Fede Galizia, la pioniera

Riconsiderare una "mirabile pittoressa"

Non sono molte le donne pittrici che hanno lasciato un segno nella storia dell’arte, ma tra Cinque e Seicento alcune iniziano a comparire raggiungendo fama e successo 

Nel tardo Rinascimento il talento artistico femminile rimaneva un’occupazione perlopiù dilettantistica e l’arte veniva praticata dalle donne o dentro chiostri e conventi, o nella casa paterna.
È questo il caso di Fede Galizia (1578-1630), pittrice a cui la prima mostra monografica a lei dedicata, allestita al Castello del Buonconsiglio di Trento (Fede Galizia. Mirabile pittoressa), vuole riconsiderare l'opera completa, qui indagata ed illustrata dai curatori dell'evento Giovanni Agosti e Paolo Stoppa, intervistati per l'occasione.
La rivalutazione critica di personalità artistiche femminili, inizia solo tra fine Ottocento e inizio Novecento, ma è dagli inizi degli anni Settanta del secolo scorso, con il femminismo, che si fa strada una ricerca più equilibrata e le vicende di donne artiste, emergono nel loro contesto storico e sociale, insieme ad una più attenta valutazione del contenuto estetico delle loro opere ("Le disobbedienti". Un libro di Elisabetta Rasy).

La mostra sulla "pittoressa", da sempre considerata solo un'abile autrice di nature morte, presenta il primo regesto documentario completo delle numerose testimonianze letterarie che hanno celebrato, in versi e in prosa, le doti di Fede Galizia 

Fede Galizia. Mirabile Pittoressa, espone dunque non solo nature morte, ossia quadri di arredo per case borghesi o per collezionisti e amatori, ma anche ritratti e pale d'altare, generi tutt'altro che minori, destinati a sedi di potere e commissionati da importanti personalità e istituzioni ecclesiastiche.

L'esposizione, che contempla anche opere delle coetanee Lavinia Fontana, le sorelle  Anguissola, Barbara Longhi e suor Plautilla Nelli, ripensa e ripropone il profilo di un'artista un po' più complesso, una Fede Galizia pittrice compiuta, capace anche di incisioni, miniature, ritratti e soprattutto pale d’altare 

Con la cultura rinascimentale le donne fecero un primo ingresso nel mondo dell'arte grazie ad un importante cambio di paradigma. Da sempre considerata disciplina "meccanica", l'arte inizia allora ad assurgere al ruolo di materia "liberale" e dunque, luogo ideale di incontro tra il fare e il pensare. 

Dopo Michelangelo, l’artista si affranca dalle corporazioni medievali, esce dalla bottega artigianale, gode di agiatezza e considerazione sociale ed intellettuale. Il Manierismo poi, intellettualizza sempre più il mestiere di pittore e l’Idea nella mente dell’artista diventa scintilla divina

In questo momento storico emergono le prime forti personalità femminili, fino ad allora tenute lontane dalla promiscuità della vita artistica maschile.

Perché Fede Galizia piaceva tanto? Quali sono le ragioni del suo successo nell’epoca in cui visse? Quanto ha pesato, in questo, il suo essere donna?

La preziosa e documentata mostra di Agosti e Stoppa, cerca di dare una risposta a queste domande, ricostruendo il contesto storico attraverso documenti e opere, alcune anche ritrovate per l'occasione, che mettono in luce la figura tutt'altro che marginale di questa pioniera.

Chi era Fede Galizia?   

Artista autodidatta, Fede, nome programmatico nell'Europa della Controriforma, non apparteneva ad alcuna scuola pittorica, tuttavia nelle sue opere confluirono tutti gli spunti offerti dalla tradizione lombarda e dalle esperienze artistiche a lei contemporanee. Il tardo Manierismo emiliano di Correggio e Parmigianino, come evidente nelle diverse versioni della sue Giuditte, la ritrattistica borghese di Lorenzo Lotto e di Giovan Battista Morone, la pittura sacra di Giovan Battista Crespi e Giulio Cesare Procaccini. 
In particolare, la meditazione personale sui testi figurativi di Leonardo e Correggio, presenti in collezioni milanesi e da lei molto amati e copiati in diverse versioni, finiva anche nel suo lascito testamentario, stilato pochi giorni prima di morire nel 1630.

