MITO - Myung-Whun Chung e Alexander Romanovsky

"Russie": le molte anime di un grande Paese

È evidente che un grande Paese come la Russia abbia molte anime, ma noi abbiamo deciso di concentrarci su due: quella malinconica, rappresentata dalla 'Sesta Sinfonia' di Čajkovskij, la ‘Patetica’, e quella vitalistica, esplosiva, che, invece, è inscenata con il Terzo Concerto per pianoforte di Rachmaninov
Nicola Campogrande, Direttore artistico di MITO

Russie ha visto protagonista Myung-Whun Chung sul podio della Filarmonica della Scala mercoledì 11 settembre al Teatro degli Arcimboldi di Milano e venerdì 13 settembre al Teatro Regio di Torino. Un gradito ritorno per il maestro coreano, bacchetta fra le più apprezzate e richieste al mondo, che celebra quest’anno trent’anni di collaborazione con la compagine scaligera, da lui diretta per la prima volta nel 1989. 

Il programma del concerto, intitolato Russie, si è aperto con il Concerto n. 3 in re minore op. 30 per pianoforte e orchestra composto da Sergej Rachmaninov nel 1909 per la prima tournée del pianista-compositore in America, che lo avrebbe consacrato fra i più acclamati virtuosi della tastiera. Considerata quasi ineseguibile per l’alto virtuosismo a cui è chiamato il solista, la pagina rimanda in modo scoperto alla lezione romantica di Mendelssohn e manifesta la naturale propensione dell’autore all’improvvisazione melodico-armonica, noncurante della “regola” accademica. Ad eseguirlo è chiamato il pianista ucraino, ma italiano d’adozione, Alexander Romanovsky, divenuto una stella internazionale da quando, a soli diciassette anni, nel 2001, vinse il Premio Busoni proprio con questo brano. Interprete apprezzato del repertorio russo, così come di quello romantico e postromantico, è ospite regolare di prestigiose formazioni quali la Chicago Symphony Orchestra, la Royal Philharmonic, la NHK Symphony Orchestra e collabora con direttori come Vladimir Spivakov, Valery Gergiev e Antonio Pappano. Dal 2014 ricopre la carica di direttore artistico del Vladimir Krainev Moscow International Piano Competition.

Chiude il concerto la Sinfonia n. 6 in si minore op. 74 detta Patetica, composta da Pëtr Il’ič Čajkovskij nell’agosto 1893 e da lui diretta a San Pietroburgo nell’ottobre dello stesso anno, nove giorni prima di morire in circostanze mai del tutto chiarite. Con i suoi teatrali contrasti d’umore, esasperati e tragici eppure dominati dall’equilibrio delle proporzioni, la Patetica si pone ai vertici della seconda fioritura della sinfonia ottocentesca e quale testamento spirituale dell’autore, suffragato dalla presenza di un programma intimo, che nelle intenzioni di Čajkovskij s’incarica di esprimere il conflitto esistenziale fra sé e il fato.