I 100 anni di Mirella Bentivoglio

Poetessa, artista e critica

La singolare figura di Mirella Bentivoglio (1922-2017), poetessa, artista e critica italiana, è qui ricordata in occasione dei cento anni di nascita, con un'intervista rilasciata poco prima dalla scomparsa (Camera con vista, 2015), sulle immagini di una mostra allestita all’Expo di Milano che radunava le sue creazioni più iconiche.

Il suo intenso lavoro sul linguaggio, ha origini nel rapporto erudito con la parola, a partire da un segno, una lettera che diventa immagine materializzata in rebus dalle plurime evocazioni semantiche

Nel creare questo complesso universo di parole e simboli, Bentivoglio è stata attratta ad esplorare l’impronta del femminile nel mondo, un tema caldo degli anni Sessanta e Settanta che coincide con il suo di esordio sia di artista, sia di curatrice. 
Il ruolo della donna, l'essere madre e creativa, il rapporto con l'altro sesso, Bentivoglio l'ha vissuto e sperimentato su sé stessa e per più di cinquant’anni, ha dato forma a processi evolutivi in maniera molto "naturale", evitando attriti e stimolando riflessioni profonde aperte al dialogo, soprattutto tra opposti. 


Mirella Bentivoglio © Dino Ignani

Chi era Mirella Bentivoglio ?
Era nata il 28 marzo del 1922 a Klagenfurt, da Margherita Cavalli ed Ernesto Bertarelli, medico e scienziato. Trascorre l’infanzia a Milano, poi fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, studia nella Svizzera tedesca e in Inghilterra. Nel 1949, Mirella Bertarelli sposa lo scienziato spaziale Ludovico Matteo Bentivoglio, dal quale decide di adottare il cognome. Era inevitabile che quel "Bentivoglio", fosse per Mirella un segno propiziatorio per la sua attività artistica e poi, era il cognome dell'uomo da lei scelto e non imposto per discendenza. Dal felice matrimonio ultra trentennale, nascevano tre figlie (Marina, 1950; Leonetta, 1952; Ilaria, 1960) e Mirella rimaneva vedova nel 1980.

C’è da credere a un rapporto profondo tra la donna e l’alfabeto, e non solo perché per prima ne trasmette la forma ai figli … Io ho tre figlie e se sono diventata artista lo devo proprio alla maternità
Mirella Bentivoglio

Nel suo lungo e complesso iter formativo, Bentivoglio ha trattato temi diversi e tra loro connessi e quello del genere, riveste un ruolo di primo piano come testimoniano numerose sue opere. Infatti, malgrado cresciuta nell'ambiente dei movimenti femministi anni Settanta, Bentivoglio amava precisare come la sua attenzione per il linguaggio e la parola, cambiò proprio con la maternità. Dall’osservazione dei disegni delle figlie, dal loro rapporto sentimentale, l'artista coglieva l'importanza e la peculiarità di un linguaggio verbale privo di sintassi e ricco d’immagini.

Essere artista ed essere madre, sono state per Bentivoglio due condizioni connesse e vissute senza nessuna distanza tra vita personale e artistica, un atteggiamento comune in quegli anni anche ad altre protagoniste della scena che, seppure con scelte linguistiche diverse, condividevano queste istanze

Bentivoglio era una donna di cultura complessa, era plurilingue, dotata nelle lettere e infatti nasceva come poetessa; risale al 1943 il suo primo libro di poesie, testi redatti in italiano e in inglese, recensiti da critici importanti come Giorgio Caproni, Italo Defeo e Mario Praz. 


Mirella Bentivoglio © Alessandro Alimonti

Bentivoglio divenne nota nell'ambiente dell'arte per i suoi plurimi ambiti di intervento condotti in una lunga ed intensa carriera artistica e curatoriale. 
Il lavoro sul linguaggio, trova subito sbocco nella prolifica attività di teorica, saggista e curatrice di mostre sulla "Poesia visiva" al femminile. Dalla prima esposizione collettiva, allestita a Milano nel 1972, come una sorta di "censimento" dell'universo creativo della donna, ne seguiranno altre a scadenza annuale e arricchite di nuove presenze (Savona, 1973; Roma, 1974; Torino, 1975; Venezia, 1976; Bari, 1977). 
La spinta al sistema dell'arte fu talmente forte e incisiva che, nel 1978, Bentivoglio approdava alla Biennale di Venezia come curatrice della mostra "Materializzazione del linguaggio" (1978), un titolo volto ad evidenziate nella radice "mater", il duplice significato di femminilità e materia. La mostra, che riuniva ottanta artiste operanti nella "Poesia Visiva" e "concreta", assieme a figure femminili di spicco delle Avanguardie primo Novecento, coincideva con l'invito di Giulio Carlo Argan di curare per l’Enciclopedia Universale dell’Arte, la voce riferita al nuovo movimento artistico. 

