Giovanni Pascoli

Il commento di Guido Davico Bonino

Il 31 dicembre del 1855 nasceva a San Mauro di Romagna Giovanni Pascoli, considerato uno dei più importanti poeti decadenti italiani. La sua crescita e la sua formazione furono fortemente segnati dalle difficili vicende vissute durante gli anni dell'infanzia e della prima giovinezza, che influenzarono inevitabilmente anche la sua sensibilità e la sua poetica. Appena adolescente, perse il padre in circostanze misteriose: l'uomo venne assassinato mentre tornava a casa in calesse, e il delitto rimase sempre impunito. L'episodio, cui seguì a breve distanza di tempo anche la scomparsa della madre, portò profonda disperazione e dolore nella vita di Pascoli e di ciò che era rimasto della sua famiglia devastata. Condivise dolori e sofferenze economiche con due fratelli e due sorelle: Giacomo e Luigi, Ida e Maria. A tutti loro resterà sempre legato da un affetto profondo: fu lui a provvedere al sostentamento dei fratelli dopo la morte dei genitori. Giovanni, che riuscì a proseguire gli studi fino alla laurea grazie a una borsa di studio, fino al 1895 visse con le sorelle. Poi, quando Ida si sposò, visse in affettuosa intimità con Maria, detta "Mariù", a Castelvecchio di Barga, in Lucchesia. Questo rimarrà uno dei luoghi più importanti e significativi della sua vita.

Nel filmato le vicende personali e familiari di Giovanni Pascoli, e il loro impatto sulla sua produzione artistica del poeta, sono rievocate e ricostruite nel racconto di Guido Davico Bonino, uno straordinario documento in cui il critico letterario e professore universitario ripercorre le tappe della vita di Pascoli attraverso la sua esperienza umana e i riflessi sulla sua poetica.

La raccolta Canti di Castelvecchio, pubblicata nel 1903, fa di Pascoli, come sostiene Davico Bonino: "Il primo grande poeta italiano contemporaneo", capace di rinnovare la tradizione linguistica mediante un lessico "agreste o contadino", che prevede l`innesto di suoni animali e naturali, voci dalla forte eco simbolica, perché rievocano innocenza, malinconica, malesseri e paure indecifrabili, sullo sfondo dell`attesa della morte. All'interno dello stesso contributo, l'attore Umberto Ceriani legge e interpreta alcuni brani tratti dagli stessi Canti di Castelvecchio: Nebbia, Il brivido, Il gelsomino notturno, L'ora di Barga, La mia sera, La servetta di monte, La tessitrice e Commiato

Nebbia

Nascondi le cose lontane,
tu nebbia impalpabile e scialba,
tu fumo che ancora rampolli,
su l'alba,
da' lampi notturni e da' crolli,
d'aeree frane!

Nascondi le cose lontane,
nascondimi quello ch'è morto!
Ch'io veda soltanto la siepe
dell'orto,
la mura ch'ha piene le crepe
di valerïane.

Nascondi le cose lontane:
le cose son ebbre di pianto!
Ch'io veda i due peschi, i due meli,
soltanto,
che danno i soavi lor mieli
pel nero mio pane.

Nascondi le cose lontane
Che vogliono ch'ami e che vada!
Ch'io veda là solo quel bianco
di strada,
che un giorno ho da fare tra stanco
don don di campane...

Nascondi le cose lontane,
nascondile, involale al volo
del cuore! Ch'io veda il cipresso
là, solo,
qui, quest'orto, cui presso
sonnecchia il mio cane.


Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 1855 – Bologna, 1912), è stato uno dei più grandi poeti italiani di tutti i tempi e, insieme a Gabriele D'Annunzio, uno dei due principali esponenti del decadentismo italiano. Orfano di padre già a 13 anni, Pascoli si laurea a Bologna, dopo essere stato processato e condannato al carcere per adesione al socialismo; insegnante prima al liceo di Matera, Massa e Livorno, poi all'università di Messina, Pisa e Bologna, dove nel 1904 succede al maestro Carducci. La prima raccolta del poeta romagnolo si intitola Myricae (1891), i piccoli arbusti, titolo umile scelto di proposito per indicare l'attenzione dell'autore rivolta alle piccole cose. Nel 1904 pubblica i Poemi Conviviali e l'edizione definitiva dei Primi poemetti. Nel 1906 escono Odi ed inni, nel 1909 Nuovi poemetti e Le canzoni di re Enzio. Pascoli ha avuto il grande merito di rinnovare la tradizione linguistica italiana mediante un lessico popolare, contadino, che prevedeva l'innesto di suoni animali e naturali, voci dalla forte eco simbolica, perché rievocavano innocenza, malinconica, malesseri e paure indecifrabili, sullo sfondo dell'attesa della morte. Il poeta, infatti, per Pascoli, è un “fanciullino” che registra e decifra sensazioni, presenze, fenomeni impercettibili, ossia tutti i simboli che richiamano a una condizione generale e cosmica.