Alfonso Maurizio Iacono. Teoria del feticismo

Dal feticismo delle merci al primato dello spettacolo

Alfonso Maurizio Iacono, intervistato in occasione della V edizione del Festival del Pensare, dal titolo Male nostro quotidiano, che si è svolta, dal 18 al 26 luglio 2019, a Cecina, Casale Marittimo, Guardistallo, Montecastelli Pisano, Castagneto Carducci, Bibbona e Populonia, parla della sua teoria del feticismo di cui ha iniziato ad occuparsi sin dagli anni ’80, perché, a suo avviso, questo concetto meritava una storia. Il feticismo è un concetto coloniale che nasce nel XV secolo sulle coste dell’Africa e poi si sviluppa nell’illuminismo con Charles de Brossesche, che scrive  Il culto degli dei feticci, diventando un concetto scientifico, considerato come una tappa, la più primitiva delle credenze religiose. Ci sono due autori che cambiano le cose uno è Marx, che applica questo concetto alle merci - il feticismo delle merci che confonde i rapporti umani e sociali con i rapporti con le cose - e l’altro è Freud, che ha considerato il feticismo come un’operazione psicanalitica dove la parte sostituisce il tutto. 
Ma il primo che dal punto di vista antropologico si accorge del fraintendimento che c’era stato di questo concetto è stato l’antropologo Marcel Mosse, che spiega che il feticismo come religione non è mai esistito.

Il feticismo oggi è in aumento per cui è un tema di grande attualità e il problema è oggi di capire il potere sostitutivo che ha la merce nella soddisfazione del bisogno e nel suscitare il desiderio. 
In realtà il processo di feticismo delle merci sta sempre più portando al primato dello spettacolo in tutti i campi della vita ed un esempio è il narcisismo dei social. Ma se siamo tutti spettatori di una comunità immaginaria fatta di individui soli, finisce per scomparire l’aspetto cooperativo, che invece è sempre stato fondamentale per favorire lo sviluppo delle facoltà individuali, e il valore stesso del lavoro. 


Alfonso Maurizio Iacono è professore di Storia della Filosofia presso l’Università di Pisa. Si è occupato dei rapporti tra filosofia e antropologia attraverso una metodologia d’indagine influenzata dallo strutturalismo francese, dall’epistemologia della complessità di Francisco Varela e dalla riflessione di Gregory Bateson. Alle prime ricerche sulle strutture cognitive del pensiero europeo di fronte al colonialismo, in primo luogo la nozione di feticismo, sono seguite le riflessioni sull’epistemologia dell’osservatore e sui concetti di autonomia e finzione in una chiave storico-politica. Attualmente lavora sui temi della storia e della sostituzione attraverso l’immagine rinascimentale e moderna della finestra.