Il Museo dell'Arte Salvata

Una sede definitiva ed esposizioni temporanee per i reperti recuperati dai "Carabinieri dell'Arte"

Un porto per accogliere le opere d'arte trafugate, disperse, vendute o esportate illegalmente e poi, finalmente, riportate a casa. Un approdo temporaneo per far conoscere la bellezza offesa, dai furti ma anche dalle catastrofi naturali, di tanti capolavori sottratti al patrimonio nazionale e raccontarne la storia prima del definitivo ritorno nel contesto di appartenenza.  
Nel 2022 ha aperto le porte il Museo dell'Arte Salvata, sotto l’egida del Ministero della Cultura e grazie al sostegno della Direzione generale Musei: un museo dinamico, che esporrà nuclei di reperti sempre diversi, accolti nella prestigiosa Aula Ottagona delle Terme di Diocleziano, una delle quattro sedi del Museo Nazionale Romano, istituzione che comprende anche gli spazi di Palazzo Massimo, Palazzo Altemps e Crypta Balbi.
L’allestimento del nuovo Museo, composto da teche e pannelli modulabili a seconda delle necessità delle opere, permetterà ogni volta di cambiare la disposizione all’interno dell’Aula, per accogliere sempre nuovi tesori rendendoli fruibili dal grande pubblico. L’incessante recupero di opere d’arte consentirà un turnover regolare: mentre i pezzi esposti saranno collocati nei musei di pertinenza, nuove opere recuperate saranno esposte al fine di rendere continuo l’aggiornamento sul magistrale lavoro di recupero costantemente in corso.

Il Museo dell’Arte Salvata è un museo unico al mondo e sicuramente è un modello di museo che si può esportare anche negli altri paesi che sono stati colpiti dagli scavi clandestini e dal traffico di opere d’arte.
In questo luogo i reperti trafugati, danneggiati, offesi, che hanno perduto il contesto archeologico di appartenenza, cominciano una nuova vita. 
Stéphane Verger, Direttore del Museo Nazionale Romano

In occasione dell’apertura al pubblico del Museo, sono stati esposti i recenti ritrovamenti frutto delle attività di contrasto al traffico illecito di beni culturali svolta dal Reparto Operativo TPC, oggetti fatti rientrare dagli Stati Uniti d’America in un arco temporale compreso fra dicembre 2021 e settembre 2022: un corpus imponente di opere con numerosi pezzi di archeologia di varie civiltà.
Sono reperti che risalgono a diverse attività investigative condotte dai “Carabinieri dell’Arte” in collaborazione con le Autorità statunitensi, sequestrati presso direzioni museali, case d’asta e collezioni private in varie località d’oltreoceano. Avevano sopportato la consueta trafila dei traffici illeciti di settore: scavi clandestini, ricettazione, esportazione illecita. Le opere, al termine dell’esposizione temporanea sono state collocate tra il Museo Archeologico Nazionale di Taranto, il Museo Nazionale Archeologico Cerite all’interno del Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia e lo stesso Museo Nazionale Romano.

In cinquantatré anni di attività i Carabinieri dell’Arte hanno rinvenuto e restituito all’Italia quasi quattro e milioni e mezzo di reperti, di questi quasi settantamila recuperati all’estero. Con il Museo dell’Arte Salvata, dopo le attività investigative, le cooperazioni internazionali e l’attività diplomatica, diamo una testimonianza tangibile di quanto il nostro Paese si impegni per recuperare le opere d’arte che sono state trafugate.
Vincenzo Molinese, Comandante Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale

La prima mostra proposta nel nuovo Museo è un percorso nell’Italia preromana, dall’ VIII secolo a.C. al III secolo a. C. I reperti più antichi risalgono all’epoca orientalizzante e provengono per lo più dall’Etruria meridionale ma anche dal Lazio, come la Giara (pithos) in ceramica d’impasto rosso sovra-dipinto in bianco di produzione etrusca (Cerveteri) con scena mitologica dell’accecamento di Polifemo e il Cratere cerimoniale con quattro anse sormontate da coppette in ceramica d’impasto rosso sovra-dipinto in bianco di produzione nord laziale (Crustumerium) con uccelli acquatici (VII sec. a.C.).
Alla seconda metà dal VI sec. a.C. risalgono le anfore con scene figurate: alcune sono attiche e illustrano l’evoluzione stilistica di questo periodo, altre sono etrusche e coprono lo stesso arco cronologico come l’Anforetta etrusca a figure nere con guerrieri affrontati sulla pancia e occhioni sulla spalla (fine del VI sec. a.C.)   

Le necropoli etrusche hanno restituito un’enorme quantità di ceramiche del VI e del V sec. a.C. Forse provengono proprio dall’Etruria gli esemplari recuperati dal Comando TPC negli Stati Uniti, anche se le origini precise sono sconosciute, come per l’opera esposta Coppa (kylix) attica a figure rosse con Dioniso (all’interno) e satiri con menadi (all’esterno) di inizio V sec. a.C. Da una grande stipe votiva, in un santuario non identificato dell’Etruria meridionale o del Lazio, proviene la Testa votiva in terracotta di produzione etrusco-laziale del IV sec. a.C., sulla quale si osservano alcune tracce di policromia che fanno rivivere i volti antichi.
Dalla Magna Grecia provengono numerosi esemplari della ricca produzione ceramica a vernice nera e figure rosse che si sviluppa tra la seconda metà del V e la prima metà del IV sec. a.C. come il Cratere a forma di calderone (lebes) con scena di banchetto (symposion) con il gioco del kottabos (verso la metà del IV sec. a.C.) e il Piatto con due anse a figure rosse sovra-dipinte con maschera centrale sovra-dipinta e scena di guerra tra Greci e Amazzone (amazzonomachia) della seconda metà del IV sec. a.C., entrambi di produzione apula.



Tra i recuperi straordinari spicca il gruppo in terracotta Orfeo e le Sirene, un capolavoro unico dell’arte greca del IV sec. a.C. Il gruppo composto di tre sculture a grandezza quasi naturale, trafugato negli anni ‘70 da un sito archeologico tarantino e acquistato successivamente dal The Paul Getty Museum di Malibu (Los Angeles - U.S.A.), è destinato a rientrare nella sua terra d’origine e a far parte della collezione permanente del Museo Archeologico di Taranto (MArTA).
Il gruppo scultoreo, originariamente dipinto, rappresenta un mito antico e, forse, adornava la tomba di un adepto ai misteri orfici. Le sirene, che guardano Orfeo, sono rappresentate come figure ibride di donna e di uccello, secondo l’iconografia più antica, che verrà superata da quella a noi più familiare di un essere metà donna e metà pesce, soltanto nel Medioevo. Il gruppo era originariamente dipinto e costituisce davvero un esemplare unico perché nel mondo antico raramente una scena mitica come questa veniva rappresentata in terracotta.

Quando un’opera d’arte di così inestimabile valore torna nel suo territorio di origine è una grande conquista per tutti, non soltanto per il mondo dell’arte e dell’archeologia, ma per l’intero Paese che si riappropria di un tassello fondamentale delle sue origini e quindi della sua cultura e siamo lieti di accogliere nel Museo dell’Arte Salvata, creato proprio per questo, il primo grande successo quale è il recupero dell’Orfeo e le Sirene dopo l’inaugurazione di questo spazio.
Stéphane Verger, Direttore del Museo Nazionale Romano