Da allora, molti i contributi critici dell'autrice dedicati alla "parola visualizzata", a partire dalle ricerche storiche condotte sulle artiste del Futurismo italiano

Pur gravitando negli anni Settanta del femminismo, Bentivoglio si è sempre tenuta lontana da rivendicazioni ideologiche e infatti, nel suo lavoro creativo e curatoriale si è sempre posta come "mediatrice", con il compito di facilitare e non opporre. Un modo nuovo ed originale per porre questioni politiche ed estetiche che in quegli anni, attraversavano non solo la sua produzione, ma anche quella di molte colleghe donne.


Mirella Bentivoglio, Io, 1973-1979, foto collage su tela, 83x61cm. © Gramma_Epsilon Gallery Athens

Dopo la parentesi letteraria iniziale, il percorso artistico vero e proprio di Bentivoglio, prendeva avvio dopo i quarant'anni attorno al 1965 circa. Allora, cominciava a giocare con le parole staccandole dalla frase, isolando sillabe e lettere, per poi combinare immagini e oggetti in un gioco sapiente di correlazione fra linguaggi, verbali ed iconici, associati e rifiniti in una dimensione prevalentemente simbolica.
Come più volte segnalato dalla critica, le origini del suo operare sono riconducibili al Dadaismo di Marcel Duchamp e Man Ray, nonché al Futurismo.


Mirella Bentivoglio, Gabbia “Ho”, 1966, serigrafia su carta (1970), 24x20cm. © Gramma_Epsilon Gallery Athens

Mirella, aveva cominciato a costruire le sue opere scegliendo una parola per volta, se non addirittura solo alcune "lettere-forma", come la E la H e la O, virtualmente capaci di grande potenzialità comunicativa e simbolica. 
Per esempio, se la forma grafica della lettera H, per l'artista definisce una struttura chiusa, una gabbia, la O al contrario, si configura come apertura. E ancora, dal punto di vista visivo, la lettera muta si presenta come segno di astrazione, di separazione e ripetitività, mentre la forma circolare della vocale, appare come affermava l'artista, "sfuggente, fisica, sonora, unica nel segreto della manifestazione universale".

Universale", fu un concetto importante per l'artista che dalla lettera O, risaliva alla figura dell'uovo, archetipo di miti cosmogonici sull’origine dell’universo, figura di nascita o rinascita, fino all’idea stessa di creazione artistica 

Negli anni Settanta, dalla "Poesia visiva", Bentivoglio passava alla "Poesia oggetto", e in modo naturale, a performance ed "Azioni" che trovano spazio e nuovi significati   nelle sue "Poesie ambiente", allestite con grandi strutture simboliche sul suolo pubblico cittadino a suggerire cortocircuiti estetici e forbite allusioni.


Mirella Bentivoglio, L’Ovo di Gubbio; lapide all’adultera lapidata, 1976, pietra, h. 230cm. © Gramma_Epsilon Gallery Athens

La prima di una lunga serie fu il celebre "Ovo di Gubbio", una grande struttura in frammenti di pietra, realizzata nel 1976 per la Biennale che si svolse nella città umbra, poi donata alla cittadinanza.
L’uovo, da sempre nella storia dell’arte simbolo sacro di origine universale, rappresentazione dello zero, delle coppie oppositive di vuoto e pieno, di nulla e tutto, viene istallato nella città ed è la stessa artista a delinearne i diversi riferimenti tematici in un’interpretazione profonda e articolata. 
A partire dalla leggenda dell’incontro a Gubbio fra San Francesco e il lupo, identificato, in una ricerca iconografica dell’etnologo Giancarlo Gaggiotti, con una lupa, termine che in latino significa prostituta, emerge la figura che nella cultura patriarcale delinea la "donna-oggetto" per eccellenza. Con "l’Ovo di Gubbio", il significato fuoriesce dalla trappola e sancisce, simbolicamente, "un accordo di pace fra uomo e donna nel segno dell’uguaglianza".
Bentivoglio inoltre, sceglie di collocare il suo "Ovo" in un piccolo slargo lungo il percorso della processione dei Ceri, festa di metà maggio risalente alle celebrazioni pre-cristiane della "fertilità", per evidenziare così l'inserimento di un segno femminile in un rito di tradizione maschile, eseguito con gli elementi fallici delle candele. 
Un ultimo rapporto, riguarda il rivestimento dell’Ovo in frammenti di pietra dove, in uno di questi, l’iscrizione "All’adultera lapidata" esplicita la combinazione fra l’uovo, simbolo di vita e la pietra, arma di morte nella pratica patriarcale della lapidazione.


