Luca Maria Olivieri e la missione archeologica italiana in Pakistan

L'eredità di Giuseppe Tucci

Tutto iniziò con Giuseppe Tucci (1894 – 1984), l’esploratore orientalista, storico delle religioni e studioso del buddismo che viaggiò in Tibet, Afghanistan, India e Iran  alla scoperta  delle radici delle religioni e delle filosofie orientali.

Quando, nel dopoguerra, Tucci arrivò nella valle dello Swat alla ricerca dell’origine del buddismo tibetano, questa remota regione era ancora un regno autonomo: lo Yusufzai State of Swat, in seguito annesso al Pakistan (1969). In quell’anno Tucci fondò la Missione archeologica italiana nello Swat.

Lo Swat fa parte della provincia artistica nota come Gandhara. L’arte del Gandhara (I-III sec. d.C.) è  prevalentemente rappresentata da rilievi in pietra, caratterizzati dall’essere quasi esclusivamente di soggetto buddistico e dalla compresenza - accanto alla grande tradizione indiana - di influssi classici, persiani e centro-asiatici. 


Domenico Faccenna con la squadra archeologica nello Swat.

Il primo e indimenticato direttore della Missione nello Swat è stato il grande archeologo Domenico Faccenna che nel 1957, insieme a Giuseppe Tucci e a Guglielmo De Angelis D’Ossat, promosse la fondazione del Museo Nazionale d’Arte Orientale, oggi  ospitato nel Museo della Civiltà all’EUR di Roma, dove sono esposte al pubblico le opere portate in Italia proprio in seguito alle prime spedizioni della Missione.  

Apice dell’arte del Gandhara nella valle dello Swat è la rappresentazione narrativa del ciclo biografico del Buddha nel Grande Stupa di Saidu Sharif, scavato da Domenico Faccenna, risalente alla metà del primo secolo a.C.

Il grande Buddha sulle rocce della Valle, sopravvissuto indenne alla lenta islamizzazione della valle dei secoli passati, subì invece gravi danni nel settembre 2007, quando i talebani  cercarono di farlo esplodere. Il volto venne gravemente danneggiato.




I danni sul volto del Buddha di Jahanabad in seguito all'esplosione del settembre 2007

L’immagine sconcertante del grande Buddha di Jahanabad - scultura rupestre del VII-VIII secolo, alta sei metri che rappresenta un Buddha seduto - devastato dai talebani, fece il giro del mondo. In quei difficili mesi anche il Museo dello Swat venne duramente colpito.


Uno scorcio dall'impalcatura eretta per il restauro del volto del Buddha nella Valle dello Swat in Pakistan

Dai tempi delle spedizioni di Giuseppe Tucci, gli archeologi italiani non hanno più abbandonato lo Swat. Dal 2011 erede della  Missione Archeologica in Pakistan è Luca Maria Olivieri che,  in stretta collaborazione con le autorità archeologiche locali e le comunità, ha coordinato la sua squadra nel delicato intervento di restauro del volto del grande Buddha e nella ricostruzione del Museo dello Swat, restituendo una casa a tutti i reperti archeologici.

RAI Cultura ha incontrato  il professor Luca Maria Olivieri, attuale direttore della  Missione Archeologica in Pakistan e docente all’Università Ca’ Foscari di Venezia, il primo ateneo pubblico europeo ad aver attivato un insegnamento in Archeologia e Storia dell’Arte del Gandhara. E’ molto importante per una missione archeologica come quella dell’ISMEO (Associazione Internazionale di studi sul Mediterraneo e l’Oriente) poter contare su un grande ateneo nazionale con cui lavorare al futuro della ricerca.  

Lo scavo archeologico è come un libro. E’ come se uno legge una storia e togliendo lo strato gira una pagina e passa alla pagina successiva.
E’ come una storia che si comprende nel momento in cui la porzione di storia che hai letto scompare.
Lo scavo archeologico è la distruzione organizzata delle evidenze archeologiche  che vanno documentate.
Luca Maria Oliveri

Luca Maria Oliveri ha condotto finora 34 campagne di scavo in Pakistan, 21 campagne di rilievo e ricognizione tra India, Pakistan e Afghanistan, 12 campagne di restauro in vari siti archeologici e monumenti nello Swat e numerosi corsi di formazione archeologica in Pakistan e in Afghanistan.

La missione archeologica che dirigo è internazionalmente riconosciuta come una delle più antiche e importanti al mondo e da quest’anno ha finalmente un legame anche con l’offerta didattica universitaria italiana. Ora, dopo alcuni anni turbolenti, le condizioni di sicurezza in Pakistan sono buone e possiamo tornare a considerare lo Swat come un importante luogo di formazione, un laboratorio a cielo aperto per studenti e studiosi di archeologia. Le università pakistane da anni stanno investendo molto in questo filone formativo, a livello universitario e post-universitario. In questo senso ci auguriamo di poter avere presto a Ca’ Foscari un maggior numero di studenti pakistani”.
Luca Maria Olivieri

Attualmente il focus delle attività di scavo nello Swat è il sito di Barikot, l’antica Bazira, assediata da Alessandro Magno nel 327 a.C. durante la sua spedizione verso l’India e successivamente rifortificata. 

Condividi