Rivoluzionari alla regia

Il '68 dei giovani cineasti italiani

Il 1968, cui si riferiscono queste immagini, vede protagonista, anche nel cinema, una generazione di giovani impegnati che imbracciano la macchina da presa come fosse un’arma, per portare avanti la propria rivoluzione.
I più noti si chiamano Marco Bellocchio, Roberto Faenza, Salvatore Samperi, Giancarlo Cobelli, Romano Scavolini. Alcuni di loro avrebbero avuto successo nei decenni a venire anche se all’epoca esordirono con prove autoriali non particolarmente convincenti nonostante le tematiche affrontate vibrassero dello spirito di rivolta che animava la loro generazione.
Poco più che ventenni, occupavano le università insieme agli studenti, scendevano in piazza a manifestare contro il potere e la sera si rintanavano nei cineclub di quartiere, avidi consumatori di pellicole d’assai. Le piccole sale cinematografiche, nei sottoscala delle parrocchie o negli scantinati dei dopolavoro, diventarono in quegli anni delle vere e proprie palestre di scambio di opinioni per una generazione inquieta, alla ricerca del modus per esprimere il proprio netto e inequivocabile dissenso.
I più radicali tra loro sostenevano che:

Bisogna strappare la maschera della borghesia con il pugnale della macchina da presa 
Goffredo Fofi

Oppure:

Occorre fare un cinema al servizio della Rivoluzione

Il loro paladino si chiama Jean Luc Godard. Proprio nel ‘68 il regista francese produce film d’avanguardia in chiave fortemente politica. E allora via, a girare con la macchina a spalla nelle piazze, nelle università occupate, nelle strade e nei quartieri delle periferie. Il nemico comune è la borghesia. La stessa classe sociale da cui spesso si proviene per nascita, quella dei padri. I cineasti figli della contestazione si rispecchiano nell’anti-eroismo e nell'asocialità  dei loro protagonisti, impegnati soprattutto in una lotta personale e solitaria contro le ipocrisie e l’omologazione. Sognano, come Alvise nel Grazie zia di Samperi, di assomigliare al Diabolik del fumetto, tentano goffamente di sedurre la giovane zia e attaccano alle pareti delle loro camere da letto manifesti che condannano, senza se e senza ma, la guerra in Vietnam. E’ un paradosso significativo che il film di Samperi finisca per essere associato al genere della commedia erotica all’italiana: il ‘proibito’ cui strizza l’occhio decreterà il successo di botteghino. Ma le intenzioni del registe erano molto diverse:

Ho voluto fare un film per fare un certo tipo di discorso. Il discorso che ho cominciato è negativo: un giovane è completamente isolato, deve tagliare completamente i ponti con il resto della società 
Salvatore Samperi

La conclusione è tragica e il film più che politico risulta, alla fine, intimista.
La rivoluzione dunque non deflagra, almeno in Italia. I padri rimangono saldi al posto di comando. Ma iI cinema, criticando i costumi, finisce con il dare il suo contributo per cambiare la società anche nel nostro Paese. Pensiamo soprattutto al lavoro di Pier Paolo Pasolini, Bernardo Bertolucci o alla satira amara e sferzante di Monicelli, Scola, Dino Risi.
Il filmato affronta poi il problema della produzione e distribuzione delle opere prime dei registi esordienti degli anni '60 e '70. Nell’intervista Enzo Doria, uno dei produttori che puntarono sul nuovo filone cinematografico fatto da giovani e destinato ad un pubblico di giovani, racconta delle difficoltà che si incontrano per raggranellare fondi per produrre film d’autore:

La distribuzione non guarda di buon occhio le produzioni che finanziano film che attirano nelle sale un pubblico molto ridotto, almeno in Italia. Prima quindi di decidere di finanziare un film, bisogna cercare un distributore che spesso non ti riceve nemmeno, non ti risponde al telefono, non ti concede appuntamenti. I più benevoli, a manate sulle spalle, ti incitano a fare ma non garantiscono nulla 
Enzo Doria

Le cose migliorano sensibilmente quando una legge dello Stato crea l’Italnoleggio, una società di produzione e distribuzione a partecipazione statale che nasce con la vocazione di favorire il debutto di nuovi registi e creare un mercato per i film d’autore. La struttura era presieduta dal critico cinematografico Mario Gallo.

Fra i numerosi compiti assegnati alla nostra società c’è anche quello di rinnovare il quadro artistico e tecnico della cinematografia nazionale e favorire il debutto dei nuovi registi. Ma non basta. Il problema da risolvere per noi, che siamo anche una società di distribuzione, è quello di far circolare questi film, di creare un mercato il che significa risolvere una serie di problemi collegati, come la mancanza di sale specializzare per realizzare film d’autore.
Mario Gallo