. E la tragedia del dirigibile Italia e della tenda rossa hanno riempito le cronache dei tempi. Tutto ha inizio a ritorno dalla trionfale spedizione “The Amundsen-Ellsworth-Nobile Transpolar Flight” nel 1926 tra i clamori dei festeggiamenti e delle cerimonie in cui viene coinvolto Nobile. L’entusiasmo e la gloria fascista da poco consolidatasi, spingono all’idea di nuovi progetti questa volta completamente di matrice italiana. Il Duce però in un primo momento pensa alla preparazione di un volo con un’aeronave da Roma a Rio de Janeiro. Nobile invece sin dalla spedizione del 1926 è convinto dell’importanza di sfruttare l’hangar costruito alla Baia del Re e i piloni impiantati in Norvegia. Individua anche il dirigibile migliore per questo nuovo viaggio polare: si tratta dell’aeronave in costruzione di 55000 metri cubi, tre volte più grande del Norge e capace di compiere voli senza scalo attraverso la regione polare. Nell’ottobre 1927, dopo prime resistenze, Italo Balbo manda a chiamare il generale, comunicandogli l’assenso del Duce per una nuova spedizione. L’obiettivo è quello di compiere una serie di voli esplorativi in una zona compresa tra l’estremità settentrionale della Groenlandia e la Siberia. Porre la bandiera italiana al Polo e allestire un campo base di studio e di misurazione delle temperature. L’equipaggio è composto da diciotto persone, di cui sette già hanno partecipato al viaggio trionfale del Norge.

Poco dopo la mezzanotte del 24 maggio 1928 l’Italia raggiunge il Polo Nord: ad un centinaio di metri da terra vengono tirati giù il tricolore e una gran croce di quercia ricevuta dal pontefice Pio XI

Nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1928 il dirigibile Italia parte da Milano, diretto sul Mar Baltico. Il programma prevede tre voli polari una volta raggiunta la Baia del Re: il primo nella regione della Terra del Nord e due al Polo. Poco dopo la mezzanotte del 24 maggio 1928 l’Italia raggiunge il Polo Nord: ad un centinaio di metri da terra vengono tirati giù il tricolore e una gran croce di quercia ricevuta dal pontefice Pio XI. L’aeronave riparte circa due ore dopo incappando in una bufera: perde la direzione e per i danni riportati a causa del forte vento si schianta inizialmente sul pack, per poi riprendere quota e perdersi definitivamente con a bordo sei persone dell’equipaggio. I nove superstiti scaraventati a terra e in parte feriti ritrovano tra le macerie un sacco contenente alcune attrezzature di emergenza e una tenda, in seguito colorata di rosso con l’anilina per renderla più visibile ai soccorritori. A breve distanza rinvengono una piccola stazione radiotelegrafica con la quale proveranno a chiedere soccorso e anche viveri sufficienti per sopravvivere poco tempo. Il 6 giugno vengono finalmente intercettati da un radioamatore russo e cominciano finalmente a comunicare. Una prima spedizione svedese parte con tre aerei e una nave d’appoggio. Dall’Italia prendono il volo due idrovolanti e salpa anche un rompighiaccio sovietico, il Malyghin. La ricerca non è facile a causa delle insignificanti dimensioni della tenda rispetto agli sterminati ghiacci. Il primo a raggiungerli è un piccolo velivolo che ha l’ordine tassativo di recuperare il generale Nobile, così poi da coordinare il salvataggio di tutti gli altri. Si susseguono tragici episodi nei vari tentativi di recuperare gli altri superstiti che vengono in parte recuperati con l’aiuto della nave rompighiaccio russa Krassin. La sera del 31 luglio 1928, dopo quattro mesi di tremende avventure i sopravvissuti alla spedizione giungono a Roma, è la fine di un incubo e l’inizio di numerose polemiche sulla gestione del viaggio e delle operazioni di soccorso.