Winckelmann: dall'antiquaria alla storia dell'arte

Salvatore Settis racconta le origini della storia dell'arte

ll testo di Johann Joachim Winckelmann dedicato all'arte antica, pubblicato in una prima edizione tedesca nel 1764, a Dresda, conquista in pochi decenni l'Europa, e costituisce uno snodo determinante nella costruzione del sapere relativo allo sviluppo della storia dell'arte e nell'evoluzione della stessa concezione estetica che porta al mondo contemporaneo. 

Salvatore Settis nel programma Arte classica. Libertà, rivoluzioni. La lezione di Winckelmann ripercorre i passaggi salienti della teoria formulata dallo studioso tedesco che diventa uno dei maggiori conoscitori del linguaggio artistico greco, già analizzato nei suoi Pensieri sull’imitazione dell’arte greca in pittura e scultura (1755). E' a partire dal 1756 che Winckelmann lavora alla Storia dell’arte nell’antichità, di cui enuncia il programma in una lettera del 1761, “costruire la storia dell’arte come sistema: cioè congiungere un ripensamento storico dell’arte reale alla ricostruzione teorica delle idee e della loro storia”.

La rinascita dell'interesse per la scultura antica e il collezionismo che ne nacque, prima in Italia e poi in Europa fra Quattro e Cinquecento, erano state tra le matrici della nuova antiquaria, fondata sul culto della bellezza classica e sul tentativo di recupero dell'antico, direzione nella quale avevano operato, in particolare, artisti come Mantegna e Raffaello. L'arte greca, che aveva conquistato i Romani, continuerà nei secoli successivi ad imporsi come canone assoluto di perfezione, bellezza e grazia e con l'avanzamento della ricerca archeologica, sempre più importante divenne distinguere ciò che era greco da ciò che era romano: un'antichità greco-romana vista fino allora in blocco doveva essere ormai intesa non solo come una sequenza storica ma anche come l'opporsi dei maestri greci ai più modesti e anonimi scultori di Roma. Attingendo alle narrazioni più remote, da Polibio a Plinio e a Vitruvio, e ai primi tentativi di sistematizzazione a carattere enciclopedico della storia, da Vasari a Ligorio, a Poussin, Winckelmann si distacca dalla visione letteraria e nostalgica dell'antiquaria ed elabora la propria teoria dell’arte antica, osservata con rigore e considerata come un processo organico basato sull’evoluzione delle forme e dello stile. E a una storia dell'arte come catena di biografie, lo studioso sostituisce per la prima volta una storia dell'arte come sequenza di opere. 

Winckelmann costruisce una storia dell'arte sulla base di un paradigma, di un modello biologico parabolico e immagina la vita dell'arte greca come la vita di un uomo: c'è un' infanzia, possiamo vederla in una Cariatide o in una statua arcaista di Diana, c'è il momento della maturità dell'arte, ben rappresentata dal Laocoonte,  e c'è il momento della decadenza...  però insieme a questo percorso biologico che somiglia a quello di una vita umana c'è una specie di catalogo dei valori.
S. Settis

La teoria espressa da Winchelmann è carica di significati etici e politici. Il pensatore tedesco riconosce all’arte un ruolo centrale nella storia delle civiltà e considera il primato estetico dei Greci espressione della loro superiorità etica e del loro sistema politico basato sulla libertà. Una lettura della civiltà greca congeniale al clima antiautoritario e rivoluzionario della Francia che si avviava al rovesciamento del regime monarchico. Come sottolinea Settis:

Il suo pensiero fu usato dai rivoluzionari e infatti fu una delle ragioni per cui dopo la rivoluzione francese le armate francesi decisero di portare in Francia la maggior parte dei capolavori di Roma. Si disse allora che poiché la patria della libertà era Parigi, ormai Parigi doveva essere anche la capitale dell'arte.


Nel portare in luce l'essenza dell'arte greca Winckelmann ha aperto la strada alla scienza archeologica e ha generato un'eredità che attraversa i secoli. L'estetica moderna ha messo in rilievo alcuni aspetti critici del suo pensiero, come il concetto astratto della bellezza assoluta, e i limiti di un' esaltazione della “fase classica” dell’arte greca che ha precluso in parte la comprensione dell’ellenismo. Tuttavia la grandezza storica di Winckelmann resta immutata e lsua Storia dell'arte nell'antichità si inserisce tra i “grandi progetti d'ordine” elaborati dalla cultura europea nel corso del Secolo dei Lumi.
Lo studioso, che non era mai stato nella terra di Fidia e di Prassitele e aveva fondato i suoi studi sulla secolare cultura antiquaria tutta incentrata sulle statue di Roma, “seppe con prodigioso intuito cogliere in esse lo spirito di quelle di Atene, la forza e le ragioni del Bello”.

La grazia e l'equilibrio, la misura e la naturalezza della rappresentazione divennero così criteri distintivi dell'arte greca, ma anche modello per quella neoclassica di un Thorvaldsen o di un Canova. La forza del bello veniva così animando le categorie estetiche della ricezione dell'arte classica ma anche ne imponeva e guidava la riscoperta, l'indicazione a modello per gli artisti, la ricostruzione e comprensione storica. E' una strada su cui camminiamo ancora.  
S. Settis (da "Nostalgia dell'arte greca")


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