Fede Galizia, conduce una vita quasi segreta, povera di avvenimenti importanti, mai sposata, nessun figlio, si dedica pienamente all'arte e muore di peste a soli 52 anni, di cui quasi quaranta dedicati alla pittura 

Il padre Nunzio, pittore di miniature, si era trasferito a Milano da Trento, prima o dopo la sua nascita, non è ancora certo. Fede impara a dipingere dal padre e dall'età di dodici anni, è già sufficientemente formata per esser menzionata da Gian Paolo Lomazzo, pittore e trattatista, amico di Nunzio.


Fede Galizia, Ritratto di Paolo Morigia, post 1592 e ante 1595, Pinacoteca Ambrosiana, Milano

Fin da giovane, Fede è già pittrice di ritratti importanti, presenti nella mostra di Trento, apprezzati nelle corti europee ed eseguiti su commissione. Lo stile della ragazza asseconda la tradizione naturalistica del tardo Rinascimento italiano e in particolare, quello lombardo con un approccio bruscamente realistico. Abilità di disegno e pittura, sono già evidenti nel Ritratto di Paolo Morigia (1592-1595), scrittore, storico, gesuita e autore di un libro sulla nobiltà di Milano, nonché primo patrono e sostenitore della pittrice fuori casa . 

Nel dipinto, esposto in Duomo poco dopo la sua esecuzione, tra il 1592 e il 1595, Morigia appare in tonaca bianca su fondo scuro, mentre in un momento di pausa dal lavoro, sfila le lenti degli occhiali e guarda la pittrice mentre lo ritrae 

La tipologia del ritratto, allude al lavoro intellettuale: libri, fogli di carta, penna, calamaio e lenti nelle quali, il dettaglio del riflesso delle finestre, dimostra perizia tecnica e fantasia d'invenzione, nonché, la suggestione della pittura fiamminga contemporanea, sicuramente conosciuta dal padre miniaturista. Il tocco di realismo espresso nella cattura dell'attimo, la grande espressività delle labbra serrate con ostinazione, guardano alla pittura di Moroni e agli studi di fisiognomica particolarmente fiorenti a Milano dopo la parabola di Leonardo da Vinci. 


Fede Galizia, Ritratto di Federico Zuccari, 1604, olio su tela, Galleria degli Uffizi, Firenze 

Galizia si specializza nel ritratto di importanti personaggi pubblici, tele che sfilano in mostra in una galleria ideale di relazioni ed amicizie. Ludovico Settala (Ritratto di Ludovico Settala, 1625 circa, Biblioteca Ambrosiana, Milano), medico della peste manzoniana, Ippolita Trivulzio, principessa di Monaco e Federico Zuccari (Ritratto di Federico Zuccari, Galleria degli Uffizi, Firenze), pittore manierista dell’Idea che nel 1595 fondava, con l'approvazione di papa Sisto V, l'Accademia di San Luca, della quale fu il primo Principe. 
Nel ritratto, Zuccari indossa un abito scuro, rischiarato da un semplice e candido colletto. A tanto rigore formale, fa contrasto la ricchezza di grandi catene d'oro a più giri, che in Italia, fin dal Cinquecento, era prerogativa quasi esclusivamente maschile, indice di favore o di riconoscenza per i servigi resi ai potenti. 


