Aristotele e l'etica. Le virtù dianoetiche

L'intuizione intellettuale del filosofo

I filosofi francesi Pierre Aubenque (L'Isle-Jourdaine, 23 luglio 1929) e Paul Ricoeur (Valence, 27 febbraio 1913 – Châtenay-Malabry, 20 maggio 2005), in un’intervista dell'Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche, discutono delle virtù dianoetiche, o virtù dell’intelletto, di cui Aristotele (Stagira, Grecia 384 a.c. – Eubea, Grecia 322 a.c.) tratta nei libri I, VI e X dell`Etica Nicomachea.
Nella dottrina morale aristotelica le virtù morali dianoetiche riguardano propriamente la noesis, ovvero l’intuizione intellettuale, e sono quindi le virtù del filosofo, legate alla razionalità, diversamente dalle virtù etiche, come la giustizia e il coraggio, inerenti invece alla sfera pratica della ragione. Tra le virtù dianoetiche, quella dotata di maggiore rilievo per Aristotele è la phrònesis, saggezza (o prudenza), in quanto chi la possiede sa deliberare in modo giusto, svolgendo un ruolo determinante anche per la comunità.
Ciò che si giudica in etica non è l'azione singolarmente considerata quanto la disposizione ad agire in un certo senso.

La saggezza è imperativa, perché il suo fine è quello di determinare ciò che si deve e che non si deve fare.
Aristotele