Canto 7 – Scripta

Purgatorio

Parcines - Museo delle macchine da scrivere "Peter Mitterhofer"
Il museo, con oltre duemila oggetti in collezione, racconta la storia della macchina da scrivere. Il percorso parte dall’invenzione di Peter Mitterhofer nel 1864 e arriva fino al 1980 con il debutto mondiale dell’informatica dove protagonista divenne il pc che sostituì definitamente la macchina da scrivere.

Sinossi a cura di Aldo Onorati
È il tardo pomeriggio di domenica 10 aprile. Siamo nel balzo II, gruppo IV, dell’Antipurgatorio: la valletta dei principi. I purganti sono anime che, distratte dalle occupazioni e ambizioni terrene, trascurarono le cure dello spirito. Anch’essi sono costretti a rimanere fuori del Purgatorio tanti anni quanti ne vissero. Hanno la tentazione del serpente (“la mala striscia”).

Dopo la lunga sferzata, il racconto riprende: Sordello vuole conoscere l’identità dei due pellegrini. Rimane stupito nel conoscere Virgilio e lo abbraccia alle ginocchia (“e abbracciòl là ‘ve ‘l minor s’appiglia”: accolgo la spiegazione dei primi commentatori). Poi, dopo aver lodato il Poeta latino, gli chiede notizie sul luogo in cui dimora nell’oltretomba. Nella risposta si legge: “Luogo è laggiù non tristo di martiri/… ove i lamenti/ non suonan come guai, ma son sospiri”. Così, Virgilio fornisce notizie sul Limbo (dove stanno i pargoli innocenti morti prima del Battesimo) e le chiede pure a Sordello, il quale risponde in maniera non esaustiva: “Non abbiamo un luogo determinato, però posso muovermi verso l’alto e dintorno”. Però sarà presto notte e non si potrà procedere. Bisogna scegliere un luogo comodo e aspettare il nuovo giorno. Si dirigono così tutti e tre verso una valletta profumata di fiori. Sul prato viridescente le anime sedute intonano il “Salve Regina”. E Sordello indica i principi “negligenti”: un elenco lungo, anche un po’ noioso (con buona pace dei dantisti puntigliosi), e comunque polemico dichiaratamente, perché alcuni di quei potenti avrebbero potuto avere cura dell’Italia e non lo hanno fatto.

Segue però una riflessione importante: “Pietro III d’Aragona, che canta insieme a Carlo I d’Angiò, fu un cavaliere virtuoso, ma alcuni suoi eredi (Giacomo e Federico) hanno ereditato i reami ma non le qualità del padre. Solo Alfonso III avrebbe governato bene, se non fosse morto troppo giovane (a venticinque anni). Ciò dimostra che di rado la “probitate” si trasmette per discendenza di sangue. Dio soltanto la dona, purché la si invochi”. La lista dei “principi” continua fino a Guglielmo VII, marchese di Monferrato, il quale strinse alleanza con Carlo d’Angiò nel 1264, favorendone la venuta in Italia, per divenirne suo nemico giurato quando Carlo, dopo la sconfitta di Manfredi, aveva in programma di estendere il suo dominio fino alla Lombardia.