Manuel Vàzquez Montalban e il ruolo del detective

Manuel Vàzquez Montalban e il ruolo del detective

Intervista di Maria Agostinelli

Manuel Vàzquez Montalban e il ruolo del detective
In questa intervista lo scrittore spagnolo Manuel Vázquez Montalbán parla del suo personaggio più famoso, Carvalho, e delle motivazioni sociali che lo hanno spinto verso il genere “giallo”.

Che scriva romanzi gialli o poesie, storie di più dichiarata vocazione sociale o manuali gastronomici, racconti del terrore o guide turistico-intellettuali, pamphlet o articoli di giornale, Manuel Vázquez Montalbán – catalano nato a Barcellona nel 1939, di famiglia operaia e comunista, incarcerato sotto Franco – racconta un’unica grande storia: quella di una generazione che osserva la nuova Spagna con occhi ironici e disincantati, sospesa tra pessimismo e inguaribile gioia di vivere. Autore prolifico ed estremamente versatile, Montalbán deve la sua fama all’invenzione di Pepe Carvalho, il detective che fa da protagonista ai suoi romanzi gialli. Sorta di Marlowe mediterraneo, ex militante comunista, ex agente della Cia, gastronomo raffinato, intellettuale deluso che ha il vezzo di incenerire i libri nel caminetto – anche d’estate – Carvalho diviene il prototipo dell’antieroe, rivelandoci attraverso la sua malinconica ironia e il suo malcelato affetto, che ci troviamo irrimediabilmente condannati a vivere nel regno dell’ambiguo e della relatività. Originariamente impegnato nell’attività giornalistica come redattore capo e opinionista di politica internazionale di due importanti riviste spagnole – Siglo 20 e Triunfo – dal 1984 Montalbán collabora con El País. La sua vocazione all’attualità politica e sociale non viene mai meno, riproponendosi come la costante della sua produzione, anche quella apparentemente più svagata. [Dalla scheda dell'editore Feltrinelli]

Com’è nato il personaggio di Pepe Carvalho?
Nel 1971 ho scritto un romanzo sperimentale dal titolo Ho ammazzato J.F. Kennedy, pubblicato in Italia molti anni dopo. Si trattava di una sorta di antiromanzo, con tutta la carica sperimentale dell’epoca e con tutte le considerazioni relative alla “morte del romanzo”. In questo scritto ha fatto la sua prima comparsa Pepe Carvalho, un personaggio con un passato da comunista e da membro della resistenza spagnola che in seguito è divenuto agente della CIA e come tale la guardia del corpo di Kennedy nonché, teoricamente, il suo assassino. Anni dopo, almeno in una parte della mia opera, ho voluto sperimentare un tipo di scrittura più realistico e più critico ma, considerando che i modelli relativi a questa tendenza avevano in qualche maniera già assolto il loro compito e non disponevano di ulteriori possibilità espressive, rivolsi la mia attenzione al romanzo poliziesco, che in Spagna chiamiamo “nero” – novela negra -accomunandoci con questa espressione più alla tendenza americana che a quella “enigmistica” di stampo inglese o francese.

Nella struttura del romanzo poliziesco intravidi la possibilità di esprimere le contraddizioni sociali e questa è stata la tendenza iniziale anche di quegli scrittori che hanno inventato il genere nero americano. Grazie all’influenza del nero ho dato il via alla serie di Carvalho.

Per me non è esattamente un romanzo poliziesco quanto piuttosto una serie di romanzi di cronaca sociale e politica che trattano dell’evoluzione di una generazione, quella degli anni ’60, protagonista e testimone della rivoluzione “light”, dell’avvento della pillola anticoncezionale, della libertà sessuale, dell’esperienza hippy, della rivelazione della libertà e che, verso la fine del secolo, ha sperimentato la terribile negazione di queste conquiste a causa dell’AIDS, del peggioramento del mercato del lavoro, della crisi economica. L’evoluzione di questo processo, non solo relativamente alla Spagna, ha costituito il tema fondamentale della serie di Carvalho.

Nel suo romanzo Il premio, ambientato nel contesto di un premio letterario, si parla spesso del genere giallo, o nero, e del suo futuro. Quali crede che saranno gli sviluppi della detective story?
Le vorrei rispondere citandole uno scrittore italiano: Sciascia. Alcuni romanzi di Sciascia rappresentano uno strano prodotto, perché sono una sorta di sintesi tra la poetica del romanzo poliziesco e gli scritti di stampo illuminista. È riuscito a creare un equilibrio molto curioso: la sua strategia narrativa rimane quella del romanzo poliziesco ma viene arricchita da una grande capacità di osservazione sociale. Questa tendenza può già costituire un’evoluzione. D’altra parte, la trasformazione di una certa corrente poliziesca verso il romanzo di spionaggio – ad esempio con Le Carré – ha reso il romanzo giallo una fonte di conoscenza storica. Credo che le possibilità di sviluppo del genere siano moltissime e parecchio diversificate.

Il romanzo giallo implica un’individuazione delle prove e una ricerca conseguente, un’indagine. Chi è il detective nella nostra società?
È molto difficile capire il ruolo del detective privato da solo nella nostra società, perché oggi l’organizzazione dell’indagine si basa sull’equipe, sul modello di lavoro tipico della società industriale, con tutti i casi di spionaggio industriale o di spionaggio della vita privata delle singole persone. La figura del detective solitario è una licenza letteraria che solo il romanzo può ancora sostenere, credo però che la metafora estesa del detective privato, del voyeur, si risolva anche e propriamente in una metafora della letteratura.

La cosa che più conta quando si scrive un romanzo è il punto di vista, lo sguardo.

In questo caso di chi è lo sguardo? Come si connota? Lo sguardo del voyeur è quanto di più neutro si possa trovare in quanto si tratta di un outsider, di un personaggio che non ha un ruolo sociale concreto. Il problema vero, quando si crea il personaggio del detective, è proprio quello dell’attribuzione del ruolo: dovrà avere un ruolo istituzionale o un ruolo privato? Se gli si affibbia un ruolo istituzionale egli, in un certo senso, contribuirà alla giustizia, se invece si tratterà di un privato allora contribuirà solo al suo lavoro, al suo cliente, e quindi risulterà più innocente dal punto di vista del collaborazionismo verso il potere istituzionale. È per questo motivo che la mia scelta è caduta su un privato.