Franklin Delano Roosevelt

Il Presidente del New Deal

24 ottobre 1929. Il “giovedì nero” di Wall Street e della finanza internazionale. E’ l’inizio della grande depressione del ’29.  Fra il 1929 e il 1932 la produzione nazionale scende da 104 a 58 miliardi di dollari, mentre i disoccupati salgono da 400000 a 14 milioni, un quarto della popolazione attiva.
Il presidente degli Stati Uniti, il repubblicano Herbert Hoover, sembra impotente. Continua a ripetere che la ripresa è vicina, e si affida alle tradizionali ricette liberiste.
Il 27 giugno del 1932 i democratici si riuniscono a Chicago per eleggere il candidato che dovrà sfidare Hoover alle elezioni presidenziali di novembre. A spuntarla è il governatore dello stato di New York, Franklin Delano Roosevelt.
Quella sera stessa, nel suo primo comizio da candidato presidente, promette agli americani un “New deal”un nuovo patto”, coniando l’espressione che definirà un’epoca.
La corsa alla Casa Bianca si risolve in uno straordinario successo per Roosevelt che conquista 42 stati su 48.
Come prima mossa, il neo presidente ordina la chiusura di tutte le banche del paese per quattro giorni. Una misura straordinaria che serve a verificare la solvibilità degli istituti di credito e a congelare i prelievi. Il 9 marzo il Congresso approva l’Emergency Banking Relief Bill, la legge che protegge le banche dal fallimento con iniezioni di denaro pubblico. Il 16 marzo, quasi diecimila banche riaprono gli sportelli. La crisi bancaria è superata. 
Nei primi tre mesi di presidenza, Roosevelt riesce a far approvare al Congresso molti programmi di lavori pubblici, come la costruzione di strade, ponti, e dighe, la riforestazione e la creazione di parchi naturali. Ma nonostante gli sforzi, nel 1934, i disoccupati, sono ancora 11 milioni. Sul presidente piovono critiche sia da destra che da sinistra. Gli industriali che lo hanno appoggiato, lo accusano di dissipare il denaro pubblico e di distribuire miliardi ai disoccupati. Dall’altra parte, progressisti e radicali, lo attaccano con l’accusa di fare esclusivamente gli interessi del sistema capitalistico.
Il presidente risponde mettendo a punto una serie di nuovi leggi, che prenderà il nome di Secondo New Deal.Tre sono i provvedimenti più importanti, varati tutti nel 1935:
Il Social security Act, che istituisce un sistema di pensioni e sussidi di disoccupazione; Il Wagner Act che tutela il diritto allo sciopero e concede ai sindacati nazionali il diritto di stipulare contratti collettivi per i dipendenti; e soprattutto la Work Progress Administration che cambia letteralmente il volto del paese dando lavoro a 8 milioni e mezzo di americani, circa il 30% dei disoccupati impiegandoli nelle costruzioni di strade, ospedali, biblioteche, scuole, parchi pubblici e aeroporti.
Ma a preoccupare Roosevelt è ora anche la situazione internazionale che si va facendo sempre più drammatica. In Italia e Germania sono giunti al potere regimi autoritari nazi-fascisti che minacciano la stabilità dell’intera Europa. In Asia, il Giappone ha scelto la via del militarismo espansionista.

Il 27 giugno del 1932 i democratici si riuniscono a Chicago per eleggere il candidato che dovrà sfidare Hoover alle elezioni presidenziali di novembre. A spuntarla è il governatore dello stato di New York, Franklin Delano Roosevelt

Gravata dalla crisi finanziaria e ancora scottata dalla prima guerra mondiale, la maggioranza degli americani non vuole saperne di farsi coinvolgere nelle questioni d’oltreoceano. Per tutti gli anni Venti e Trenta il fronte degli isolazionisti domina la politica di Washington. Una legge del 1935, il Neutrality Act, assicura la neutralità degli Stati Uniti e vieta la vendita di armi ai paesi belligeranti

Ma con lo scoppio della guerra in Europa e le prime travolgenti vittorie naziste, tra il 1939 e il 1940, la posizione degli americani comincia a cambiare. Roosevelt non ha invece dubbi: è convinto che si debba fare di più per aiutare gli alleati europei. Riconfermato presidente per la terza volta, nel marzo del 1941, fa approvare la legge “Affitti e prestiti” che consente la vendita di armi e forniture belliche a paesi amici come la Gran Bretagna e la Francia. Gli Stati Uniti pur non entrando in guerra dovranno essere l’“arsenale della democrazia” - afferma pubblicamente Roosevelt.
Il 7 dicembre 1941, la svolta. I giapponesi attaccano a sorpresa la flotta americana a Pearl Harbor distruggendola. Nel paese, colmo di sdegno, l’isolazionismo svanisce immediatamente. L’8 dicembre Roosevelt chiede al Congresso l’autorizzazione a dichiarare guerra al Giappone e l’ottiene in meno di un’ora.
Da quel momento l’industria statunitense degli armamenti inizia a viaggiare a pieno regime, e tutta la popolazione partecipa allo sforzo bellico. La produzione industriale si impenna e la disoccupazione crolla passando dal 14% del 1940 al 4% del 1942 e all’1,2% del 1944. Mentre il paese esce dalla Grande Depressione, le forze alleate sconfiggono progressivamente i nazi-fascisti in Europa e i Giapponesi nel Pacifico. Il 7 novembre 1944, Roosevelt è eletto alla Casa Bianca per la quarta volta.  Dal 4 all’11 febbraio 1945 è a Yalta, in Crimea, assieme a Churchill e Stalin per pianificare il futuro assetto dell’Europa e la divisione della Germania dopo la guerra. Non riuscirà però a vedere la fine del conflitto. Due mesi più tardi, il 12 aprile 1945, muore per un’emorragia celebrale a Warm Springs in Georgia.