Paura e libertà
Vittorio Alberti
Vittorio V. Alberti - professore di Filosofia a Roma presso la Pontificia Università Lateranense, e direttore della rivista on line “Sintesi Dialettica“ - cita Kierkegaard per sottolineare come l'infinita possibilità del tempo attuale abbia due facce: la libertà e l'angoscia. L'angoscia si connota come la risulta della condizione di libertà, di infinite possibilità: lo scarto dall’una all’altra è dato dalla capacità di discernimento. Kierkegaard afferma che l'angoscia è pericolosa per lo smidollato proprio perché questi non possiede il discernimento. E Spinoza, da parte sua, sostiene che la paura e la speranza rivelano uno stato di inadeguatezza perché ignorano le cause. La paura si connota quindi come doppia, perché può paralizzare ma anche generare strategie.
Il doppio sostanziale della paura non può non fare i conti con la frase “conosci te stesso e niente di troppo”. Il “niente di troppo” è la hybris, la tracotanza che è insita nel desiderio di conoscere troppo. Ma c’è da aggiungere che nessuno può effettivamente arrivare a conoscere se stesso, quindi anche questa famosa affermazione, alla base della filosofia occidentale, rivela la sua doppia faccia.
La paura, essendo in sé doppia, ha il volto della tragedia ma è anche un’emozione positiva: sarebbe terribile se non la avessimo. Paradossalmente, possiamo definirci veramente coraggiosi solo se riusciamo a percepire la (e a convivere con) la paura. Se grazie alla paura io mi misuro con il rischio, è possibile che questa sia il più intenso e il più formidabile stimolo alla definizione della vita come ricerca? In tal senso si può tornare a leggere lo scenario attuale: la nostra società non è solo angoscia e isolamento, perché se cominciamo a interpretare la paura in questi termini positivi, essa può condurre a un legame solidaristico tra gli uomini tramutando gli “individui” in “persone”, ossia in individui che vivono in relazione tra di loro.
Il doppio sostanziale della paura non può non fare i conti con la frase “conosci te stesso e niente di troppo”. Il “niente di troppo” è la hybris, la tracotanza che è insita nel desiderio di conoscere troppo. Ma c’è da aggiungere che nessuno può effettivamente arrivare a conoscere se stesso, quindi anche questa famosa affermazione, alla base della filosofia occidentale, rivela la sua doppia faccia.
La paura, essendo in sé doppia, ha il volto della tragedia ma è anche un’emozione positiva: sarebbe terribile se non la avessimo. Paradossalmente, possiamo definirci veramente coraggiosi solo se riusciamo a percepire la (e a convivere con) la paura. Se grazie alla paura io mi misuro con il rischio, è possibile che questa sia il più intenso e il più formidabile stimolo alla definizione della vita come ricerca? In tal senso si può tornare a leggere lo scenario attuale: la nostra società non è solo angoscia e isolamento, perché se cominciamo a interpretare la paura in questi termini positivi, essa può condurre a un legame solidaristico tra gli uomini tramutando gli “individui” in “persone”, ossia in individui che vivono in relazione tra di loro.