"Frontiera" di Alessandro Di Gregorio

Per ricordare il naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013

Il 3 ottobre 2013, nelle acque dell'isola italiana di Lampedusa, si consuma una delle più gravi catastrofi marittime del Mediterraneo dall'inizio del XXI secolo. Un peschereccio libico di 20 metri, salpato dal porto di Misurata il 1º ottobre 2013, con a bordo migranti di varie nazionalità, giunto a circa mezzo miglio dalle coste lampedusane - già è visibile il contorno dell'Isola dei Conigli - si ferma per un'avaria al motore. Per attirare l'attenzione delle navi che passano, qualcuno agita uno straccio infuocato che solleva all'improvviso una nuvola fumo nero. L'effetto è dirompente: le centinaia di passeggeri, spaventati dal fuoco, si spostano da un lato dell'imbarcazione stracolma che si rovescia, gira su se stessa tre volte e cola a picco.

All'alba imbarcazioni civili e pescherecci italiani notano i naufraghi e danno l'allarme caricando la maggior parte dei superstiti a bordo. Il bilancio finale rivela cifre spaventose: 155 superstiti, 366 corpi senza vita recuperati in mare (360 eritrei , 6 etiopi), cui potrebbero essere sommati un'ulteriore ventina di dispersi. Uomini, donne, bambini. La cifra ufficiale, a distanza di giorni, sarà di 368 morti. Ma probabilmente sono  molti di più.

Il 15 aprile 2015 la Camera dei deputati approva con 287 voti favorevoli, 72 contrari e 20 astenuti l'istituzione, il 3 ottobre, della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione. Il Senato della Repubblica ratifica la decisione il 16 marzo 2016.

Anche negli anni successivi alla tragedia del 2013 continuano i naufragi con numerose vittime. Secondo i dati riportati dall’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, l’area mediterranea è quella dove muoiono più migranti nel mondo. In particolare, nel 2014 sono state 3.283 le morti accertate, 3.782 nel 2015, 5.143 nel 2016, 3.139 nel 2017 e oltre 1.700 dall'inizio del 2018. Si tratta tuttavia di numeri al ribasso, visto che non vengono considerati i dispersi ma soltanto i migranti di cui è stato ritrovato il corpo.

Con il libro La Frontiera (Feltrinelli 2015), lo scrittore, giornalista e attivista Alessandro Leogrande (scomparso nel 2017 a soli 40 anni) racconta voci facce e storie raccolte a bordo delle navi dell’operazione Mare Nostrum, le storie - anche queste terribili - dei trafficanti e dei baby-scafisti, insieme a quelle dei sopravvissuti ai naufragi del Mediterraneo al largo di Lampedusa, ricostruisce la storia degli eritrei, popolo tra i popoli forzati alla migrazione da una feroce dittatura. 

C’è una linea immaginaria eppure realissima, una ferita non chiusa, un luogo di tutti e di nessuno di cui ognuno, invisibilmente, è parte: è la frontiera che separa e insieme unisce il Nord del mondo, democratico, liberale e civilizzato, e il Sud, povero, morso dalla guerra, arretrato e antidemocratico. È sul margine di questa frontiera che si gioca il Grande gioco del mondo contemporaneo. Questa soglia è inafferrabile, indefinibile, non-materiale: la scrittura vi si avvicina per approssimazioni, tentativi, muovendosi nell’inesplorato, là dove si consumano le migrazioni e i respingimenti, là dove si combatte per vivere o per morire
La Frontiera di Alessandro Leogrande

Vi proponiamo la visione del cortometraggio Frontiera che il regista Alessandro Di Gregorio ha realizzato a Lampedusa nel 2018, vincitore del David di Donatello nel 2019. E' la storia di due giovani che arrivano sull'isola per lavorare: il primo, un sommozzatore della Marina Militare, avrà il compito di ripescare dal fondo del Mediterraneo i cadaveri dei naufraghi; il secondo, un adolescente siciliano al suo primissimo impiego, dovrà ricomporne e seppellirne i resti. La narrazione procede implacabile per mostrare allo spettatore come le vite dei due protagonisti, dal giorno dello sbarco, cambieranno per sempre.