Divina Commedia: Inferno, Canto II

Il commento di Vallone e Pasquazi

Aldo Vallone e Silvio Pasquazi, nella prestigiosa cornice della biblioteca Vallicelliana di Roma, commentano il Canto II dell'nferno di Dante. Nell'invocazione alle Muse, che apre il canto, si ravvisa il tema, ricorrente, della "memoria storica", ossia delle insicurezze e dei timori di Dante, che ha paura di non riuscire a rappresentare fedelmente ciò che ha visto nel viaggio. A questo tema si collega quello della "viltà", o meglio della sfiducia di Dante in se stesso, del suo non sentirsi più all'altezza di fronte al compito assegnatogli. Perché proprio a lui la possibilità di visitare l'aldilà? Il suo viaggio risponde ad un disegno provvidenziale, ad un volere divino. Solo grazie al conforto di Virgilio e alle rassicurazioni delle tre donne celesti, la Madonna, Santa Lucia e Beatrice, Dante ritroverà la sicurezza che gli serve. Anche nel Paradiso, preannunciano i commentatori, l'avo Cacciaguida sarà orgoglioso che Dante, suo discendente, sia stato prescelto per l'alto compito.

Lo giorno se n’andava, e l’aere bruno
toglieva li animai che sono in terra
da le fatiche loro; e io sol uno

m’apparecchiava a sostener la guerra
sì del cammino e sì de la pietate,
che ritrarrà la mente che non erra.

O muse, o alto ingegno, or m’aiutate;
o mente che scrivesti ciò ch’io vidi,
qui si parrà la tua nobilitate.


Dante Alighieri, considerato il padre della lingua italiana nonché pilastro della letteratura mondiale, nacque a Firenze tra il 21 maggio e il 21 giugno del 1265. La sua opera più importante, la Comedìa, conosciuta come la Divina commedia e composta tra il 1306 e il 1321, è letta e studiata in tutto il mondo e rappresenta probabilmente la più importante testimonianza della letteratura medievale e del dolce stil novo. Tra le sue altre, magistrali e celeberrime opere ricordiamo: la Vita Nova, composta tra il 1292 e il 1293, dedicata all'amore per Beatrice e che comprende il sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare; il Convivio, composto tra il 1303 e il 1308, in cui emerge il ruolo civile della letteratura; il De vulgari eloquentia, trattato composto in latino tra il 1303 e il 1304 in cui Dante difende la dignità e l'importanza della lingua "volgare"; e De monarchia, opera composta tra il 1310 e il 1313 in cui convergono tutto il suo pensiero e la sua filosofia politica. Muore a Ravenna, in esilio dalla sua amata Firenze, nella notte tra il 13 e il 14 settembre del 1321.