Rosario Livatino, "il giudice ragazzino" sottratto all'oblio

Il 9 maggio la cerimonia di beatificazione ad Agrigento

Quando moriremo non ci verrà chiesto se siamo stati credenti, ma se siamo stati credibili
Rosario Livatino 

La personalità del giudice Rosario Livatino potrebbe essere riassunta in questa sua frase, che fa il paio con quella in cui sosteneva che un magistrato non deve limitarsi a essere indipendente, ma deve anche apparire tale. Profondamente religioso, da bambino Livatino era soprannominato “101 anni” per la precoce maturità e saggezza. Privo di scorta perché l’aveva sempre rifiutata, il 21 settembre 1990 Livatino fu freddato lungo la strada Canicattì-Agrigento; Paolo Borsellino fu fra i primi ad accorrere sul posto. A uccidere Livatino fu la Stidda, un’associazione criminale nata da una secessione dalla mafia di cui poi divenne anche nemica, molto attiva in quegli anni nel sudovest della Sicilia. Nando dalla Chiesa è dubbioso riguardo l’estraneità di Cosa Nostra all’assassinio: difficile, seppur non impossibile, che la decisione di eliminare Livatino sia stata della sola Stidda.

All’indomani dell’omicidio, Giovanni Falcone immaginò che di lì a poco nessuno si sarebbe più ricordato di Livatino, vista la minore centralità che Agrigento aveva rispetto a Palermo nella lotta alla mafia. La realtà di Girgenti era quella di una città ripiegata su se stessa, dove alcuni dei superiori di Livatino avevano frequentazioni imbarazzanti; Livatino invece si distingueva per la ritrosia verso le uscite pubbliche, si teneva lontano da ogni possibile clamore mediatico, con un atteggiamento che, unito alle sue inchieste e ai suoi processi, favorì la decisione di ucciderlo. Il giudice ragazzino, il libro che dalla Chiesa scrisse sulla vicenda Livatino, volle essere anche una risposta alla previsione di Falcone. Anni dopo dalla Chiesa incontrò a Canicattì i genitori di Livatino nella loro casa, dove l’oscurità causata dalle persiane chiuse era una manifestazione del lutto. Quella dei Livatino era una famiglia che mai era stata sulle prime pagine dei giornali finché non fu colpita dalla tragedia. 

Nel 1993 il produttore Maurizio Tedesco portò alla Rcs Films & Tv il progetto liberamente ispirato all’omonimo libro di dalla Chiesa. Responsabile produzioni e coproduzioni di Rcs era Giannandrea Pecorelli; soggetto e sceneggiatura erano di Ugo Pirro, Andrea Purgatori e Alessandro di Robilant, quest’ultimo destinato anche alla regia. Lo script fu proposto dalla Rcs a Rai2 diretta da Giampaolo Sodano. Sul tavolo della trattativa c’era una serie di telefilm, con le quote di realizzazione stabilite al 50% ciascuno; ma quello su Livatino, Pecorelli, Tedesco e di Robilant proposero di girarlo in 35mm e non in 16mm per favorirne l’uscita in sala. I tre rappresentavano la produzione esterna; di fronte, oltre alla direzione, c’erano le strutture cinema, pianificazione e quella dell’ispettorato produttivo della seconda rete. Accanto a Sodano sedevano Massimiliano “Max” Gusberti, Paolo Bistolfi, attuale responsabile di Rai Premium, l’avvocato Luigi Valentini, Stefano Munafò e Luciana Tissi, quest’ultimi due destinati a essere i produttori per il canale. Per girare in 35mm sarebbe occorso un maggior esborso di circa 40/50 milioni di lire, ma la miglior qualità tecnica avrebbe giovato al film. 

Pronto a vestire i panni del giudice, Giulio Scarpati visitò il luogo dell’assassinio, poi si recò a casa dei Livatino. La madre, chiusa nel suo dolore, si limitò a sfiorargli la fronte suggerendogli come doveva pettinarsi per somigliare a suo figlio: Scarpati non resse all’emozione e pianse. L’attore è bravissimo nella sua recitazione “in sottrazione” perché quello era Livatino: un uomo timido, taciturno, pensieroso, impacciato nei suoi abiti che sembravano essere un paio di taglie più grandi. Il ruolo affidato a Sabrina Ferilli è quello di un’avvocatessa che si innamora del giovane magistrato; occorreva un’attrice fisicamente “superiore” a lui, che fosse bella ma non bellissima: la Ferilli, suggerita da Tedesco, si dimostrò perfetta. A questo riguardo dalla Chiesa si limita a ricordare che per quella donna, in realtà una notaia, Livatino ebbe solo una normale simpatia. 

