Canto 15 - Carbo

Purgatorio

Piedimonte Matese - I Carbonai e il catuozzo
Il catuozzo è l’antico metodo dei boscaioli per ottenere il carbone organico. Oggi il mestiere di carbonaio è quasi del tutto estinto. Nella provincia di Caserta ancora qualche famiglia della zona del Matese è dedita a questa pratica.

Sinossi a cura di Aldo Onorati
Questo è un canto di passaggio. I due pellegrini, infatti, salgono dalla seconda alla terza cornice. E’ un canto didascalico, di impianto morale, esplicativo del precedente, con illuminazioni improvvise sul paesaggio. In Italia era mezzanotte, ma in Purgatorio le tre pomeridiane. Andavano verso occidente, quando Dante viene abbagliato da una luce che lo costringe a mettere la mano a grondaia sugli occhi come per pararsi da un raggio riflesso (troviamo al verso 18 un francesismo: ‘parecchio’, da pareil, cioè pari): è l’angelo della misericordia che indica loro il cammino per salire. Ma Dante è desideroso di capire il significato di alcune parole di Guido del Duca: “Divieto e consorte”. Virgilio spiega che Guido, avendo toccato con mano le conseguenze dell’invidia (sia in Terra che nel Purgatorio), voleva ammonire Dante sulla negatività del desiderio dei beni terreni. Se si è in molti a desiderare le cose umane, esse diminuiscono nella spartizione, mentre i beni celesti, al contrario, aumentano. Il Fiorentino, però, non è soddisfatto della risposta. Chiede: “come è possibile che un bene, spartito fra molti, renda ognuno più ricco come se fosse diviso fra pochissimi?”. Ed ecco la lezione del Maestro: “Tu ragioni con l’intelletto e la logica umani. Dio si dà maggiormente a chi maggiormente Lo ama. In Cielo, ogni anima ‘amante’ fa da specchio per le altre, e moltiplica di riflesso l’amore del Creatore. Se ancora non sei soddisfatto della mia spiegazione, affidati a Beatrice, che ti dissolverà ogni nube di dubbio. Intanto, fa in modo che si possano cancellare dalla tua fronte le altre cinque piaghe (le “P” impresse dall’Angelo portinaio o guardiano) che si rimarginano e suturano solo grazie al pentimento”.
Dante voleva ringraziare Virgilio, ma non lo fece, preso dall’emozione di essere salito alla terza cornice. Ebbe una visione, infatti: un tempio pieno di persone, e una donna (Maria Vergine), “con atto / dolce di madre dicer: - Figliuol mio, / perché hai tu così verso noi fatto? / Ecco, dolenti, lo tuo padre ed io / ti cercavamo”: è tratto dal vangelo di Luca (11, 40-48), in cui Gesù, dodicenne, per tre giorni si allontana dai genitori per parlare coi dottori del tempio. Poi, una seconda visione: la moglie di Pisistrato incita il marito a mandare a morte un giovane ateniese colpevole di aver baciato in pubblico la loro bellissima figlia. Al che il saggio Pisistrato rispose: “Che dovremmo fare noi a chi ci vuol male, se condanniamo chi ci ama?”. Ancora: il pellegrino vide una turba di gente gridare : “Uccidilo! Uccidilo!”. Il giovinetto, accasciandosi al suolo, rivolgeva gli occhi al cielo, chiedendo perdono a Dio per i suoi assassini (forse è il protomartire santo Stefano, ma fra i commentatori – specie gli antichi - non si è d’accordo, a causa dell’età che, secondo non pochi, doveva essere di uomo adulto).
Le visioni cessarono e Virgilio si rivolse al discepolo chiedendogli il motivo del suo turbamento che lo aveva portato a percorrere mezza lega con un’andatura di ubriaco insonnolito. Dante cerca di spiegare le cose, ma il Maestro gli dichiara che se pure avesse ‘cento larve sovra la faccia’, non gli sfuggirebbero i suoi pensieri. Dio gli ha concesso quelle visioni per stimolarlo alla mansuetudine.
Le due terzine di chiusa (l’ultima caudata) sono d’una plasticità assoluta. Il sole si oscura a causa d’un fumo (fummo è – come etterno – dizione medievale) che pervade tutta la cornice, togliendoci la capacità di vedere e rendendo difficile il respirare (ma alcuni intendono ‘aere puro’ nel senso di ‘trasparenza dell’aria’).