Fede Galizia, Giuditta con la testa di Oloferne e la serva Abra, 1596, olio su tela, Ringling Museum of Art, Sarasota

Nel 1596, prima di Lavinia Fontana e di Artemisia Gentileschi, Fede dipingeva la sua prima Giuditta e Oloferne e la serva Abra, tela presente in mostra, in cui si auto ritrae mentre, sulla spada dell'eroina biblica, incideva a pennello il suo nome. 

Giuditta, emblema della salvezza della patria, per queste pittrici rappresenta la forza e l'autonomia rispetto al mondo maschile

L’attenzione di Fede tuttavia, non cade sulle potenzialità drammatiche della scena, come  succederà nelle diverse versioni della Giuditta di Artemisia Gentileschi da lì a qualche anno (Artemisia Gentileschi raccontata da Elisabetta Rasy), ma si sofferma piuttosto sulla perfetta resa delle vesti e dei gioielli, trattati con una cura meticolosa derivata dall'attività del padre Nunzio che a Milano, realizzava abiti e costumi di lusso per i signori.  
Anche Galizia ha trattato più volte il soggetto della Giuditta, variando leggermente i dettagli o riproponendolo tale e quale questa versione, come il caso della copia autografa, datata 1601 e conservata alla Galleria Borghese di Roma.


Fede Galzia, Giuditta e Oloferne, Palacio Real de la Granja de san Ildefonso, San Ildefonso, Spagna

La selezione in mostra di tre esemplari dello stesso soggetto (Museo Davia Bargellini di Bologna e Palacio Real di Granata, Spagna), permette di verificare i gradi di autografia all’interno di una produzione che nell'iter della pittrice non rifiuta la serialità, come il caso delle sue nature morte. 
In queste Giuditte, l’artista di sbizzarrisce in stoffe e gioie e in ogni singola tela, prova un diverso modello di sartoria o una diversa acconciatura. 


Fede Galizia, Noli me tangere, 1616, olio su tela, Pinacoteca di Brera, Milano

La differenza tra Galizia e le altre artiste donne del tempo, sta nel fatto che la pittrice di origini trentine si impegna anche in commissioni di pale d'altare, prerogativa all'epoca tutta maschile.
Tra le pale in mostra, fa da protagonista il Noli me tangere, opera della produzione sacra di Galizia ammiratissima dai viaggiatori del passato e curiosamente, forse il quadro più lontano dal gusto moderno. 
La minuzia con cui sono descritti i fiori in primissimo piano, rimandano alla contemporanea produzione di nature morte della pittrice; i gesti calibrati e la preziosità esecutiva delle vesti, il sentimento dei personaggi, visti con il cannocchiale del tempo, restituiscono la fama di Galizia nella Milano della Controriforma a cavallo tra Cinque e Seicento. 


Fede Galizia, San Carlo in estasi davanti alla Croce con la reliquia del Sacro Chiodo, 1611, olio su tela, San Carlo alle Mortelle, Napoli

Ormai nota e apprezzata dai suoi contemporanei, la "pittoressa", realizza un sontuoso San Carlo Borromeo in estasi davanti alla Croce, opera espressamente richiesta per la nuova Chiesa delle Mortelle di Napoli, dal Generale Giovanni Ambrogio Mazenta, al committente Pietro Cortone, il quale, in un primo momento, aveva destinato la pala del Santo milanese alla chiesa di Sant'Anna dei Lombardi.  
Coinvolgente e chiarificatore, anche il racconto di Jacopo Stoppa sulla grande tela del San Carlo che incede penitente per implorare la fine della pestilenza:

Il Santo piangente calde lacrime, a piedi nudi, in abiti penitenziali con la corda al collo, la croce e la reliquia del Santo Chiodo, impersona la partecipazione alle sofferenze del popolo e non smette di sperare nella divina misericordia che si preannuncia in lontananza nel bagliore del cielo

La tela, realizzata per i frati teatini di Milano, oggi conservata al Museo del Duomo, testimonia una "pittoressa" interprete di quel rigore morale esortato da Carlo Borromeo nelle composizioni sacre. Pregevole documento d'epoca, anche la rappresentazione della facciata del Duomo milanese alle spalle di San Carlo e che ha ancora l’aspetto dell’antica cattedrale di Santa Maria Maggiore.


