I candidati a Miglior film: "Il signore delle formiche" di Gianni Amelio

L'amore ai tempi del plagio

Presentato alla Mostra internazionale di arte cinematografica di Venezia nel 2022, Il signore delle formiche racconta la storia di Aldo Braibanti, poeta, drammaturgo, ex partigiano, studioso dei comportamenti delle formiche, che nel 1968 fu accusato nel primo processo per plagio fatto in Italia, accusato di aver «ridotto in totale stato di soggezione» il 23enne Giovanni Sanfratello. La famiglia del giovane infatti, non accettando il rapporto di amore che univa i due, denunciò Braibanti per «plagio», avvalendosi dell’articolo 603 del Codice penale o codice Rocco istituito nel 1930. Questo perché nell’ italia fascista l’omosessualità non era proprio prevista.

La condanna di Braibanti scatenò il mondo intellettuale italiano (da Moravia a Pasolini, passandpo per Bussotti, Bene, Eco, Grifi, Bellocchio e molti altri) che vedeva nella sua figura un punto di riferimento importante per la scena di quegli anni. 

Pasolini scrisse di Aldo Braibanti, lodandone la mitezza e l’imperturbabilità dinanzi a una società che si accanì contro di lui:

La presenza di Braibanti nella letteratura è sempre stata intelligente, discreta, priva di vanità, incapace di invadenze. Ciò che produce Braibanti si «propone», come ogni vera ricerca, non si impone. Non sa proprio cosa vuol dire imporsi. Se c’è un uomo «mite» nel senso più puro del termine, questo è Braibanti. Qual è dunque il delitto che egli ha commesso per essere condannato attraverso l’accusa, pretestuale, di plagio? Il suo delitto è stata la sua debolezza. Ma questa debolezza egli se l’è scelta e voluta, rifiutando qualsiasi forma di autorità.

Carmelo Bene dirà:  Aldo era genio straordinario. C'intendemmo subito. “Vieni a trovarmi a Fiorenzuola d'Arda”, mi aveva detto. Abitava in una torre molto bella. Aveva un formicaio che curava maniacalmente. Sapeva tutto delle formiche e di molte altre cose. Passai da lui dopo la vacanza veneta. Una settimana insieme a un altro pazzo, il suo editore, progettando spettacoli su palloni aerostatici a Portofino, sopra le teste dei miliardari in vacanza. Dormivo in camera sua, su questi letti Ottocento in radica. Uno dei miei tanti padri. Mi sentì un giorno che leggevo Campana. “Il più grande poeta italiano”, disse. M'insegnò con quella sua vocetta a leggere in versi, come marcare tutto, battere ogni cosa. Gli devo questo, tra l'altro. Non è poco. Progettavamo insieme come demolire la convenzione teatrale e letteraria italiana 

La condanna a nove anni fu fatto ignobile. Uno dei tanti petali di questo fiore marcito che è l'Italia. Fu condannato per un reato mai tirato in ballo fino ad allora. Il plagio. Per giunta ai danni di un maggiorenne... Tutto è plagio, che scoperta! Qualunque soggetto pensante e parlante è quotidianamente sottoposto a plagio. In seguito, sempre troppo tardi, questo reato fu cancellato dal codice penale. Contro Braibanti si scatenò la rappresaglia del sociale, la vendetta delle masse. Era l'intellettuale migliore che avesse l'Italia all'epoca. Aveva interessi pittorici, letterari, musicali. Profeta in anticipo di trent'anni. Fu uno dei primi a condannare il consumismo".

Proprio di Carmelo Bene, con cui Aldo Braibanti collaborò dagli inizi degli anni 60, è il film Un Amleto di meno del 1973. In questo film, Bene, crea un Amleto "degenere" mescolando la tragedia di Shakespeare con il racconto "Amleto o le conseguenze della pietà filiale" del poeta francese Jules Laforgue e si confronta con il linguaggio cinematografico, fatto di montaggio, fotografia, recitazione etc scardinandone le regole e i codici prestabiliti, creando dunque un’opera “aperta” alle varie forme espressive.