Tibor Fisher, Come governare il mondo

Il declino dell'arte del documentario

Baxter Stone è un regista di documentari free lance. Lo incontriamo a Bangkok insieme al suo cameraman vegano che si mette sempre nei guai per la sua rissosità. Al ritorno da questo ennesimo viaggio disastroso, per Bax si apre il problema di trovare un altro incarico. Johxn, il dirigente televisivo per cui lavora parla di fondi straordinari disponibili per un progetto particolare, ma come farselo venire in mente? I punti fermi della vita di Bax sono la sua imperturbabile moglie (non ha fatto una piega neppure quando lo ha sorpreso in un pub con una spogliarellista) e il suo antico mentore, Herbie, di cui cerca disperatamente la cassaforte sparita dopo la sua morte.  Ci sarebbe un documentario sulle statue di Londra, ma ogni volta che Bax si mette all’opera arriva un altro a soffiargli il progetto; ci sono due trasferte, una a Gerusalemme e una in Turchia, ma falliscono entrambe. Nel racconto del declino della nobile arte del documentario contenuta in Come governare il mondo di Tibor Fisher, pubblicato da Marcos y Marcos nella traduzione di Marco Rossari. si respira una ventata di freschezza rispetto al politically correct che ha invaso le nostre vite insieme al mito della modernità e del progresso.
 

Londra è una città che si nutre di rabbia. La trovi a ogni angolo. I turisti con le valigie. Le valigie con le rotelle. Una volta portavamo in spalla delle borse. Adesso tutti hanno questi aggeggi a rotelle che ballonzolano e stridono, quindi occupano due o tre volte lo spazio: procedono a zig zag, s’incastrano, ti urtano e in generale hanno il doppio delle possibilità di alimentare la rabbia. È il progresso.


Tibor Fisher è nato a Stockport nel 1959. Ha esordito con Sotto il culo della rana (Under the frog, 1992), che narra le avventure tragicomiche di un gruppo di amici nell’Ungheria degli anni Cinquanta. Come il primo, anche i successivi romanzi (La gang del pensiero, The thought gang, 1994; Viaggio al termine di una stanza, Voyage to the end of the room, 2003) descrivono il rapporto tra bene e male nella società contemporanea attraverso una vena di umorismo nero.