Emanuele Luzzati. Una biografia artistica

Da Arcobaleno, 1981

Il documentario su Emanuele Luzzati è stato realizzato da Enrico Ghezzi, Marco Giusti e Marco Salotti, per la rubrica di intrattenimento giovane, Arcobaleno

L'intervista a Luzzati (1921-2007) risale ad un periodo di pieno fervore lavorativo, quando l'artista aveva già raggiunto la maturità ed iniziava ad affermarsi presso il grande pubblico. 
Nel 1980 infatti, apriva i battenti la prima grande retrospettiva a lui dedicata, Il sipario magico di Emanuele Luzzati, mostra curata da Mara Fazio e Silvia Carandini dell'Università di Roma e allestita a Palazzo delle Esposizioni. L'evento di grande successo, approdò poi a Genova, Torino, Milano, Bergamo, Bologna, fino a Magdeburgo in Germania e nel 1981, ricevette il Premio Ubu per l'esposizione. Solamente un’altra mostra l'aveva preceduta, ed ebbe luogo a Tokyo, fra il 1978 e il '79, testimonianza della notorietà anche internazionale dell'artista.   

Dagli anni Ottanta del Novecento, le mostre su Luzzati sono state numerose e progettate secondo prospettive diverse, a partire dalla qualità flessibile e multiforme che connota la sua produzione consacrata a diversi ambiti, tra cui scenografia, costume, libri, cinema, litografia, decorazione, ceramica e tanto altro 

Creatore instancabile ed eclettico, capace di un suo stile essenziale e mai scontato, in questa intervista Luzzati racconta con fanciullesca semplicità il suo modo d'intendere il lavoro, un operato all'insegna di una leggerezza libera da  codici estetici.  
Nella sua casa studio di Genova, Luzzati ha trascorso l'intera vita. La camera da letto, brulica di ricordi, marionette, disegni, fotografie, giornali, sculture.
Durante l'intervista, Luzzati disegna un bimbo con tratti veloci e stilizzati, pupazzo che poi ritaglia. Nel mentre ricorda le sue giovanissime passioni. In primis, il personaggio di Bonaventura di Sergio Tofano (Dal Signor Bonaventura al teatro) e contemporaneamente il teatro, scoperto per mano del padre amante dell'opera di Gioachino Rossini.  
Luzzati non ha mai accettato l'etichetta di artista e ha sempre parlato di sé come un artigiano capace, pur conoscendo e frequentando l'entourage artistico a lui contemporaneo. 

Sin dagli inizi di carriera, Luzzati ha costruito una poetica di estrema raffinatezza a partire dal poco, dall'assembramento di oggetti trovati e manipolati in un effetto arrangiato ma per questo, in grado di comunicare in modo evocativo

L'artista racconta che inizialmente, la scarsità e limitatezza dei materiali utilizzati per realizzare le sue prime scenografie dipesero da fatti estrinseci. 
Di origini ebree, con le leggi razziali del 1938 il giovane Lele fu costretto ad interrompere gli studi liceali, dedicandosi così al disegno presso gli atelier di artisti genovesi.
Nel 1940, Luzzati dovette fuggire a Losanna dove frequentò la Scuola di Arti Applicate diplomandosi in quattro anni (Luzzati: al lavoro per il Purìm). Fu questo un periodo molto stimolante per il giovane studente, che entrò in contatto con registi e scenografi stranieri importanti. A Losanna strinse amicizia anche con altri espatriati genovesi, lo scrittore Guido Lopez (1924-2010) e due registi con i quali collaborerà in seguito, Alessandro Fersen (1911-2001) e Aldo Trionfo (1921-1989). 

Il gruppo di amici, allestì uno spettacolo teatrale di argomento popolare ebraico, Salomone e la regina di Saba, una pièce con sue scene, scritta da Fersen e interpretata da Trionfo e Guido Lopez

Dopo il rientro in Italia, nel 1945, lo spettacolo venne ripreso a Genova e a Milano. Dalla poca documentazione rimasta, si parlò di una certa influenza di Chagall e Kandinsky.
Nel Secondo Dopoguerra, Luzzati inizia ad affermarsi nell'ambiente del teatro genovese e già nel '48 prende vita una lunga collaborazione con il Teatro stabile di Genova.
Dal teatro d'avanguardia, allestito in scenografie realizzate con sacchi di juta, passerà nel giro di pochi anni a cavalcare le scene di importanti palcoscenici, Milano, Torino Trieste, Firenze e Roma. Luzzati ritrovava così gli amici di un tempo Fersen e Trionfo, ma stringeva anche nuove relazioni professionali con Franco Enriquez (1927-1980), Gianfranco De Bosio e Tonino Conte (1935-2020). 
Nel 1975 arriva una svolta importante. Con Trionfo, Conte, Rita Cirio, Giannino Galloni, Luzzati fondava il Teatro della Tosse, in Salita della Tosse a Genova, uno spazio aperto alla sperimentazione fuori dai teatri stabili. Da ideatori del progetto, Conte e Luzzati furono anche i direttori artistici (Luzzati e il Teatro della Tosse; Tonino Conte e il Teatro della Tosse).

A fine anni Cinquanta, Luzzati conosceva il regista Giulio Gianini (1927-2009), importante amico e collaboratore con il quale realizzerà il suo primo cartone animato, Pulcinella: il gioco dell'oca

È questa la prima apparizione del loro personaggio Pulcinella (1959), al quale la coppia dedicherà molti lavori futuri (Ho fatto tutto con Pulcinella !). Il cinema d'animazione diventerà un importante capitolo professionale di Luzzati e Gianini (Luzzati, Gianini e l'animazione), assieme a una terza figura, l'orecchio che sincronizzava i fotogrammi con la musica, il compositore Gianfranco Maselli (1929-2009). 
L'affermazione mondiale di Luzzati e Gianini arriva nel 1966, con la prima nomination all'Oscar, nella categoria del cortometraggio animato, della loro Gazza ladra (1964), alla quale seguirà, nel 1973, un seconda candidatura con Pulcinella (1973), già Nastro d'argento. Nell'intervista, Luzzati racconta come il cartone animato nascesse spontaneo dalla musica di Rossini e soprattutto Mozart, autori che negli anni lo riavvicinano all'opera teatrale. 

Nell'ultima parte del filmato, Luzzati spiega un'idea vincente per le sue scenografie, i periatti, grandi prismi girevoli costituiti da tre lati e tre pannelli dipinti che cambiavano scena all'occorrenza

I periatti, vennero sperimentati nel 1963, anno della consacrazione internazionale dell'artista, invitato per Il flauto magico di Mozart, con regia di Franco Enriquez, in scena al Festival di Glyndebourne in Inghilterra. Luzzati afferma che questo allestimento rivoluzionò la sua idea di scenografia per l'opera lirica, capì infatti le esigenze musicali dei personaggi, ma soprattutto comprese che una scena poteva cambiare a tempo di musica, come nel cinema dettava il ritmo dei movimenti delle immagini.