Durante i sopralluoghi, di fronte allo scempio delle ville abusive costruite nella Valle dei Templi e agli echi delle sanguinose faide che caratterizzavano la zona, la produzione temette l’ostracismo della popolazione locale alle riprese del film; invece andò tutto liscio. Unica nota amara fu quella di vedere le comparse fare la fila per i ruoli da mafiosi, rifiutando quelli da poliziotti. 

Livatino era un accanito cinefilo e nel film gli unici momenti distensivi sono proprio quelli che di Robilant dedica alla sua passione, come quando inquadra i film di Sergio Leone insieme a Ombre rosse che il magistrato ha in vhs; o anche la serata passata al cinema con l’avvocatessa Guarnera, a vedere Il posto delle fragole di Ingmar Bergman; oppure la divertente dissertazione sugli effetti speciali che Livatino fa di fronte alla tv che sta mandando in onda l’Odissea

Al festival di Berlino Il giudice ragazzino vinse l’Angelo Azzurro, un riconoscimento che si ispirava all’omonimo film di Josef von Sternberg e che veniva assegnato al miglior film europeo in concorso. A ritirare il premio fu Pecorelli, che si trovò circondato da personaggi del calibro di Jeremy Thomas, Morgan Freeman, Carlo Lizzani, Jim Sheridan, Krzysztof Kieslowski, Alain Resnais. 

La decisione di fare di Il giudice ragazzino un film per il cinema si dimostrò vincente per la Rcs, vista la tiratura del Corriere della Sera: fu un record per un quotidiano con allegato un vhs. Analogo successo ebbe Rai2 per la sua messa in onda.

Scheda del film

Il giudice ragazzino di Alessandro di Robilant - 1993 – 92’
Con Giulio Scarpati, Sabrina Ferilli, Leopoldo Trieste, Renato Carpentieri

Provincia di Agrigento, anni ’80. Rosario Livatino (Scarpati) è un magistrato non ancora quarantenne, in prima fila nella lotta alla mafia. Caratterialmente riservato, non ha remore o dubbi quando c’è da combattere la “piovra” sempre più potente nella sua zona. Livatino vive con i genitori, suo padre Vincenzo (Trieste) è un ex impiegato dell’esattoria comunale. Nel suo stesso palazzo, al piano di sopra, abita Giuseppe Migliore (Carpentieri), boss mafioso, il quale tenta di ammorbidire l’atteggiamento di Livatino, mentre quest’ultimo fa di tutto per non incrociarlo, nemmeno nel condominio. Legale di Migliore è l’avvocatessa Angela Guarnera (Ferilli), la quale si innamora del giovane magistrato. Ma la morte per mano mafiosa è dietro l’angolo.    

Produzione Rcs Films & Tv/Rai2/Trio Cinema e Televisione. Distribuzione Warner. Prima cinema 18 febbraio 1994. Prima tv Rai2 17 novembre 1994. Angelo Azzurro al Festival del Cinema di Berlino 1994. David di Donatello 1994 a Giulio Scarpati. Globo d’Oro ad Alessandro di Robilant, Ugo Pirro e Andrea Purgatori.

Fonti

livatino.it
Nando dalla Chiesa Il giudice ragazzino, Einaudi 1992
Salvatore Presti Luce verticale, 2006 (documentario)
TV2000 Bel tempo si spera, 8 ottobre 2015
Alessandro Chiappetta Il ragazzo con la toga, 2015 (documentario)
Conversazione con Giannandrea Pecorelli, 1 luglio 2019
Conversazione con Maurizio Tedesco, 5 luglio 2019
Conversazione con Nando dalla Chiesa, 9 luglio 2019

Per gentile concessione della Direzione Comunicazione della Rai