Pier Paolo Pasolini. Rabbia, passione, ideologia

Eco della Storia

Abbiamo perso un poeta e di poeti in un secolo non ne nascono tanti. Queste le parole di Alberto Moravia dopo la tragica morte di Pasolini il 2 novembre 1975.

Gianni Riotta in studio con Walter Veltroni ripercorre la vita e il pensiero dell'ultimo grande intellettuale italiano: il mondo delle borgate, il dialetto, la vita del sottoproletariato urbano della Capitale, la Roma del dopoguerra, l’immigrazione, la miseria, l’emergenza abitativa. 

Figura scomoda, controcorrente, imprevedibile e libero, questo era Pier Paolo Pasolini. Guardare oggi quanto il pensiero di Pasolini abbia influito nella cultura italiana ha ancora un effetto dirompente, la sua lungimiranza non smette mai di stupirci. 
 

Io sono una forza del Passato. Solo nella tradizione è il mio amore. Vengo dai ruderi, dalle chiese, dalle pale d’altare, dai borghi abbandonati sugli Appennini o le Prealpi, dove sono vissuti i fratelli. Giro per la Tuscolana come un pazzo, per l’Appia come un cane senza padrone.  O guardo i crepuscoli, le mattine su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo, come i primi atti della Dopostoria, cui io assisto, per privilegio d’anagrafe,  dall’orlo estremo di qualche età  sepolta. Mostruoso è chi è nato dalle viscere di una donna morta.  E io, feto adulto, mi aggiro più moderno di ogni moderno a cercare fratelli che non sono più.
(da Poesia in forma di rosa)
 

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