Mirella Bentivoglio, Il cuore della consumatrice ubbidiente, 1975, serigrafia su carta da pane, 25x18cm. © Gramma_Epsilon Gallery Athens

Fra i tanti lavori della Bentivoglio, non poteva mancare il suo "Cuore della consumatrice ubbidiente", un’opera grafica fatta da due grandi C rosse, riprese dalla Coca-Cola che, disposte specularmente, formano l'immagine dell'organo a cui è riferito l'amore. Realizzato in più versioni, su carta di giornale (1975) e in serigrafia su cartoncino omogeneo (1976), nonché, come vediamo nel filmato, stampato in trasparenza su plexiglass, il lavoro esprime una critica manifesta alla società dei consumi, assieme ad una concezione banale dell’amore espresso nella tradizionale forma grafica dove, al centro, Bentivoglio svela la vera caratteristica della donna a cui si riferisce: l'"oca".


Mirella Bentivoglio, Ti amo, 1970, Collage su carta, 72x51cm. © Gramma_Epsilon Gallery Athens

Nel 2011, Bentivoglio ha donato la sua ricca collezione e archivio di arte al femminile, raccolta in anni di lavoro, al Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto (MART). 
A un anno dalla scomparsa, nel 2018, in una giornata di commemorazione in suo onore, la Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele di Roma, ha presentato il fondo a lei titolato, donato dalle tre figlie. Nel 2019, la stessa Biblioteca Nazionale ha inaugurato un luogo espositivo intitolato a Bentivoglio, per ospitare una mostra permanente di alcune sue opere, accanto agli spazi dedicati a Pier Paolo Pasolini, Elsa Morante e Italo Calvino.
Sempre nel 2019, è nato in rete l’Archivio Mirella Bentivoglio, con lo scopo di promuovere e valorizzare il suo lavoro. 

UNA MOSTRA PER IL CENTENARIO
Mirella Bentivoglio. L'altra faccia della luna
I 100 anni di nascita dell'artista sono ricordati con la mostra "Mirella Bentivoglio. L'altra faccia della luna", inaugurata l’8 marzo 2022, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, ad Atene.

Mostre personali 
Mirella Bentivoglio ha tenuto numerose mostre personali, prevalentemente in sedi pubbliche, in Italia, Spagna, Germania, Inghilterra, Olanda, Repubblica Ceca, Stati Uniti, Brasile e Giappone, presentate da critici italiani e stranieri quali Enrico Crispolti, Gillo Dorfles, Frances Pohl e Krystyna Wasserman. Si ricordano le sue antologiche allestite nella Galleria Schwarz (Milano, 1971), nella Galleria Pictogramma (Roma, 1973), al Palazzo delle Esposizioni (Roma 1996) e al National Museum of Women in the Arts (Washington, 1999), e più recentemente, nella Galleria Oculus (Tokyo, 2010), al Pomona College (Claremont, 2003 e 2015), alla Biennale di Gubbio (Gubbio 2016), alla Galleria dell’Incisione (Brescia, 2018), negli spazi del MACMA (Lecce, 2011 e 2013), nel Museo Nuova Era (Bari, 2018) e nella Galleria Conceptual (Milano, 2019). Nel 2019 a Roma, nel Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università La Sapienza, è stata allestita una sua mostra personale con oltre quaranta opere provenienti dalla Collezione dei fratelli Garrera.

Mostre collettive 
Ha partecipato a mostre collettive in musei, gallerie e università in Europa, in America, in Medio ed Estremo Oriente, in Canada e in Australia. Ha esposto dieci volte alla Biennale di Venezia: nel 1969 e nel 1972, nel 1978 in due diverse rassegne, e ancora nel 1980, nel 1986, nel 1995, nel 2001 e nel 2009. Farà inoltre parte della 59esima edizione (2022) all’interno della mostra “Il latte dei sogni” a cura di Cecilia Alemani. Ha preso parte alla XI Quadriennale Nazionale di Roma nel 1986. Ha partecipato per tre volte alla Biennale di San Paolo del Brasile, tra il 1973 e il 1994, ed è stata esposta per tre volte al Centro Pompidou di Parigi (tra il 1978 e il 1982). Le sue opere sono state in mostra a Documenta Kassel nel 1982, al MoMA di New York nel 1992, a Palazzo Pitti di Firenze nel 2001, all’Expo di Milano nel 2015, al Getty Center di Los Angeles nel 2018.

Attività curatoriale 
Ha curato e presentato rassegne e mostre collettive alle Biennali di Venezia, di San Paolo, di Medellin; alla Columbia University di New York; all’Istituto Italiano di Cultura di Tokyo; al Centro Pecci di Prato; al Museo di Recife, Brasile; al Festival di Perth, Australia; all’Expo-Arte di Bari; al Palazzo delle Esposizioni di Roma; in Grecia, Spagna, Finlandia, e al MoMA di New York. Donazioni di opere d’arte da lei acquisite nel corso della sua attività organizzativa hanno arricchito le collezioni permanenti di musei quali la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, il MART di Rovereto, il MUSINF di Senigallia, il Museo Nori de’ Nobili di Trecastelli, il Pecci di Prato, il MACMa di Matino e il MAGA di Gallarate.

Archivio Mirella Bentivoglio