Giovanni Ambrogio Figino, Piatto metallico con pesche e foglie di vite, 1592-1593 circa,  olio su tavola, Collezione privata

Fede Galizia è stata da sempre riconosciuta come autrice di nature morte, un genere nuovo della pittura tardo Manierista, introdotto a Milano intorno alla metà dell’ultimo decennio del Cinquecento, da un pittore di tradizione leonardesca quale Ambrogio Figino (1553–1608). 
Ma sarà la Canestra di frutta di Caravaggio, dipinta negli ultimissimi anni del Cinquecento e appartenuta al cardinale Federico Borromeo, a cambiare l'approccio ancora Manierista al genere. È certo che  con il nuovo corso del realismo caravaggesco, Fede proverà a misurarsi tra temi e variazioni inventando diverse composizioni di genere, opere che rappresentano almeno i due terzi del suo catalogo oggi noto. 


Fede Galizia, Alzata con prugne, pere e una rosa, 1602 circa, olio su tavola, Collezione privata

Opera firmata, Alzata con prugne, pere e una rosa, esposta a Trento, dimostra il precoce coinvolgimento di Galizia in questo nuovo genere. Con la natura morta, la "pittoressa" segna una frattura tra Rinascimento e Barocco: non è più la figura umana al centro del quadro, ma l’oggetto attraverso il quale si vuole rappresentare la propria anima e sentimento. Non più l’aspetto esteriore, ma il guardare dentro rende la pittura di genere di Galizia così particolare. 
Nell’Alzata con prugne, pere e una rosa, Galizia espone il tema della Vanitas, ossia il disfacimento della bellezza simboleggiata nel prezioso fiore che appassendo, appare in una luce biancastra che fa svanire il rosa.


Fede Galizia, dettaglio di Alzata con prugne, pere e una rosa, 1602 circa, olio su tavola, Collezione privata

I toni malinconici di queste tele di natura morta, sono quelli adottati anche da Ambrogio Figino (1553-1608) e Panfilo Nuvolone (1581-1651), autori dei primi, saggi di natura morta in Lombardia. Sono dipinti di dimensioni piuttosto piccole, dai colori smorzati, con pochi oggetti esposti in una luce tenue, come visibile in mostra.


Fede Galizia, Coppa di vetro con pesche, mele cotogne, fiori di gelsomino e una cavalletta, post 1607, olio su tavola, Collezione privata

Galizia non realizzerà mai composizioni eccessive come di li a poco faranno i suoi contemporanei; la pittrice rimane allineata alle normative della Controriforma, predilige dettagli a punta di pennello e colori vibranti in uno stile severo e semplice ereditato della tradizione italiana, qui manifesta nella distribuzione dei vuoti e dei pieni, nella relazione prospettica calcolata dei volumi dei  frutti con lo spazio. 
Sono certi i rapporti professionali tra il pittore Giuseppe Arcimboldo (1526-1593) e Fede Galizia, pertanto si può ipotizzare che certe nature morte realizzate dalla pittrice già negli anni Novanta del Cinquecento, siano figlie degli studi naturalistici arcimboldeschi. Attraverso una testimonianza letteraria di quegli anni, si evince inoltre che fu proprio l’Arcimboldo a far da tramite tra l’imperatore asburgico Rodolfo II e la giovane pittrice.

APPROFONDIMENTO
Le Signore dell'Arte. Storie di donne tra '500 e '600
Quest'anno, un'altra mostra allestita a Milano, sempre dedicata alle donne pittrici, ha celebrato un ampio contesto di "pittoresse" attive fra Cinque e Seicento, con ben 34 nomi di protagoniste e 130 opere.

INFO
Castello del Buonconsiglio