Matilde ed il tram per San Vittore

Quando uno sciopero voleva dire Resistenza

30 Mag 2019 > 09 Giu 2019
Matilde e il tram per San Vittore, per la regia di Renato Sarpi e interpretato da Arianna Scommegna,. è uno spettacolo teatrale tratto dal libro di Giuseppe Valota Dalla fabbrica ai lager, che rievoca il drammatico periodo bellico del 1943, quando a seguito degli scioperi all’interno dei grandi stabilimenti di Milano, Cinisello e Sesto San Giovanni, centinaia di uomini furono arrestati e deportati.
 

A causa degli scioperi che, a partire dal 1943 paralizzarono i grandi stabilimenti del Milanese – gli unici sotto Mussolini, i più grandi in Europa − le case operaie di Sesto San Giovanni, Milano, Cinisello e dei comuni limitrofi furono teatro di retate spietate. Centinaia di uomini furono sottratti ai propri affetti, costretti a vestirsi rapidamente per poi sparire. Scene che rimasero indelebili negli occhi di madri, mogli e figli. Cinquecentosettanta furono le persone deportate, più della metà non fece ritorno e per i sopravvissuti, e per i loro familiari, la vita non fu più la stessa.


Interpretato da uno straordinario trio di attrici − Arianna Scommegna, Debora Villa, Rossana Mola − e diretto da Renato Sarti, Matilde e il tram per San Vittore vuole mettere in luce il “non eroismo” di migliaia di uomini e donne che si opposero al fascismo e al nazismo pagando un caro prezzo. Lo fa attraverso le voci di quelle madri, mogli, sorelle e figlie che, dopo l’arresto dei propri uomini, si ritrovarono improvvisamente a gestire, da sole, un quotidiano di fame e miseria. Alla loro disperata ricerca, si precipitavano a San Vittore e in altri luoghi di detenzione di Milano, fra cui la sede della famigerata Legione Ettore Muti, un luogo di tortura che nel dopoguerra diventerà il Piccolo Teatro di Milano.
 

Viviamo tempi veramente bui. Oltraggiare il ricordo di Anna Frank non è un fatto marginale ma la punta di un iceberg grande e inquietante. In tutto il mondo assistiamo al risorgere di pericolosi populismi, che fanno leva sugli istinti più beceri e viscerali, sulla xenofobia, sul razzismo e sulla paura dello straniero. Molti vorrebbero portare indietro le lancette della storia e in questa partita giocata contro l’oblio − lo sport nazionale più praticato − il Teatro della Cooperativa si schiera in modo inequivocabile per fare, come ha sempre fatto, la sua parte. E il modo migliore mi è sembrato quello di partire dalle donne, perché fin dalle tragedie greche (da “I sette a Tebe” a “Le troiane”) la loro voce è quella che meglio di ogni altra riesce a rievocare l’orrore della guerra, che sempre nuovo si ripete.
Renato Sarti