Stravinsky: l'incarnazione del far musica

Il percorso artistico di un grande Maestro

In questa intervista, realizzata da Rai cultura per il 50° anniversario della morte di Igor Stravinsky (6 aprile 2021), Guido Salvetti, musicologo e pianista, ci guida alla scoperta della vita e, soprattutto, delle opere del grande compositore. Dagli anni della prima formazione in Russia, allievo di Rimskij-Korsakov, alle partiture per i Ballets Russes di Sergej Djagilev, dal “neoclassicismo” all’adesione, per quanto non “ortodossa”, alla dodecafonia schönberghiana.

La vicenda artistica di Stravinsky si può dire cominci in occasione d’un incontro con Djagilev il quale apprezzò le qualità del giovane compositore […]. La personalità di Stravinsky emergeva per l’irruenza e la varietà dei ritmi e per l’uso magistrale delle masse orchestrali: qualità che meravigliarono in un giovane ai primi passi e che gli fruttarono l’interesse del mondo musicale parigino, di Debussy e Ravel fra i primi
Guido Salvetti


Igor Stravinsky nasce il 18 giugno del 1882 a Oranienbaum, nei pressi di Pietroburgo. Il padre, Fëdor Ignat’evič, nonostante sia un celebre basso del Teatro Imperiale di San Pietroburgo, consente ma non incoraggia la formazione musicale del figlio, che inizia a studiare pianoforte a nove anni, per procedere, poi, come autodidatta. Terminato il liceo, il giovane è costretto ad iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza: il padre non ritiene le sue prime composizioni abbastanza convincenti da permettergli studi musicali più avanzati. È proprio all’Università che Igor stringe amicizia con Vladimir Rimskij-Korsakov, figlio del celebre compositore, di cui diventerà allievo e che considererà sempre come un secondo padre.

L’insegnamento – e la supervisione - di Nikolaj Rimskij-Korsakov portano il giovane Igor a comporre, tra il 1904 e il 1908, diverse opere, tra le quali la Sonata in fa diesis minore (la sua prima partitura ad essere eseguita pubblicamente) e la Sinfonia in mi bemolle maggiore op. 1 (1907). Intanto, nel 1906, Stravinsky aveva sposato la cugina Ekaterina. Dal matrimonio nasceranno quattro figli.

Il 1909 segna l’avvio di una nuova fase della vita e delle opere di Stravinsky. Inizia allora, infatti, il proficuo sodalizio con Sergej Djagilev (1872-1929), impresario, creatore e direttore dei Ballets Russes, che commissiona al giovane compositore le musiche per il balletto fiabesco L’oiseau de feu (1910). Seguiranno, tra gli altri, Petruška (1911) e Le Sacre du printemps (1913): tutte opere con le quali Stravinsky muta radicalmente l’arte del balletto. Con il Sacre, in modo particolare, in cui il ritmo rappresenta l’«assioma» della partitura, che apporta alla musica una corporeità che valorizza e potenzia i movimenti dei danzatori. È nota la reazione del pubblico che, la sera del 29 maggio 1913, al Théâtre des Champs-Elysées, letteralmente insorge contro qualcosa di così rivoluzionario da non poter essere recepito.

Nel ‘Sacre’, più che il principio della variazione, sembra dominare il principio della ripetizione ossessiva degli elementi, senza ritorni e reminiscenze. La punta culminante di tale esasperazione è l’ultimo brano, ‘La danza sacrificale dell’Eletta’ […]. Il ‘Sacre’ è stato considerato un momento decisivo della storia della musica. Se certamente molti elementi di cui è costituito non nascono con esso, è altrettanto sicuro che con il ‘Sacre' fu a tutti evidente che il concetto di bello dell’epoca classico-romantica non ha più ragion d’essere: non c’è più spazio né per l’ordine, né per il piacevole, né per il sentimento
Guido Salvetti

Nel 1920, Stravinsky si stabilisce a Parigi dove frequenta i rappresentanti del vivacissimo mondo culturale europeo, lì riunito. Di quell’anno è il ritorno alla collaborazione con Djagilev, che gli chiede di lavorare ad una nuova orchestrazione di una partitura di Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736) per il balletto Pulcinella, per il quale Picasso è chiamato a realizzare le scene. Inizia così il periodo cosiddetto “neoclassico” di Stravinsky, durante il quale comporrà, tra gli altri, Mavra (1922), Ottetto (1923), Oedipus Rex (1927), Apollon musagète (1928), Capriccio per pianoforte e orchestra (1929), Perséphone, melologo in tre scene (1934), Jeu de cartes (1936), Dumbarton Oaks concerto in mi bemolle maggiore (1938).

