La strage di Avola

La tragedia durante lo sciopero

Al ventesimo chilometro della statale 115, quasi alle porte di Avola, non si passa più. Bisogna scendere dalla macchina e proseguire a piedi verso il grosso borgo che si intravede poco al di là della curva, quasi di fronte al mare. È difficile mantenersi in equilibrio sull’asfalto di pietre e di bossoli. È uno spettacolo desolante; si ha la precisa sensazione che qui, per diverse ore, si è svolta un’accanita battaglia”. Così scrive il famoso giornalista di cronaca nera Mauro De Mauro l’8 dicembre 1968, arrivando nel paese di Avola, in provincia di Siracusa, famoso anche come il “posto delle mandorle”, dove dalla metà di novembre è in corso lo sciopero dei braccianti. Si trova di fronte ad un vero e proprio campo di battaglia: “In fondo al rettilineo la strada è parzialmente ostruita dalle carcasse ancora fumanti di due automezzi della polizia dati alle fiamme. Sull’asfalto, qua e là, delle chiazze di sangue rappreso. Anche un autotreno, messo di traverso dagli operai in sciopero per bloccare la strada, è sforacchiato dai colpi e annerito dal fuoco. Proprio come una R4 e una decina di motociclette dei braccianti sui cui serbatoi i poliziotti hanno sparato per impedirgli di andarsene”.

Due braccianti, Angelo Sigona di ventinove anni e Giuseppe Scibilia di quarantasette restano uccisi, i feriti sono quarantotto. È una strage

I lavoratori, con un’azione unitaria delle tre principali organizzazioni sindacali (Cgil, Cisl e Uil), chiedono l'eliminazione delle gabbie salariali con un aumento del 10% sulle paghe e l'uniformità negli orari di lavoro. Già due anni prima si erano verificate rivendicazioni e duri scontri con la polizia a Lentini. La provincia di Siracusa è la più florida per i guadagni che si ottengono dalla coltivazione degli agrumi, ma il reddito pro capite degli abitanti è tra i più bassi a livello nazionale. Davanti alle proteste, gli agrari fanno muro senza offrire nessuna concessione e rifiutandosi di ricevere i rappresentanti delle organizzazioni sindacali. Il 25 novembre di tutta risposta i trentaduemila braccianti agricoli abbandonano i cosiddetti “giardini” dove si coltivano gli agrumi. I sindaci dei paesi interessati si uniscono alla protesta, rifiutandosi di intervenire contro gli scioperanti. La protesta s'infiamma e il 2 dicembre i lavoratori esasperati bloccano la statale per Noto. La polizia interviene. Ne scaturisce un duro scontro, prima con i lacrimogeni, poi con i fucili, che Mauro De Mauro così descrive sempre nel suo articolo: “Disseminati e privi di collegamento tra loro, i poliziotti rischiano di venire sopraffatti. Perdono la testa. Qualcuno comincia a sparare. In pochi secondi le grida che fino a quel momento avevano dominato il campo di battaglia vengono coperte da una serie di scariche frastornanti, ininterrotte, un inferno che soffoca il gemito dei primi feriti”. Due braccianti, Angelo Sigona di ventinove anni e Giuseppe Scibilia di quarantasette restano uccisi, i feriti sono quarantotto. È una strage. Sdegno e rabbia attraversano tutto il Paese e Avola diventa un simbolo nazionale nella lotta dei lavoratori per il riconoscimento dei diritti e delle libertà sindacali. 
Ricostruiamo questo drammatico avvenimento attraverso una puntata del programma Passato e Presente.