Palazzo Sinibaldo Fieschi

Affreschi genovesi del tardobarocco

Palazzo Sinibaldo Fieschi Negrone è, tra i Palazzi dei Rolli, uno dei più famosi edifici genovesi anche per la sua collocazione a fianco della Cattedrale di San Lorenzo

Il progetto originale del palazzo fu probabilmente del celebre architetto veneto Vincenzo Scamozzi che, nel 1612, operò su commissione della famiglia Ravaschieri come testimoniato dalla scheda del palazzo inserita, dallo stesso costruttore, nel suo trattato L’idea dell’architettura universale (Venezia, 1615).



Palazzo Sinibaldo presenta una maestosa facciata arricchita con quadrature in rilievo e con un rivestimento in fasce bicrome bianche e nere, realizzate con marmo di Carrara e ardesia, un motivo che lo avvicina allo stile medievale tipico del prospetto della vicina Cattedrale di San Lorenzo
Ufficialmente, il sito del palazzo venne inaugurato nel 1618, con la proprietà di Sinibaldo Fieschi, a seguito del compimento dei lavori coordinati da Bartolomeo Massone. I Fieschi rimasero in possesso del palazzo sino alla metà del Settecento quando subentrarono dapprima i Negrone, poi i De Mari e infine una branca dei De Ferrari, famiglia imparentata nuovamente con i Ravaschieri.

Il palazzo è caratterizzato da una particolarità architettonica

Nei primi anni dell'Ottocento, per espandere la viabilità, a Genova vennero ampliate le strade di collegamento tra il porto e il centro storico, nonché le uscite verso nord della città. 
Nel 1835, sotto la dominazione della città da parte del Regno di Sardegna, si decise di ampliare Via San Lorenzo con il conseguente allargamento della piazza di fronte alla cattedrale, in favore della cosiddetta Carrettiera Carlo Alberto. Per attuare tale progetto, si rese necessario il taglio della facciata di Palazzo Fieschi Negrone che venne ricostruita nei primi anni Quaranta dell’Ottocento tre metri più indietro, mantenendo le stesse identiche caratteristiche.



Le modifiche architettoniche del prospetto dell’edificio, causarono ripercussioni anche negli affreschi del palazzo, come dimostra la sala del Mito di Aurora e Cefalo, dove i dipinti secenteschi di Domenico Piola e specialmente quelli nella fascia che corre sotto il medaglione centrale, vennero tamponati dal pittore genovese Giuseppe Isola nel 1846, per nascondere le lacerazioni subite dal taglio della facciata. È significativo notare come una piccola porzione dell’affresco originario, raffigurante uno Zefiro in volo, staccato a causa dei lavori si trovi oggi conservato all’interno dell’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova.



Nonostante le travagliate vicende architettoniche, il palazzo è uno dei principali luoghi della pittura genovese tardobarocca.
Nel periodo più tardo della sua produzione, Domenico Piola dipinge qui gli affreschi di due sale. Quella tagliata dallo spostamento della facciata, decorata su commissione di Giovanni Battista Negrone, presenta una scena di caccia tratta dal mito di Aurora e Cefalo

La dea, attorniata da amorini e angioletti è intenta a spargere fiori all’alba, mentre il cacciatore di cui è innamorata, viene raffigurato ancora dormiente, prima di essere colpito dal dardo d’amore

Nonostante le modifiche ottocentesche di Isola, l’affresco presenta la caratteristica capacità del Piola di dipingere scene mitologiche attraverso espedienti accademici che rendono dinamica la scena.
La scelta di raffigurare questo specifico mito è data probabilmente dall’obiettivo di suggellare allegoricamente, con le immagini, il matrimonio tra il committente e la moglie Tommasina Fieschi.



La seconda sala, dal punto di vista visivo ha un impatto ancora più straordinario.
Qui Piola, con l’ausilio del quadraturista Antonio Haffner, disegna una splendida scena di Apollo, Mercurio e Muse. Nel riquadro centrale, Apollo dopo aver ucciso Pitone, assurge al cielo in trionfo, mentre ai lati le muse, insieme a poeti e filosofi, osservano la scena dal basso. 



Il dipinto riesce ad allargare lo spazio della volta attraverso la perfetta fusione della costruzione architettonica della parete che divide le scene con una visione scorciata di profondità.
Le figure sono inserite con sapienza tra i riquadri creati da Haffner, i protagonisti al centro della volta sono disposti con un equilibrio di movimenti giustapposti, mentre i putti sorreggono le nubi su cui si poggia Apollo.

Ma gli ambienti più eccezionali dell’intero palazzo sono quelli dipinti da Sebastiano Galeotti intorno al 1730, per volere del Negrone

Galeotti porta a Genova la lunga esperienza che aveva maturato negli affreschi realizzati in un gran numero di palazzi tra Piacenza, Lodi e soprattutto Parma, lavorando nella Superba dapprima per la decorazione della Chiesa di Santa Maria Maddalena e poi in due salotti del palazzo in via San Lorenzo.
In un momento in cui a Genova interagiscono esperienze artistiche di diversa estrazione, il Galeotti introduce un linguaggio innovativo fatto di una scrittura pittorica fluente e ricca, ancorata a una tradizione barocca, ma già vicina allo stile avanguardistico del Tiepolo.



Nel primo salotto, dedicato al Trionfo della Felicità Pubblica, allo scopo di esaltare il ruolo di senatore di Giovanni Battista Negrone, l’artista disegna una complessa costruzione pittorica dove il Mondo, in veste di Pan, viene assistito da Prudenza e Consiglio.
Negli angoli dell’affresco, le quattro figure allegoriche di Fama, Abbondanza, Agricoltura e Credito, rappresentano le quattro virtù principali che ogni buon governo deve utilizzare per raggiungere la Felicità Pubblica, rappresentata nel vertice alto dell’affresco.
Il dipinto mostra molto bene l’oscillazione stilistica tra tradizione secentesca e novità settecentesca, con la scelta del Galeotti di presentare in posizione preminente la scena centrale, lasciando alle figure allegoriche il ruolo marginale di ampliare la composizione spaziale, contrapposta a una grande scioltezza cromatica e di segno grafico.



La seconda stanza presenta un bell’affresco raffigurante l’Allegoria del trionfo delle arti nobili. Al centro Fede, Concordia e Giustizia sovrastano le principali arti e materie scientifiche come Scultura, Matematica, Architettura, Pittura e Musica. La precisa linea utilizzata nel disegno, si evidenzia al meglio nelle figure in primo piano, posizionate sopra al cornicione, analizzate nei minimi particolari.
Da qui, l'artista struttura i vari piani prospettici imprimendo una leggera sfumatura nelle figure sullo sfondo che, grazie alle gamme cromatiche, degradano man mano che il dipinto raggiunge il centro della volta.


Ideazione e contenuti, Giacomo Montanari (storico dell'arte)
Cura dei testi Pietro Toso
Presentazione video Giorgio Dellacasa
Riprese, regia, montaggio e fotografie Lorenzo Zeppa