Nel 1939, allo scoppio del Secondo Conflitto Mondiale, Stravinsky, dopo la morte della figlia Ljudmila e della moglie, si trasferisce negli U.S.A., dove, l’anno successivo, sposa Vera de Bosset, pittrice e ballerina, con la quale aveva una relazione fin dal 1920. È qui che, a partire dal 1952, avviene una nuova svolta nella produzione artistica del compositore ormai settantenne. Con il Settimino Stravinsky si avvicina gradualmente al metodo seriale, iniziato da Arnold Schönberg, Alban Berg e Anton Webern intorno al 1920. L’esperienza prosegue, tra gli altri, con Three Songs from William Shakespeare per mezzosoprano e strumenti (1953), In memoriam Dylan Thomas, «dirge canons and song» per tenore e strumenti (1954), Canticum sacrum ad honorem Sancti Marci nominis per tenore, baritono, coro e orchestra (1955), eseguito per la prima volta nella basilica di San Marco a Venezia, città particolarmente amata da Stravinsky, il 13 settembre 1956. Ancora a Venezia, nella Scuola Grande di San Rocco, il 23 settembre 1958, viene eseguito Threni: id est Lamentationes Jeremiae prophetae per soli, coro e orchestra, il suo primo lavoro interamente fondato su un’unica serie di dodici suoni, pur differenziandosi, per una minore ortodossia, dalla dodecafonia schönberghiana.

Negli ultimi anni di vita, il grande compositore si dedicherà allo studio e alla riscoperta del polifonismo rinascimentale e fiammingo con una particolare predilezione per Gesualdo da Venosa, Claudio Monteverdi, Andrea e Giovanni Gabrieli.

Igor Stravinsky muore il 6 aprile 1971, a New York. Nel suo testamento chiede di essere seppellito nel cimitero veneziano di San Michele, dove già riposava Sergej Djagilev.

Impegno espressivo e oggettività sonora, recupero del passato e acceso modernismo: sono queste le contraddizioni su cui si è dovuto confrontare – con crescenti difficoltà – il giudizio su Stravinsky […], dalla condanna di Adorno alla rivalutazione delle avanguardie di Darmstadt, culminata nel saggio di Boulez ‘Stravinsky rimane’. L’enormità della sua produzione e l’incredibile ricchezza delle sue esperienze furono comunque – per ammiratori e detrattori – l’incarnazione stessa del ‘far musica’ nel Novecento storico, con la piena assunzione di tutte le difficoltà nel rapporto con il pubblico, con la disponibilità continua a confrontarsi con i più diversi motivi culturali di altri àmbiti, con l’interesse verso i nuovi mezzi di comunicazione
Guido Salvetti


Guido Salvetti, musicologo e pianista, è autore di alcuni libri di successo sulla Storia della Musica, tra cui La nascita del Novecento (EDT) e Le Sonate per pianoforte e violoncello di Brahms (LIM). È autore di saggi che spaziano dal Settecento strumentale italiano al Novecento storico.

Come pianista, ha svolto e svolge costante attività sia come pianista-conferenziere, sia come collaboratore nel repertorio liederistico.
Presso il Conservatorio di Musica di Milano è stato docente di "Storia e Analisi musicale", ha fondato il Corso Superiore di Musicologia nel 1984 e ne è stato Direttore dal 1996 al 2004. Oggi vi è docente nel Master di "Repertorio italiano di musica vocale da camera".

Per la SIdM dirige la collana "Repertori musicali" (L.I.M.) e, con Andrea Estero, la collana "Novecento Musicale Italiano" (Guerini editore). Dal 2006 al 2012 è stato presidente della Società Italiana di Musicologia. Oggi è presidente della Società Editrice di Musicologia, che pubblica edizioni critiche di musiche italiane inedite. È docente di “Storia e Analisi” nel Master di musica contemporanea presso il